![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjk2EUolau6-hY6v9hurkerRNGyKAA_kRZ8Hr4N75YRMkWmONdvdFrJL-ojU2zIPKSuMLO1UL9T966lVJwohTCmMUrG1W2UdIarIRiJf2WQwExvf5fE-8HyYx2oe77MRu1tkTJZaLd1px8/s200/biagi-big.jpg)
LO STRANO DESTINO RIVELA SOLO DOPO LA SUA MORTE CHE VI ERA UN CHIARO DISEGNO PER AFFOSSARE LA RAI.
Di seguito riportiamo un bel articolo apparso oggi su Europa.
L’unica certezza, per ora, è che le riforme della Rai e del sistema tv si possono fare con tutti, ma non con Berlusconi. Il primo effetto concreto dello scandalo che ha travolto l’azienda pubblica è di avere eliminato dal menù del dialogo la portata che al fondatore di Forza Italia sta più a cuore. Nessuno scambio, nessuna trattativa. Se le condizioni per un’accelerazione della legge di riforma della Rai ci sono, al tavolo sembrano essere invitati tutti tranne Forza Italia che, per la verità, sembra interessata solo a frenare. In commissione lavori pubblici al senato, il partitoazienda ha presentato 1300 dei circa 1500 emendamenti complessivi al disegno di legge Gentiloni di riforma della governance di viale Mazzini.
Il partito del Cavaliere sembra avere tutto l’interesse a mantenere lo status quo in un’azienda già provata dal caso Petroni e che anche ieri il direttore generale Cappon ha definito giunta «a un punto di non ritorno». O si cambia o si muore. O diventa un’azienda normale oppure è destinata a fare la fine di Alitalia. Il leader del Partito democratico Walter Veltroni è tornato a proporre una ricetta forte (i pieni poteri a un amministratore delegato), ancora più radicale dell’ipotesi messa a punto dal ministro Gentiloni. «L’importante è garantire l’efficienza gestionale e l’autonomia dell’azienda dalla politica e dai partiti» fanno sapere dal ministero di largo Brazzà. La speranza del ministro è di compattare la maggioranza sulla sua proposta «ma non c’è una pregiudiziale a un contributo dell’opposizione».
Dopo lo strappo del Cavaliere si guarda alle mosse di Udc e Alleanza nazionale. Nessuno si illude. Anche perché la riforma della Rai potrebbe finire per incrociare quella del sistema tv che, superato il passaggio in commissione alla camera, dovrebbe essere calendarizzata per metà gennaio. L’ipotesi che An possa sfruttarla per “ricattare” l’ex alleato è remota ma non infondata. Ieri mentre Berlusconi parlava di «sciacalli in azione» sulle intercettazioni Rai, Gianfranco Fini riconosceva che la riforma delle tv è urgente così come quella del conflitto d’interessi, pur confermando una sostanziale bocciatura del disegno di legge del governo. Sulla Rai «siamo aperti al confronto, ma fin qui non è stato possibile in quanto manca una proposta della sinistra, perché il ministro Gentiloni ha una posizione e Veltroni ne ha un’altra» faceva sapere Maurizio Gasparri, padre della legge in vigore. Che però aggiungeva: «Naturalmente tutte le leggi possono essere cambiate, quindi anche quella che porta il mio nome. A titolo personale, ritengo che vada attuata quella parte della normativa che prevede la privatizzazione della Rai». Anche l’Udc ha sempre detto di essere disposta a votare solo una legge che preveda la privatizzazione di un canale Rai, ipotesi però inaccettabile per la sinistra radicale. L’unica certezza, per ora, è che se il Cavaliere resta l’interlocutore principale del Partito democratico sul terreno della riforma elettorale, sulle tv il dialogo sembra essere impossibile. Lo «scambio» è stato escluso espressamente ieri proprio da Gentiloni. L’auspicio di un’apertura di dialogo sulle «regole del gioco» avanzata da Gianni Letta nel suo articolo di qualche giorno fa, non ha raccolto sponde nel centrosinistra. E dopo lo scandalo Rai-Mediaset una Grosse Koalition sulle tv è pura fantasia.
Il partito del Cavaliere sembra avere tutto l’interesse a mantenere lo status quo in un’azienda già provata dal caso Petroni e che anche ieri il direttore generale Cappon ha definito giunta «a un punto di non ritorno». O si cambia o si muore. O diventa un’azienda normale oppure è destinata a fare la fine di Alitalia. Il leader del Partito democratico Walter Veltroni è tornato a proporre una ricetta forte (i pieni poteri a un amministratore delegato), ancora più radicale dell’ipotesi messa a punto dal ministro Gentiloni. «L’importante è garantire l’efficienza gestionale e l’autonomia dell’azienda dalla politica e dai partiti» fanno sapere dal ministero di largo Brazzà. La speranza del ministro è di compattare la maggioranza sulla sua proposta «ma non c’è una pregiudiziale a un contributo dell’opposizione».
Dopo lo strappo del Cavaliere si guarda alle mosse di Udc e Alleanza nazionale. Nessuno si illude. Anche perché la riforma della Rai potrebbe finire per incrociare quella del sistema tv che, superato il passaggio in commissione alla camera, dovrebbe essere calendarizzata per metà gennaio. L’ipotesi che An possa sfruttarla per “ricattare” l’ex alleato è remota ma non infondata. Ieri mentre Berlusconi parlava di «sciacalli in azione» sulle intercettazioni Rai, Gianfranco Fini riconosceva che la riforma delle tv è urgente così come quella del conflitto d’interessi, pur confermando una sostanziale bocciatura del disegno di legge del governo. Sulla Rai «siamo aperti al confronto, ma fin qui non è stato possibile in quanto manca una proposta della sinistra, perché il ministro Gentiloni ha una posizione e Veltroni ne ha un’altra» faceva sapere Maurizio Gasparri, padre della legge in vigore. Che però aggiungeva: «Naturalmente tutte le leggi possono essere cambiate, quindi anche quella che porta il mio nome. A titolo personale, ritengo che vada attuata quella parte della normativa che prevede la privatizzazione della Rai». Anche l’Udc ha sempre detto di essere disposta a votare solo una legge che preveda la privatizzazione di un canale Rai, ipotesi però inaccettabile per la sinistra radicale. L’unica certezza, per ora, è che se il Cavaliere resta l’interlocutore principale del Partito democratico sul terreno della riforma elettorale, sulle tv il dialogo sembra essere impossibile. Lo «scambio» è stato escluso espressamente ieri proprio da Gentiloni. L’auspicio di un’apertura di dialogo sulle «regole del gioco» avanzata da Gianni Letta nel suo articolo di qualche giorno fa, non ha raccolto sponde nel centrosinistra. E dopo lo scandalo Rai-Mediaset una Grosse Koalition sulle tv è pura fantasia.
GIOVANNI COCCONI
Europa, 23-11-2007
Nessun commento:
Posta un commento