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Il problema vero è che non c'è stato un altro pensiero in campo oltre a quello della destra, un pensiero lungo, riformista, moderno, occidentale, di una sinistra risolta che con spirito nazionale e costituzionale sappia parlare all'intero Paese, cambiandolo. Di questa insufficienza, la responsabilità è certo di Veltroni, ma la colpa è dell'intero gruppo dirigente che oggi si trova nudo ed esposto dalle dimissioni del segretario, e palesemente non sa che pesci pigliare. Dev'essere ben chiaro, infatti, che se Veltroni paga, com'è giusto, nessuno tra i molti sedicenti leader del Pd può considerarsi assolto, per due ragioni ben evidenti a tutti gli elettori. La prima, è nel gioco continuo di delegittimazione e di interdizione nei confronti di Veltroni, come se il Pd fosse riuscito nel miracolo di importare al suo interno tutti i veleni intestini e i cannibalismi con cui la destra di Dini e Mastella da un lato e la sinistra di Bertinotti e Pecoraro dall'altro avevano prima logorato e poi ucciso il governo Prodi. Con Berlusconi non solo leader ma egemone di una destra ridotta a pensiero unico, i Democratici hanno parlato sempre con mille voci che volevano via via affermare vecchie autorità declinanti e nuove identità incerte, e finivano soltanto per confondersi, imprigionando il leader e impaurendolo. La sintesi paralizzante di tutto questo è la guerra tra Veltroni e D'Alema, che nel disinteresse totale degli elettori litigano da quattro partiti (pci, pds, ds e pd), mentre nel frattempo il mondo ha fatto un giro, è nato Google, ci sono stati cinque presidenti americani e l'Inter è tornata a vincere lo scudetto. La seconda ragione è nell'incapacità del gruppo dirigente nel suo insieme di produrre una chiara cultura politica di riferimento per gli elettori, la struttura di idee di una moderna forza di progresso, la definizione di che cosa deve essere il riformismo italiano oggi. Il deficit culturale è direttamente un deficit politico. Perché come dimostra il caso Englaro le idee oggi predeterminano le scelte politiche, soprattutto in partiti che sono nati appena ieri, e dunque non hanno un portato storico, una cultura di riferimento elaborata negli anni, una struttura di pensiero a cui potersi appoggiare. Ridotto a prassi, il Pd non poteva che appiccicare le sue figurine casuali nell'album di Berlusconi, dove la prassi sostituisce la politica, l'energia prende il posto della cultura, la figura stessa del leader è il messaggio e persino il suo contesto. Ecco perché il deficit culturale diventa oggi deficit di leadership. Il progetto del Pd è rimasto un grande orizzonte annunciato: il superamento del Novecento, la fine della stagione grigia e troppo lunga del post-comunismo, l'approdo costituente e definitivo della cultura popolare irriducibile al berlusconismo, anche dopo la crisi evidente del cattolicesimo democratico, la speranza di crescita di una sinistra di governo, che coniughi finalmente davanti al Paese la rappresentanza e la responsabilità, la difesa della Costituzione e dello Stato di diritto e il cambiamento di un Paese immobile, la rottura delle sue incrostazioni e delle troppe rendite di posizione. Per fare questo serviva un partito forte ma disarmato, nuovo in quanto scalabile, aperto perché contendibile, e tuttavia presente sul territorio, nell'Italia dei comuni, in mezzo ai cittadini. Un partito forte della serenità delle sue scelte. Ci vuol tanto a spiegare che la sinistra è in ritardo nella percezione dell'insicurezza, e tuttavia è una mistificazione sostenere che questa è la prima emergenza del Paese, una mistificazione che mette in gioco la civiltà italiana dei nostri padri e delle nostre madri? È davvero così difficile sostenere che credenti e non credenti hanno a pari titolo la loro casa nel Pd, ma il partito ha tra le sue regole di fondo la separazione tra Stato e Chiesa, tra la legge del Creatore e la legge delle creature? Soprattutto, è un tabù pronunciare la parola sinistra nel Partito democratico, pur sapendo bene che socio fondatore è la Margherita, con la sua storia? Quando ciò che è al governo è "destra realizzata", anzi destra al cubo, con tre partiti tutti post-costituzionali e l'espulsione dell'anima cattolica dell'Udc, come può ciò che si oppone a tutto questo non definirsi sinistra, naturalmente del nuovo secolo, risolta, europea e riformista? Molte volte il Pd non sa cosa dire perché non sa cos'è. È stato certo una speranza, per i milioni delle primarie, per quel 33,4 per cento che l'ha votato alle politiche, segnando nelle sconfitta con Berlusconi il risultato più alto nella storia del riformismo italiano. Oggi quella speranza è in buona parte delusa e prende la via di una secessione silenziosa, cittadini che si disconnettono dal discorso pubblico, attraversano una linea che li porta in qualche modo nella clandestinità politica, convinti di poter conservare individualmente una loro identità di sinistra fuori dal "campo", pensando così di punire un intero gruppo dirigente che giudicano colpevole di aver risuscitato qualche illusione, e poi di averla tradita. Ma come dimostra il risultato di Soru, il migliore tra i possibili candidati in Sardegna, senza l'acqua della politica non si galleggia. Non è il momento della secessione individuale, della solitudine di sinistra. Berlusconi dopo il trionfo personale in Sardegna può permettersi di aggiornare la sua strategia, rinviando la scalata al Quirinale, che farà, ma più tardi. Oggi può provare a prendere ciò che gli manca dell'Italia. Napoli, la Campania. Poi portare la sfida direttamente nel cuore della sinistra del Novecento, a Bologna. Quindi pensare a Torino, magari a Firenze. Chiudere il cerchio. Per poi finalmente pensare ai giornali. Il Pd in questi mesi si è certamente opposto al governo Berlusconi, e anche a suoi singoli provvedimenti. Ma a me ha dato l'impressione di non avere l'esatta percezione della posta in gioco, che non si contende, oggi, con il normale contrasto parlamentare e televisivo di una destra normale. Qui c'è in campo qualcosa di particolare, l'esperimento di un moderno populismo europeo che coltiva in pubblico la sua anomalia sottraendosi alle leggi, sfidando le istituzioni di controllo, proponendosi come sovraordinato rispetto agli altri poteri dello Stato in nome di un rapporto mistico e sacro con gli elettori. Un'anomalia vittoriosa, che ha saputo conquistarsi il consenso di quasi tutti i media, che ha indotto un riflesso di "sazietà democratica" anche a sinistra ("il conflitto di interessi esiste ma basta, non ne posso più") che ha reso la sinistra e il Pd incapace di pronunciare il suo nome mentre non sa pronunciare il nome del suo leader: e che quindi proprio oggi, per tutte queste ragioni, può chiedere apertamente di essere "costituzionalizzata", proponendo di fatto all'intero sistema politico, istituzionale e costituzionale italiano di farsi berlusconiano. Se questa è la partita - e con ogni evidenza lo è - dovrebbero discendere comportamenti politici e scelte all'altezza della sfida. E persino del pericolo, per una sinistra di governo. Dunque il Pd, se vuole continuare ad esistere - cominciare davvero ad esistere: il partito non ha nemmeno ancora un tesseramento - deve capitalizzare le dimissioni di Veltroni, come la spia di un punto d'allarme a cui è giunto il partito, ma anche come un investimento di generosità. Deve restituire infine un nome alle cose, leggendo Berlusconi per ciò che è, un potere anomalo e vincente, che tuttavia può essere battuto, come ha fatto per due volte Prodi. La situazione è eccezionale, non fosse altro per la crisi gravissima della sinistra davanti al trionfo della destra. Si adottino misure d'eccezione. Capisco che è più comodo prendere tempo, studiarsi, far decantare le cose, misurare i pericoli di scissione, cercare una soluzione di transizione. Ma io penso che serva subito una soluzione forte e vera, la scelta di un leader per oggi e per domani o attraverso un congresso anticipato o attraverso le primarie. È in gioco la stessa idea del Partito democratico. Ci si confronti su programmi alternativi, idee diverse di partito, schemi di alleanza chiari, qualcosa di riconoscibile, che si tocca con mano, in modo che il cittadino si veda restituita una capacità reale di scelta. Quei leader che oggi dovrebbero sentirsi tutti spodestati e dimissionari, per l'incapacità dimostrata di costruire una leadership collettiva, facciano un patto pubblico di responsabilità, pronti ad accettare l'autorità del segretario e l'interesse del partito - per una volta - , invece di minacciare scissioni striscianti, veti feudali. Solo così ritroveranno quel popolo disperso che conserva comunque una certa idea dell'Italia alternativa a quella berlusconiana: e chiede per l'ultima volta di essere rappresentato.
di EZIO MAURO - La Repubblica, 18 febbraio 2008
SONDAGGIO: Vota il nuovo leader
7 commenti:
“Il principio di Peter” anche noto come “Teoria delle piramidi di Peter” è utile per capire o, quantomeno, per fornire una spiegazione scientifica del perché chi comanda – sia esso il tuo diretto superiore oppure il capo di un’azienda, sino al vertice di un Governo - sia spesso un incompetente. La cosa è tranquillizzante, infatti scoperta la causa si aprono le strade per debellare l’epidemia. Cosa quanto mai opportuna visto che, tanto sul lavoro che nella società, possiamo constatare quanto le cose vadano malissimo nonostante i migliori presupposti (a volte anche questi, i presupposti, non sono dei migliori. Ma questa è un’altra storia). Il Dr. Peter spiega come evitare di raggiungere il proprio livello di incompetenza e vivere serenamente, evitando la terribile sindrome di raggiungimento della posizione finale. Come dice Raymond Hull in una mirabile introduzione alla teoria di Peter: una volta che si sia conosciuto il principio di Peter non si può tornare in una condizione di beata ignoranza: “Non sarete più in grado di venerare i vostri superiori e opprimere i vostri sottoposti. Mai più!”. L’enunciazione del “teorema” di Peter è la seguente: “In una gerarchia ogni membro tende a raggiungere il proprio livello di incompetenza”. Con due corollari: “1. Col tempo, ogni posizione tende a essere occupata da un membro che e’ incompetente a svolgere quel lavoro. 2. Il lavoro viene svolto da quei membri che non hanno ancora raggiunto il proprio livello di incompetenza”. Con quest’ampia premessa diventa poi semplice seguire e capire quanto succede in Italia sin nel particolare quotidiano. Veniamo per esempio alla vicenda “Genchi-De Magistris”. Negli ultimi tempi siamo stati subissati di notizie, si noti che non uso il termine specifico “informazioni”, essendo queste ultime oggettive mentre le prime (le notizie) soggettive e quindi opinabili; notizie quindi che, nella citata vicenda possiamo riassumere brevemente: “Genchi aveva effettuato milioni d’intercettazioni”; “un cittadino italiano su dieci è stato intercettato da Genchi”; “fra i 5 ed i 7 milioni di Italiani intercettati dal super perito Gioacchino Genchi”. Ebbene, premesso che il Dr. Genchi non ha mai effettuato intercettazioni, mai, e che quindi si tratta solamente di tabulati telefonici (chi chiama chi; quanto tempo parlano, data della conversazione), oggi apprendiamo da fonte COPASIR (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica) che i tabulati acquisiti (legittimamente) dal Dr. Genchi sarebbero 1402 e le utenze telefoniche di cui sarebbero stati individuati gli intestatari 392.000. Anche questa non è un’informazione (per il principio di precauzione), viste le bufale precedenti. Adesso il numero degli italiani coinvolti nell’inchiesta affidata al Dr. Genchi sarebbe di uno ogni centocinquanta, così dice COPASIR. Ma, smontata la prima panzana, eccone subito arrivare un’altra. Il presidente del Copasir (On. Francesco Rutelli) afferma che sarebbe in pericolo nientemeno che lo Stato italiano. in quanto fra i tabulati acquisiti ve ne sarebbero alcuni che riguardano il capo (all’epoca) del Sismi (Servizio segreto militare), altri due agenti (che definire segreti sembra quantomeno anacronistico) e alcune utenze intestate alla Presidenza della Repubblica e ad alcuni ministeri. Rutelli afferma di non voler entrare nel merito, ma, aggiunge che la cosa è gravissima. Prendendo sempre per buone le notizie fornite dal noto esponente politico (di cui non è dato sapere quali competenze specifiche abbia maturato per studi o esperienza diretta) e dai suoi colleghi di commissione (di cui sono note le appartenenze massoniche piuttosto che i curricula scientifici e/o professionali) ci chiediamo come si possa ritenere gravissimo il fatto che un magistrato (ed il perito tecnico nominato da questi) faccia le indagini. Dove sia il “vulnus” se, analizzando i contatti tenuti da una persona indagata, si acquisiscono i tabulati dei numeri telefonici con cui vi sono telefonate. E cosa si voglia rimproverare a chi, dopo aver riscontrato i contatti, acquisisca le generalità degli intestatari di quei telefoni. Sarà pur importante verificare chi e quando intrattiene rapporti telefonici con un indagato? Del resto, come si potrebbero rispettare le guarentigie costituzionali senza conoscere i nomi degli intestatari e quindi verificarne l’appartenenza a categorie “protette”? Mentre, infine, per quanto attiene alla sicurezza dello Stato, sarebbe veramente preoccupante uno Stato in cui chi telefona ad un indagato, solo perché usa un’utenza intestata ad un Ministero oppure alla Presidenza della Repubblica, debba essere tenuto fuori da ogni accertamento che, giova ricordarlo a Rutelli ed a tutti noi, viene effettuato innanzitutto a tutela e nell’interesse della persona (sia che si trovi nello stato d’indagato sia che possa essere sospettato di connivenza, collusione o complicità con l’indagato). Ma questo molti non lo possono sapere, il perché lo lasciamo al Dr. Peter. Il problema dell’Italia, ad ogni buon conto, non è questo. Infatti da noi non si applica il “criterio della meritocrazia” per cui fu coniato il Principio di Peter. Nel nostro caso il livello di incompetenza è originario, cioè i posti nella piramide delle istituzionali pubbliche o fintamente privatizzate, vengono assegnati con criteri di appartenenza politica. Come orgogliosamente rivendicano tutti i leader politici quasi che fosse un loro diritto divino. Per cui già in partenza l’assegnazione dei livelli avviene prescindendo dalla competenza. In questo caso lo Stato non potrà funzionare o lo farà secondo livelli di inefficienza esponenziale. Dando origine a quella che potremmo definire una più realistica esposizione del principio di Peter: incompetenza più incompetenza uguale incompetenza. Qualcosa di paragonabile alle conseguenze sinteticamente paventate dal “Motto di Jones”: “Gli amici vanno e vengono, i nemici si accumulano”. Sono i nemici della libertà e della democrazia. Gl’incompetenti che, accumulandosi, hanno azzerato la credibilità delle istituzioni. La richiesta delle manette, che un noto incompetente avanza nelle ultime ore, disvela quanto lungimirante ed utile sia conoscere il Principio di Peter e magari applicarlo. Sarebbe proprio improponibile verificare quali competenze specifiche hanno presidenti, ministri, direttori generali, magistrati, professori, primari, bidelli e spazzini? E ricollocare ciascuno in un ruolo consono alle proprie capacità professionali e/o manuali? Quando alcune aziende private (negli States, ovviamente) sottoposero a questo genere di test i vertici aziendali, furono costrette a mandarne a casa il 90%. Ma in Italia sarebbero anche di più.
stavo pensando...però Veltroni poteva aspettare un altro pò.
Con la notizia delle sue dimissioni non si è parlato per niente della condanna dell'avvocato Mills...
Era ora che questo incapace desse le dimissioni...
Anche se, ormai, il PD è un partito di Centro-destra...
Firmato: un elettore di sinistra che, essendo di sinistra, non ha votato il PD
Bersani allo sciopero della Cgil: dobbiamo stare dalla parte dei lavoratori
Roma, 13 febbraio - "Dobbiamo stare con chi e' sul fronte di questa crisi. Quindi sto dalla parte dei lavoratori, dei precari e delle imprese che stanno saltando".
Lo ha dichiarato Pier Luigi Bersani, che oggi ha partecipato alla manifestazione della funzione pubblica e dei metalmeccanici della Cgil a Roma.
Bersani ha poi attaccato la politica economica del governo: "E' inesistente - ha sottolineato - E' un guaio che di questa crisi si parli poco. Il governo purtroppo non fa politica economica. Siamo gli unici che non hanno fatto una manovra economica. Non abbiamo mosso risorse nuove. Questo - aggiunge Bersani - e' il contrario di quello che e' avvenuto in altri Paesi. Non si vuole fare nulla di sostanziale".
Secondo Bersani, "adesso il problema e' fronteggiare la crisi. Bisogna fare degli ammortizzatori sociali forti, c' e' bisogno di sostegno alle piccole imprese, bisogna fare delle detrazioni fiscali, e bisogna lavorare sulle opere a partire da cantieri locali.
Spero che il mondo del lavoro trovi l'unita'. Al centro deve tornare il tema della crisi - ha concluso - C'e' tantissima gente, preoccupazione ed una forte richiesta di occuparsi di loro".
Se non e' questo un partito di sinistra, allora forse qualcuno ha perso la bussola!!!!
Veltroni non è un incapace. E mi fermo qui perchè altrimenti finirei col dire cose poco carine.
ok, hai ragione, chi prima ha detto che Veltroni è un incapace ha sbagliato. E' sempre brutto dare dell'incapace ad una persona.
Però lo possiamo dire che ha sbagliato su tutta la linea?
A parte Bersani e Marino, la linea del partito qual'era?
Il PD era con la CGIL o con CISL-UIL quando si parlava di lavoratori? onestamente, tolta la dichiarazione di Bersani, non si è capito.
Il PD era con Marino o con la Binetti quando si parlava di eutanasia, fine vita ecc...? E' facile dire "non diamo indicazioni di voto su queste questioni". Nel programma c'era scritto che vi sareste occupati della legge sul testamento biologico.
Il PD era con gli studenti o no quando si parlava di riforma della scuola e dell'università?
Ve lo chiedo perchè, nelle piazze a manifestare onestamente non si è visto, ve lo assicuro.
Ci sarebbero altre quesiti, ma ho fame ora. Vado a mangiare
Oltretutto, per mettere la ciliegina sulla torta, si è dimesso proprio oggi, cosí le nove colonne sui giornali sono tutte per lui, mentre la sentenza sul caso Mills (caso che un'opposizione minimamente decente avrebbe usato per far passar la volgia a Mr. B di fare politica) passa al livello delle notizie su Sanremo e il Grande Fratello...
Viene quasi da pensare che si siano messi d'accordo...
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