Cambiare per salvarsi.Il Pd laertino, in attesa delle determinazioni nazionali e regionali per la nuova forma-partito, s’è costituito in comitato provvisorio, composto dai candidati locali delle liste delle primarie e da alcuni volontari. Ad esso hanno aderito quattro consiglieri comunali dei sette dell’Unione: Franco Catapano, Giuseppe Stano, Giovanni Serafini, Francesco Perrone; degli altri tre Lorenzo Caldaralo ha aderito alla Cosa rossa, Arcangelo Cirielli è in osservazione e Sebastiano Stano è socialista. Fra i notabili della sinistra hanno aderito al Pd l’ex sindaco Vito Cassano, l’ex candidato sindaco Nino Di Lena e Vito Massaro, un polemista ostico per tutti, della nidiata comunista del ’78; mentre hanno preferito la sinistra radicale, il segretario provinciale della Cgil braccianti, Mario Fraccascia e l’ex segretario diessino Pierino Clemente: un piccolo terremoto, nel piccolo mondo antico della sinistra laertina, perché amicizie di una vita hanno fatto scelte diverse; e in politica, come si vede a Roma, è il conflitto che prevale sull’amicizia e sulla colleganza. Il comitato, però, ha una caratteristica tutta sua: non la parità fra uomini e donne, cosa, questa, ormai acquisita in casa Pd; ma l’essere composto di soli under 30. E gli anziani? Nelle retrovie, o nell’intendenza, per dirla in gergo militare. I giovani del Pd sono: Davide Bellini, Massimo Castria, Maria Magistro, Wanda Pucci, Giuseppe Russi, Francesco Santantonio e Francesco Vasto.Una scelta, questa del rinnovamento ab imis, destinata a lasciare il segno o di nuova vitalità o di ennesima delusione, perché a Laterza toccherà a questi giovani soddisfare oppure no il bisogno di opposizione, ciò che sostanza la democrazia e l’evoluzione positiva di qualsiasi comunità.L’anno scorso, infatti, la giunta uscente di Giuseppe Cristella ottenne una strepitosa vittoria, sia per la sua scintillante organizzazione, sia perché l’Unione si “unì” alla men peggio negli ultimi giorni, dopo una spossante e stucchevole polemica sul candidato sindaco, sia, e soprattutto, perché nel quinquennio trascorso l’Ulivo non aveva lasciato alcuna traccia d’opposizione. Gli amministratori in carica se la cantavano e se la suonavano, senza alcun controcanto. L’Unione in carica, invece, come opposizione, ha pestato alla maggioranza i calli dell’aumento delle tasse, e la maggioranza ha subito risposto con alquanta ira; ma poi le contestazioni sono state relegate o in fiacchi e rumorosi consigli comunali, o in internet, visitato dai soliti quattro navigatori, quindi di scarsa diffusione sociale e di flebile voce di pubblica opinione.I Consigli comunali voluti da Bassanini se paiono aver stabilizzato le maggioranze e aver dato forza ai sindaci, ma da qualche tempo e in molte zone non è più così, hanno altresì spento il dibattito, che, quando è banale, è fatto di chiasso, ma in sé, il dibattito, può anche essere di ricerca e quindi utile alla comunità, secondo il metodo che “quattro occhi vedono meglio di due”.Nei consigli pre-Bassanini, l’opposizione più efficace era quella che si formava dentro la maggioranza, rallentando la “governance” fino ad asfissiarla. E qualcosa andava fatta per asportare quella disfunzione diventata ormai connaturale, una vera e propria metastasi di qualsivoglia maggioranza. Ma si è avuto l’effetto pendolo: da Consigli di eccessiva dialettica in ogni schieramento, si è passati a Consigli spenti dovunque, perché caduti nella contrapposizione pregiudiziale. L’opposizione, infatti, sapendo che non riuscirà a far passare alcun suo emendamento, recita solo una stracca parte; la maggioranza, da parte sua, se ha oratori da “massimi sistemi” abbozza una qualche risposta, ma con evidente fastidio degli altri per il tempo da perdere ad ascoltare nonsensi, preferendo alzare le manine in sincrono per subito correre tutti a casa, anzi in pizzeria, come si suole, per rinsaldare la coesione e addolcire gli yes acritici, il carabinieresco “obbedir tacendo”.Estromessa dai Consigli comunali, la democrazia, fatta di ricerca, dibattiti e polemiche, ha dunque bisogno di nuovi luoghi. O meglio ha bisogno di rendere nuovo il suo luogo primigenio: la piazza, su cui parlare, fra manifesti, schermi, gigantografie, vignette, e tutto ciò che i giovani saprebbero inventare.Vero è che la piazza laertina non si presta allo spontaneismo dei ragazzi, perché pur potendo essere una delle migliori piazze in assoluto, consegnata all’inquinamento acustico e ambientale delle macchine, perfino di domenica è invivibile e deserta. Ma oggi che la vivibilità urbana è diventata una priorità per tutti i paesi, ad eccezione di Laterza, l’incapacità degli amministratori di dare decenza ai loro luoghi migliori per i giovani che si appassionino alla politica potrebbe essere la causa scatenante per un’opposizione legata alla realtà.Oggi, in effetti, nella politica laertina, come in quella italiana, è d’opposizione propositiva d’emendamenti o d’alternative che c’è bisogno: di chi, cioè, non ancora contaminato dalle lusinghe e dai deliqui del potere, criticando, non possa far recitare a nessuno il proverbio del “bue che dice cornuto all’asino”, e proponendo non possa far dire: “ma voi, durante il vostro consolato, perché avete lasciato marcire questo problema?”.Il cambio delle generazioni a ciò serve: a portare nella dialettica politica chi non ha passati da nascondere e ha solo futuri da approntare, il miglior modo per salvare il presente ed anche una classe politica suggestionabile da miraggi e troppo proclive a diventar ceto sociale, o casta.Questi giovani sapranno ringiovanire almeno la politica del loro paese, darle verve, introdurla nella modernità, bandendo la sclerosi del clientelismo e della vetrina? Sapranno essere segno dei tempi nuovi?
di Michele Cristella “Corriere del Giorno” - 4 Novembre ‘07
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