domenica 7 ottobre 2007

IL PD E L'ANTIPOLITICA

Non sono pochi quelli che sperano che la nascita del partito democratico possa colmare il divario tra la politica e vastissimi settori dell'opinione pubblica.

Guardiamo ai processi reali e non alla loro rappresentazione mediatica. Diverse migliaia di donne e uomini hanno deciso di candidarsi alle primarie di un partito che ancora non c'è. Si tengono dibattiti certamente meno appassionanti di quelli discussi nelle arene mediatiche, ma forse più utili per risolvere i problemi del Paese.

Domenica prossima andrà a votare un numero imprecisato di cittadini. Difficile dire quanti saranno. Ma probabilmente di più degli iscritti attuali ai Ds e alla Margherita. Non sono tutte rose e fiori nel processo di costruzione dal basso del nuovo partito. Si poteva fare molto di più e la decisione di costruire il partito è arrivata tardi. Ma è giusto riconoscere che nel mondo di questa politica, e non di quella sognata, la costituzione di un partito dal basso, attraverso un processo democratico di selezione della sua classe dirigente, è una novità di tutto rispetto.

Di solito i partiti sono nati per effetto di eventi epocali (guerre e rivoluzioni) o dei grandi conflitti che hanno lacerato gli stati europei nel loro affacciarsi alla modernità. Nel tempo in cui viviamo tali "opportunità" non ci sono state date e i partiti italiani che erano nati da quelle crisi sono da tempo morti e sepolti. Ma per queste ragioni il partito democratico riuscirà a riempire il fossato che sembra opporre tanti italiani alla politica? Non lo credo. Non lo credo perchè il risentimento nutrito da tantissimi italiani verso la politica si nutre di molti elementi sui quali le modalità con le quali si costituisce il partito democratico non esercitano nessuno effetto. Per di più gli effetti di tali elementi continuerebbero anche se vi fosse un ricambio di classe politica, come quello che avvenne nel 1992-94.

Intanto la sfiducia verso la politica non nasce con Grillo, ma è presente da tempo nel cuore della stragrande maggioranza degli italiani. Eppure questi sentimenti non hanno impedito ad oltre l'80% di elettori di recarsi alle urne l'anno scorso. Né impediranno a molti di andare a votare in grande numero alle prossime elezioni regionali e amministrative.

L'Italia, nonostante la palpabile sfiducia di moltissimi suoi cittadini, continua ad essere un paese ad altissima partecipazione elettorale. Come era in passato un paese nei quali i partiti potevano vantare un numero elevato di iscritti. Molti di costoro, a quanto risulta da diversi studi, erano altrettanto sfiduciati della politica dei giovani che accorrono alle performance del comico genovese. Il risentimento verso la politica nel nostro paese è dunque un tratto che è parte costitutiva del nostro modo di concepire la politica e anche del nostro sentirsi italiani. Ben difficile che qualcosa possa modificarlo. Inoltre la disaffezione politica è un fenomeno diffuso in molte democrazie, nuove e vecchie. Il livello di disaffezione degli italiani non è affatto il più basso. Ci sono paesi che stanno peggio. Anche in paesi di lunga e nobile tradizione democratica, dove suona incomprensibile definire i politici una classe (figurarsi una casta), ci sono livelli di sfiducia verso la politica simili a quelli italiani.

Va detta poi una cosa dura da accettare per ogni democratico. La politica democratica, con i suoi conflitti continui su temi complicati ed ignoti ai più, con l'andamento irregolare ed imprevedibile del suo processo decisionale, è in sé stessa una attività collettiva difficile da capire. Una realtà verso cui è arduo provare fiducia. Giudichiamo una persona affidabile quando il suo comportamento è prevedibile e regolare. In molte circostanze un politico non può avere un comportamento simile.

In democrazia il suo avversario non mancherà di denunciare davanti al pubblico questo aspetto del suo comportamento.

Il grande vantaggio delle non democrazie sulle democrazie è che tutto sembra scorrere in modo più fluido e prevedibile. Sembra solo, ovviamente. Ma per molti cittadini la democrazia, con i suoi conflitti alla luce del sole, è una fonte di stress. Lo è per tutti quelli che non si sentono né curiosi di politica né coinvolti in politica. Questo vale per gli italiani, come per gli altri popoli.

Dopo di che i costi della politica sono un fattore importante di sfiducia. Ma, come abbiamo visto, non è l'unico. Di più. Si tratta di una malapianta difficile da sradicare. Aiuterebbe di certo la riduzione degli stipendi dei politici, come anche una riduzione del loro numero. Ma il costo maggiore della politica non sta qui. Sta nel fatto che in Italia sono nella sfera di controllo della politica molte istituzioni pubbliche che potrebbero funzionare sulla base di principi non politici. Se i politici sono una casta, l'ambiente migliore per loro è quello con poca diversità organizzativa.
di Paolo Segatti

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