
Stato-Mediaset, copia e incolla
Oggi il Consiglio di Stato, dopo nove anni di battaglie legali in Italia e in Europa, decide di quanto lo Stato debba risarcire Europa7 per la mancata assegnazione delle frequenze e se consentirle finalmente di trasmettere su scala nazionale. Nella causa il governo è rappresentato dall’Avvocatura dello Stato. La quale sorprendentemente è stata incaricata dal ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni di respingere le richieste dell’editore Francesco Di Stefano e di difendere lo status quo: cioè la legge Gasparri e il diritto di Rete4 a occupare le frequenze anche senza concessione (perduta da Mediaset e vinta da Europa7 nel 1999). Un fatto già abbastanza singolare: l’Unione aveva promesso di abrogare la Gasparri e il 31 gennaio la Corte Europea di Giustizia ha sostenuto i diritti di Europa7 contro quelli di Rete4. Ma non basta. Per difendere Rete4, l’Avvocatura dello Stato che rappresenta il governo Prodi copia, nella sua memoria, intere pagine da quella degli avvocati Mediaset. Non per citare le loro tesi tra virgolette. Ma per farle proprie, senza nemmeno precisare da dove sono tratte. Il gruppo Berlusconi ufficialmente non è parte in causa: Europa7, per la mancata assegnazione delle frequenze, ha citato lo Stato tramite il ministero delle Comunicazioni e l’Autorità garante delle Comunicazioni. Ma Mediaset è intervenuta ugualmente con una memoria, ben sapendo che, se fossero assegnate le frequenze a Europa7, a perderle sarebbe Rete4. E l’avvocato dello Stato Maurizio Di Carlo che fa? Il copia-incolla dalla memoria Mediaset, senza nemmeno tentar di camuffare quest’autentica privatizzazione delle istituzioni al servizio del Biscione.
Il tutto, ancor prima che Berlusconi torni al governo per la terza volta.
Leggere e confrontare la memoria dell’Avvocatura dello Stato (55 pagine) e quella di Mediaset (78), pubblicate integralmente su www.voglioscendere.it, è un tragicomico gioco di società: “Trova le differenze”. La più evidente è che lo Stato difende Rete4 addirittura con più passione di Mediaset. Per il resto, pagine e pagine trapiantate pari pari dagli atti dell’azienda berlusconiana. Qualche esempio. Pagina 9 dell’Avvocatura: dieci righe (da 7 a 17) copiate da pagina 49 della memoria Mediaset (righe 1-15). Le pagine 5 (da riga 20) e 6 (fino a riga 18) dell’Avvocatura sono identiche alle pagine 60 (da riga 3), 61 (tutta) e 62 (fino a riga 11) di Mediaset. Le pag. 17 (da riga 7) e 18 (fino a riga 13) dell’Avvocatura sono uguali alle pag. 60 (da riga 3), 61 (tutta) e 62 (fino a riga 22) di Mediaset. La pag. 35 (righe 4-23) dell’Avvocatura è plagiata dalle pag. 39 (da riga 9) e 40 (fino a riga 5) di Mediaset. A pag. 35 (righe 27-31) dell’Avvocatura, stesse parole di pag. 47 (righe 17-22) di Mediaset. E così via. Una volta manca un “quindi”. Un’altra c’è “In proposito” al posto di “In primo luogo”. Tutto il resto, compresa la punteggiatura sbagliata (molte virgole tra il soggetto e il verbo), è identico. Idem per le conclusioni, con esiti talvolta comici. Per l’Avvocato dello Stato, se Europa7 non ha avuto le frequenze, è colpa sua: avrebbe dovuto ”acquisirle anche di sua iniziativa” (e dove? e come? armi in pugno?), visto che lo Stato “non aveva l’attuale disponibilità dell’oggetto” (per forza: ha consentito che lo conservassero Telepiù nero e Rete4, prive ormai di concessione). E comunque – aggiunge Di Carlo - disapplicare la Maccanico e la Gasparri spegnendo Rete4 sul terrestre non comporterebbe il trasferimento automatico delle frequenze a Europa7 (e a chi,di grazia?).
Insomma, lo Stato ignora la recente sentenza della Corte europea di Lussemburgo, sollecitata dallo stesso Consiglio di Stato, secondo la quale le normative comunitarie “ostano a una normativa nazionale la cui applicazione conduca a che un operatore titolare di una concessione si trovi nell’impossibilità di trasmettere in mancanza di frequenze assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”. Dunque basta con il “regime transitorio istituito a favore delle reti esistenti” a scapito di Europa7, previsto dalla Meccanico, dalla Salva-Rete4, dalla Gasparri e dal ddl Gentiloni (mai divenuto legge). Tutte leggi che andrebbero disapplicate. Non solo: “la libera prestazione di servizi” tutelata dalle norme comunitarie - scrive la Corte europea - “esige non solo la concessione di autorizzazioni alla trasmissione, ma altresì l’assegnazione di frequenze”, se no “un operatore non può esercitare i diritti conferitigli dal diritto comunitario per l’accesso al mercato televisivo”.Sentenza alla mano, gli avvocati Grandinetti e Pace che seguono Europa7 chiedono al Consiglio di Stato le frequenze e i danni subiti. Il “danno emergente”, cioè i soldi fin qui spesi per gl’investimenti richiesti dalla legge a chiunque vinca una concessione (oltre 120 milioni di euro). E il “lucro cessante”, cioè i mancati utili della tv mai nata (oltre 2 miliardi di euro). Semprechè il Consiglio condanni lo Stato ad assegnarle finalmente le frequenze. Altrimenti Europa7 morirebbe per sempre e Di Stefano avrebbe diritto al valore dell’intera azienda. Il governo dell’Unione, tramite l’Avvocatura, parla in playback: testi e musiche di Mediaset. Niente risarcimento. Niente frequenze. Viva la Gasparri. Rete4 sine die.
Tutto come prima, come sempre.
Berlusconi non avrebbe saputo fare di meglio.La memoria dell'Avvocatura dello Stato - scarica il fileLa memoria di Mediaset - prima parte - seconda parte(si consiglia di salvare i file sul proprio pc per facilitarne l'apertura)
Segnalazioni
1 commento:
A proposito di libera informazione...
Esattamente 30 anni fa, il 9 maggio 1978, Cinisi, piccolo paese di 5000 anime in provincia di Palermo, ebbe un brutto risveglio. Come tutta Italia si potrebbe pensare, visto che quella mattina fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro in via Caetani. No. Ancora peggio. A Cinisi non fu ritrovato un corpo ma resti umani sparpagliati per agavi e lentischi. Erano i resti di Peppino Impastato, giovane giornalista locale impegnato a denunciare gli intrecci tra politica e mafia che avvenivano nel suo comune. Le prime notizie ufficiali che arrivarono parlavano di un attentato fallito. Un estremista di sinistra che sciaguratamente, mentre preparava un ordigno ai bordi della linea ferroviaria tra Palermo e Trapani, saltò in aria. Poi le indagini parlarono di suicidio. Il caso era oscurato dal delitto Moro, pochi diedero il giusto peso. Ma gli amici di Peppino, la madre e gli abitanti di Cinisi sapevano che non si trattava di un incidente, né di un suicidio, bensì di un omicidio. Un omicidio di mafia. Peppino fu prima tramortito a colpi di pietra e poi fatto saltare in aria con esplosivo da cava. L’inchiesta fu successivamente riaperta. Grazie alle confessioni dei collaboratori di giustizia si è arrivati solo nel 2001 e 2002 alla condanna dei mandati dell’omicidio. Vito Palazzolo e il superboss Gaetano Badalamenti. Don Tano abitava a cento passi dalla casa di Peppino. Gli esecutori materiali sono ancora ignoti. Anche oggi in pochi tra i grandi mass media si sono occupati di Peppino Impastato: solo il tg3 gli ha dedicato un servizio nelle edizioni meridiane dei telegiornali nazionali e forse stasera, o domani, dovrebbe dedicargli l’approfondimento di Primo Piano. Giusto che si ricordi oggi, accanto alla figura di Moro, quella di un uomo che faceva il suo mestiere onestamente e che per amore della verità e sete di giustizia ha perso la vita. Il link del Centro Studi Peppino Impastato. http://www.centroimpastato.it/
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