venerdì 23 maggio 2008

"Impossibile l'atomo in cinque anniil nemico è il mercato, non i verdi""


Silvestrini, ex consulente di Bersani, spiega perché non crede al piano Scajola

"Costi e problemi troppo grandi, il nucleare è destinato a diminuire di peso"
"Impossibile l'atomo in cinque anniil nemico è il mercato, non i verdi"
Il caso Usa: "Il bando indetto da Bush senza incentivi è andato deserto"

Resta aperta poi la questione scorie: "Nessun paese l'ha ancora risolto in via definitiva"

di VALERIO GUALERZI

ROMA - Da ambientalista è estremamente realista e pragmatico sul fatto che la lotta al riscaldamento globale non può essere fatta in punta di fioretto, ma altrettanta coerenza Gianni Silvestrini la pretende dai sostenitori del ritorno all'atomo. "Se la situazione climatica dovesse precipitare nei prossimi decenni l'umanità finirebbe con l'utilizzare tutte le armi disponibili incluso il nucleare, superando ogni preoccupazione", ammette l'ingegnere, ex consulente del ministro Bersani, che da anni coordina attraverso il Kyoto Club gli industriali che hanno sposato la validità e la filosofia del Protocollo internazionale per la riduzione dei gas serra. Ingegner Silvestrini, malgrado la premessa, lei però sembra scettico sull'utilità del piano annunciato dal ministro Scajola. "I cinque anni a cui fa riferimento Scajola mi sembrano improponibili, le procedure in realtà sono lunghissime: si tratta di individuare il sito, ottenere i permessi necessari, stringere accordi internazionali, far approvare i progetti, senza parlare dell'indispensabile consenso sociale. Ma oltre al metodo c'è un problema di merito. Penso che in realtà si tratti di una risposta controproducente. Malgrado l'enfasi data dai media al possibile rinascimento nucleare, la percentuale di elettricità nucleare è destinata a ridursi, secondo la Iea, dal 15 al 9% entro il 2030 a causa della chiusura delle vecchie centrali". Il ministro parla però di impianti di nuova generazione. "Se effettivamente i reattori di quarta generazione daranno i risultati sperati in termine di riduzione dei costi e dei rischi, il nucleare potrebbe dare un contributo più significativo, ma solo nei decenni successivi". Scajola, tra gli applausi di Confindustria, ne ha parlato invece come di una soluzione attuale. "Resto dell'avviso che in Italia, anche in presenza di un improbabile consenso politico e sociale, la produzione non potrebbe iniziare prima del 2020, come del resto ammette la stessa Edison fissando la data al 2019. In effetti, il principale nemico dell'energia atomica non sono gli ambientalisti ma la liberalizzazione dei mercati elettrici. In una realtà concorrenziale, l'incertezza sui costi, sui tempi di costruzione e sulle dinamiche della domanda penalizzano fortemente questa tecnologia. Secondo un recente studio Usa condiviso dall'industria atomica (il Nuclear Power Joint Fact-Finding) l'elettricità di una nuova centrale nucleare è destinata a costare il doppio (8-11 centesimi di dollaro per kWh) rispetto alla media. Non a caso la gara per la costruzione di nuove centrali indetta da un nuclearista convinto come Bush è andata deserta fino a quando l'amministrazione non ha introdotto un incentivo di 1,8 centesimi di dollaro al chilowattora, la stessa cifra prevista per l'eolico. Sostenere che il ritorno al nucleare riduce la bolletta è falso, questo lo ammettono anche sostenitori "seri" dell'atomo come Clò. In Europa l'impianto in costruzione in Finlandia è in ritardo di due anni e presenta extracosti per 1,5 miliardi di euro, tanto che la Siemens, fornitrice della tecnologia, nel 2008 ha perso in Borsa un terzo del suo valore. In sostanza, c'è un conflitto insanabile tra l'imperante mercato liberalizzato dell'energia e la rinascita del nucleare". Eppure continuiamo a guardare con una certa invidia alla Francia. "La situazione è diversa in presenza di un forte ruolo dello Stato, ma Scajola non ha precisato se pensa ad aiuti del Tesoro. Ci sono infatti Paesi in cui il nucleare può essere considerato un successo come la Francia appunto, anche se un bilancio completo potrà essere effettuato solo tra qualche decina - o meglio migliaia - di anni. E altri, invece, in cui il ricordo è negativo, come gli Usa dove aziende fallite e decine di miliardi di dollari buttati al vento ne fanno il più grande disastro industriale del Paese, senza parlare della Russia, dove l'incidente di Chernobyl ha causato significativi danni sanitari ed economici". Scajola ha garantito che si terrà conto della questione sicurezza. "Ma nessuno dei problemi connessi con il nucleare - sicurezza, scorie, proliferazione - è stato ancora risolto. A 55 anni dall'inizio dell'avventura nucleare i problemi aperti sono ancora molti. I lavori per il deposito di Yucca Mountain negli Usa continuano a slittare nel tempo e nessun paese ha attivato un cimitero definitivo per le scorie. Lo smantellamento delle centrali esistenti è un'altra incognita. Le previsioni di costo della chiusura del ciclo nucleare nel Regno Unito sono in continua crescita e l'ultima stima è di 100 miliardi di euro". Ma se il risultato è la possibilità di avere energia ad emissioni zero a tempo indeterminato si tratta di rischi e costi che si potrebbe decidere di voler correre. "In realtà un tema generalmente sottovalutato riguarda proprio la disponibilità di materiale fissile. In effetti negli anni scorsi si era in presenza di una sovrabbondanza di uranio anche per l'utilizzo del materiale proveniente dal programma di disarmo nucleare. Questa situazione è destinata a cambiare e le difficoltà ad aprire nuove miniere stanno già facendo lievitare il prezzo, sestuplicato negli ultimi 5 anni.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Primi miracoli

"Da quando siamo al governo noi, non ci sono più sbarchi di clandestini" (Roberto Castelli, Lega Nord, sottosegretario alle Infrastrutture, Annozero, 15 maggio 2008)

"Le autorità tunisine hanno oggi confermato il naufragio avvenuto sabato al largo delle coste della Tunisia nel quale sono morti 50 immigrati clandestini che tentavano di raggiungere l'Italia. L'incidente è stato anticipato ieri dal settimanale Assabah-Ousbouli, secondo il quale dei 66 immigrati partiti dal porto di Zouara, nel nord della Libia, 50 sono morti dopo che per cinque giorni l'imbarcazione è rimasta alla deriva al largo dell'isola di Lampedusa per mancanza di carburante. Secondo il racconto fatto dai sopravvissuti, 47 sono morti 'di fame e di freddo' e gettati in mare dai compagni, altri tre ritrovati cadaveri nella barca affondata nelle acque di Bakalta nei pressi della città di Monastir. La maggior parte delle vittime erano originarie della Costa d'Avorio, della Nigeria e del Camerun. Le fonti ufficiali affermano che sedici sopravvissuti sono stati tratti in salvo dalle squadre di soccorso tunisine. Il comunicato non cita il porto dal quale l'imbarcazione è partita limitandosi a dire che si tratta di una zona 'fuori dal territorio tunisino'. Dopo il naufragio di sabato i cadaveri di due donne sono stati ritrovati a riva tra Bakalta e Monastir" (Ansa, 13 maggio 2008)

"Un barcone con alcune centinaia di clandestini - circa 400 secondo una prima stima, tra cui donne e bambini - è appena approdato nel porto di Lampedusa. L'imbarcazione, un vecchio peschereccio lungo una ventina di metri, durante la manovra di attracco ha rischiato di finire contro la scogliera e ha urtato una motovedetta della Guardia di finanza. Alcuni immigrati si sono anche lanciati sulla banchina nel tentativo di scendere per primi a terra. In questo momento sono ancora in corso le operazioni di soccorso da parte degli uomini della Guardia di finanza e della Guardia costiera" (Ansa, 17 maggio 2008)

Anonimo ha detto...

Quando ho letto la notizia è partito un urlo che ha spazzato via la quiete post-pranzo.
Claudio Scajola: "Entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro paese di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione".
Ciò che molte persone non volevano sentire, l'hanno sentito oggi, con le parole del nostro ministro dello Sviluppo Economico.
Nell'epoca delle fonti di energia rinnovabili, si pensa e si parla ancora di un ritorno al nucleare.
Centinaia e centinaia di studi, bocciano senza attenuanti il nucleare.
Dipendiamo per l'80% del nostro fabbisogno energetico dall'estero, soprattutto per petrolio e gas naturale.
Per recuperare appena il 30% del nostro fabbisogno dovremmo costruire almeno 20 centrali nucleari e attendere almeno 10 anni affinché la prima centrale vada a regime.
La maggior parte dell'uranio si trova in Canada, Russia, Nigeria, Namibia, Stati Uniti ed Australia: l'Italia dovrebbe comunque importarlo. Le riserve di uranio dureranno ancora per 60-70 anni.
Il nucleare è un'idea altamente costosa. Per costruire una centrale nucleare da mille megawatt il costo si aggira sul miliardo e 200 milioni di euro, al quale vanno aggiunti i costi di smaltimento delle scorie e di smantellamento della centrale.
Inoltre alcuni isotopi dell'uranio restano radioattivi per centinaia di migliaia di anni, non esiste uno smaltimento totale.
Non sono da sottovalutare i rischi di incidenti in un Paese sismico come il nostro.
Secondo uno studio di Greenpeace, per il fabbisogno energetico di un Paese basterebbero il solare e l'eolico. Ogni giorno la Terra riceve dal Sole una quantità di energia 30 volte superiore a quella consumata da tutta la popolazione mondiale in un intero anno.
Per Greenpeace, il nucleare rappresenta praticamente un vicolo cieco, e anche Legambiente boccia l'idea nucleare.
Decine di docenti e ricercatori credono che l'opzione nucleare non sia opportuna per molti motivi.
Ripongo le mie speranze nelle 8 persone su 10 che nel 1987 risposero no al nucleare.

Claudio Perrone ha detto...

non penso che il solare e l'eolico possano essere sufficienti a soddisfare il fabbisogno energetico di un paese.
...Almeno che a qualcuno non venga in mente di tappezzare l'intera pianura padana e tutto il tavoliere delle puglie con pannelli solari...allora si.

Comunque il ministro ombra del governo ombra Realacci continua a sparare a zero sul nucleare, continua a dire che questa decisione farà perdere voti al centrodestra, come se ogni decisione debba essere presa in funzione solo del consenso popolare e non del bene del paese, ma non capisco quale vera alternativa propone.

Claudio

Anonimo ha detto...

«Da Viadana a Manduria: ecco i siti
dove potrebbero costruire le centrali»
L'esperto: «Serve un deposito per raccogliere l’eredità del vecchio nucleare e per le scorie future»

ROMA — «Se dovessi dare un parere sulla capacità dell'Italia di tornare al nucleare, sarebbe negativo. Solo per un motivo: l'assenza di un deposito nazionale per le scorie». È severo il giudizio dell’ingegner Raffaello De Felice, ultimo responsabile del settore «Impianti nucleari» dell'Enel alla fine degli anni '80, e consulente per le iniziative dell'Enel nella costruzione di impianti nucleari all'estero.

Le nuove centrali ora preannunciate dove potrebbero sorgere?
«Prima del referendum era stato fatto un gran lavoro per selezionare i siti del vecchio programma nucleare. Si erano indicate località come Leri Cavour e Alessandria (provincia) in Piemonte, Viadana e San Benedetto Po in Lombardia, Manduria e Nardò in Puglia. Si potrebbe cominciare col riverificarne i requisiti geologici, che allora apparivano idonei e che tali dovrebbero essere. Potrebbe essere cambiata la popolazione: una centrale nucleare ha bisogno di un’ampia zona di rispetto disabitata».

Perché punta l’accento sulla necessità del deposito?
«Il deposito è indispensabile sia per raccogliere l’eredità del vecchio nucleare, oggi sparsa in diversi siti, sia per mettere in sicurezza le scorie future. Non è possibile — e parlo a titolo personale — avviare un nuovo programma senza risolvere questo problema».

Come e dove dovrebbe essere realizzato il deposito?
«Non in profondità, come si voleva fare a Scanzano, dove ci fu la rivolta popolare, ma in superficie, dove costa molto meno. E non al Sud, ma al Centro-Nord, per facilitare il trasporto delle scorie».

Francesco Vasto ha detto...

Ieri ho sentito che, in modo analogo a quanto sta succedendo per il petrolio, l'uranio ha raggiunto il suo picco, e quindi nei prossimi anni sarà molto difficile riuscire a procurarselo.
Pare infatti che le disponibilità si siano decisamente contratte al punto che in molte centrali esistenti, l'uranio utilizzato provenga dalle testate atomiche dismesse dai paesi dell'ex Unione Sovietica.
Detto questo, si vogliono fare le centrali? O.K., ma le scorie poi dove le piazziamo? Sono sicuro che non appena si porrà il problema, nello stesso istante in cui verrà individuato un sito, vi saranno sollevazioni di massa dell'intera comunità interessata.