martedì 17 febbraio 2009

“Ecatombe di posti nel Mezzogiorno. Pagheranno pure i docenti di ruolo”

È un’ecatombe senza precedenti quella che sta per abbattersi sugli organici della scuola statale. Il prossimo anno scolastico inizierà, infatti, con 42.100 cattedre in meno. Per l’anno successivo è previsto un altro sacrificio di 25.600 posti di insegnamento e, infine, un ulteriore salasso di 19.700 cattedre sarà effettuato per il 2011. In tutto: un taglio di 87.400 cattedre. A farne le spese saranno soprattutto i precari. Specialmente al Sud, dove peraltro rischiano il posto anche i docenti di ruolo, sui quali pende l’incognita della dichiarazione di esubero e della successiva messa in disponibilità per 24 mesi, con tanto di licenziamento allo scadere del periodo.
La situazione è talmente drammatica dall’avere spinto il ministero dell’istruzione, alle prese in questi giorni con il decreto sugli organici per il prossimo anno (in attuazione della manovra estiva), a considerare la possibilità di consentire ai precari di inserirsi nelle graduatorie di più province contemporaneamente. L’ipotesi allo studio prevede, infatti, la permanenza nella graduatoria a esaurimento di attuale collocazione e la possibilità di chiedere l’inserimento in altre 2 o addirittura 3 province. Nelle nuove province, però, l’inserimento avverrebbe in coda. La situazione, oltre che drammatica è anche paradossale. A fronte di una carenza cronica di cattedre al Sud, che vede assottigliarsi sempre di più il numero delle cattedre e il numero degli alunni, al Nord, invece, per trovare i supplenti non di rado le scuole devono ricorrere alle messe a disposizione.
In sostanza, dunque, le scuole del Nord, per assumere i docenti, dopo avere scorso senza esito le graduatorie di istituto, assumono i supplenti interpellando i precari che si rendono disponibili con delle semplici dichiarazioni presentate in segreteria. E nella maggior parte dei casi si tratta di docenti inclusi nelle graduatorie del Sud che sono rimasti senza lavoro e che si vedono costretti ad emigrare. Si tenga presente, peraltro, che le retribuzioni che vengono erogate a coloro che accettano le supplenze dai presidi sono ancora più basse di quelle dei supplenti che vengono assunti con incarichi conferiti dagli uffici scolastici o dalle scuole polo. Mentre ai primi viene attributi lo stipendio intero, sebbene al minimo contrattuale, ai precari assunti dai presidi viene applicata una decurtazione che corrisponde all’importo dell’ex compenso accessorio. E se si assentano per malattia hanno diritto alla metà della retribuzione solo per un mese. Dopo di che, nulla. Tra l’altro sulla questione della mancata attribuzione degli scatti di anzianità ai precari c’è anche una sentenza della Corte di giustizia europea che dovrebbe essere applicata anche in Italia. Ma finora non è successo nulla (si veda ItaliaOggi del 6 novembre 2007). Insomma, assumere precari fa risparmiare alle casse dello stato un bel po’ di soldi. L’amministrazione però sarebbe intenzionata a chiedere l’autorizzazione ad immettere in ruolo almeno 20mila precari: 15mila docenti e 5mila Ata. Insomma una boccata di ossigeno che riaccende la speranza per i 130mila precari che lavorano attualmente nelle scuole di tutto il paese con contratti a termine. Le immissioni, se ci saranno, verranno concentrate al Nord. Anche perché nel Mezzogiorno a rischiare il posto non ci sono solo i precari, ma anche i docenti di ruolo. Per questi ultimi si fa avanti lo spettro della riconversione coatta oppure della mobilità intercompartimentale. Ipotesi questa che non dispiacererebbe ai più. Ma il problema è che i posti nelle altre amministrazioni sono pochissimi. Anzi sono talmente pochi che l’amministrazione scolastica non è riuscita a ricollocare nemmeno i docenti inidonei, che sono appena 5mila, per i quali è stato costituito un ruolo a esaurimento. E dunque, se non sarà possibile ricollocare i docenti in esubero in altri insegnamenti o altre amministrazioni bisognerà applicare gli articoli 33 e 34 del decreto legislativo 165/2001. Una disciplina che risale al 1993, che fu introdotta dall’allora governo Amato. Ciò vuol dire che gli in collocabili saranno messi nelle liste di disponibilità a stipendio ridotto e poi licenziati.
di Antimo Di Geronimo


ItaliaOggi, 17 febbraio 2009


4 commenti:

Anonimo ha detto...

I nuovi poveri. Invisibili, senza voce, non sono più soggetto sociale. Né per la sinistra, che ha dimenticato il riformismo lombardo, quello vero. Né per la destra, quella del capitalismo compassionevole della social card. Proposta: un reality show dove i politici sono costretti a vivere con 400 euro al mese

Roberto D. vive con una pensione di 441 euro al mese. «Con questa», racconta, «devo pagare l'affitto, il gas, la luce, la spazzatura, l'acqua. Ci sarebbe anche il telefono, ma qualcuno potrebbe dire che non è necessario. Però è necessario mangiare: con quello che mi resta, che è ben poco. Non mi posso certo permettere di mangiare la carne, ancora meno il pesce, mi devo accontentare di andare in un discount e fare calcoli su calcoli fino all'ultimo centesimo. Per vestirmi, fortunatamente ci sono mercatini dove riesco ancora a trovare abiti usati a buon prezzo. Ma devo sempre pregare che non accadano imprevisti durante il mese, altrimenti sono fregato e mi tocca stringere la cinghia, e non è un modo di dire».

Ce ne sono tante, a Milano, di storie come quella di Roberto D., invalido. I protagonisti: poveri e poverissimi, ma ormai anche famiglie che si trovano schiacciate dalla difficoltà di avere un'abitazione: troppo povere per pagare un affitto di mercato, troppo "ricche" per poter chiedere una casa popolare. E nel girone delle nuove povertà precipita anche chi si era indebitato per comprarsela, una casa, e ora non riesce più a pagare il mutuo e deve tenere a bada l'ufficiale giudiziario che bussa alla porta per i pignoramenti.

Roberto D. e i tanti che come lui vivono nelle difficoltà sono una schiera. Eppure sono invisibili, dimenticati. Non hanno voce. Anzi, non esistono. Non sono più soggetti sociali. Soffrono in silenzio, non gridano, non si mostrano. Di loro si occupa, tutt'al più, qualche prete di periferia. Ma la politica li ha dimenticati, anzi, non sa neppure che esistono. Il Welfare ormai non basta più. La sinistra, diventata "riformista", ha dimenticato la "lotta di classe", e va bene. Ma ha dimenticato anche la difesa degli ultimi, anche quel riformismo vero che diventava istituzioni, cooperative, istruzione, sostegno, lavoro. Bisogna rileggere "La Meccanica" di Carlo Emilio Gadda (che pure di sinistra non era) per ritrovare la concretezza meneghina del socialismo, quello riformista per davvero, che creava a Milano la Società Umanitaria e la rete della solidarietà per gli ultimi della società. La destra ha scoperto il "capitalismo compassionevole" che fa diventare sempre più ricchi i ricchi e sempre più poveri i poveri, ma infine mette mano al portafoglio per un obolo che renda un po' meno fastidiosa ai ricchi la visione dei poveri. La social card di Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi è la versione elettronica della carità, il bancomat dei miserabili. Una tesserina per offrire qualche sconto (a chi? scelto con quali criteri?) e, intanto, illudersi di aver risolto il problema, dimenticando d'intervenire sul nodo delle disuguaglianze strutturali che rendono sempre più ingiusta e disumana la società. Ma poi, dov'è finita la social card? Promessa e – finora – mai arrivata. Anche l'obolo elettronico è finito tra gli impegni non mantenuti, utili per portare a casa voti e poi dimenticati.

Roberto D. descrive la sua situazione e, non senza ironia, propone una soluzione concreta: «Mi piacerebbe fare un piccolo esperimento. Prendere qualche uomo politico, consegnargli 441 euro e dirgli: ora questi soldi ti devono bastare per tutto il mese, ci devi mangiare, pagare l'affitto, le bollette, vestirti, spostarti... insomma viverci. Potremmo fare un nuovo reality, "Il politico povero (per un mese)"». Qualunquismo? Forse. Ma non si vedono all'orizzonte altri modi per far prendere atto alla politica che la schiera degli invisibili esiste e vive tra di noi.
Dimenticati dalla Politica!

Anonimo ha detto...

ma è vero che il prossimo leader del PD sarà Bertolaso?

Vista la situazione...è l'unica soluzione...

Anonimo ha detto...

Illy e Soru spazzati via da Berlusconi e dal Pd. Ora ricambio generazionale per salvare il progetto politico del Pd.
"Abbiamo il dovere di dirci fino in fondo la verità". Così Francesco Boccia economista e deputato del Pd che nel fine settimana ha rifiutato l'ingresso nella segreteria regionale pugliese del partito, anticipando di fatto anche in Puglia il confronto sullo stato del partito "fatto da un misto di plebiscitarismo e nomenclature che vivono di politica" . In Puglia, Boccia ha chiesto al proprio partito di non coprire politicamente con l'avvallo del presidente Vendola, le inchieste giudiziarie in corso sulla Sanità regionale e lo sfascio dell'Acquedotto Pugliese. E per questo ha rifiutato l'ingresso nell'esecutivo fatto con logiche che "ammazzano il partito".

"Renato Soru era e resta una delle più belle e innovative personalità politiche nate dalle radici dell'Ulivo; così come Riccardo Illy. Entrambi sono nati in territori dinamici e con la vocazione da sinistra di cambiare il Paese superando gli steccati storici che tuttora ci portiamo dietro. Per entrambi lo stato del Pd si è rivelato letale". "Abbiamo" ha continuato Boccia, "bruciato in dieci mesi due grandi personalità politiche che saranno ricordate nelle loro regioni (per Illy sta già accadendo) per la Politica fatta per la gente e non per i gruppettini d'appartenenza. Nei due casi, i candidati presidenti hanno ottenuto migliaia di voti in più della coalizione e del Pd, ma non è bastato, sono stati spazzati via da Berlusconi e inconsapevolmente dallo stesso Pd".

"Non penso ci sia più tempo per un congresso che personalmente ho sempre pensato e dichiarato che sarebbe stato opportuno fare subito dopo la sconfitta alle politiche 2008, ma oggi non ha alcun senso mettere in discussione Veltroni e la segreteria. Oggi l'unica priorità collettiva è salvare il Pd per rispetto dei nostri 12 milioni di elettori. E c'è solo una strada: lavorare per il Partito in un'unica direzione fino a giugno. Tutti, dico tutti coloro che hanno senso di responsabilitá devono candidarsi anche nei livelli locali mettendoci la faccia aiutando i giovani ad appassionarsi ancora alla politica e da giugno in poi congresso e ricambio generazionale vero".

"So bene" conclude Boccia "che nessuno ci dirà benvenuti, ma a questo punto le nuove generazioni (trentenni e quarantenni) devono decidere se assumersi le responsabilità che questo tempo impone oppure essere colpevolmente silenti e passive. Da Firenze, con Renzi arriva un'opportunità per la Città che non va sprecata. A Veltroni, Bersani, D'Alema, Fassino, Parisi, Marini, Bindi, Rutelli e tanti altri chiediamo oggi compattezza, ma anche la saggezza di comprendere che è finita una stagione politica. Quella del dopo tantegntopoli che tiene in vita Berlusconi anche attraverso le nostre incoerenze. Le stesse che hanno prodotto le sconfitte di Illy, Soru e del Pd".

"Da loro, oggi come non mai, dovrebbe arrivare la proposta di un vero ricambio generazionale".

Francesco Boccia

Anonimo ha detto...

a proposito di scuola...ma il pd non doveva raccogliere le firme per indire un referendum contro la riforma della scuola e dell'università?