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L'appello che vi rivolgiamo parla di una sfida che non riguarda solo noi, ma riguarda tutte e tutti.
Il 12 dicembre ci attende una giornata di grande importanza il cui esito potrà segnare gli equilibri politici e sociali di questo paese: lo sciopero generale in primo luogo indetto dalla Fiom e dalla Cgil funzione pubblica, poi dalla Cgil tutta, infine dai sindacati di base (Cobas, Sdl, Cub), sarà una grande occasione di conflitto per chi non vuole subire l'arroganza di questo governo e per chi non vuole pagare sulla propria pelle la crisi di sistema che investe l'economia globale. L'indizione di questo sciopero generale è anche il frutto, vale la pena ricordarlo, della grande potenza dell'Onda, del movimento che da inizio settembre ha visto milioni di persone, tra studenti, insegnanti, ricercatori, docenti, bambini, mobilitarsi contro la definitiva dismissione della scuola e dell'università pubbliche. È stata proprio l'Onda, infatti, ad imporre una discontinuità politica e sociale nel paese: laddove tutto sembrava sconfitto con la tornata elettorale di aprile, una nuova generazione ha imposto dal basso una battuta d'arresto nella macchina di consenso del Governo. Attraverso lo slogan “Noi la crisi non la paghiamo” gli studenti hanno lanciato un segnale a tutti i soggetti sociali che nel mondo del lavoro e nelle esistenze concrete stanno subendo le ricadute di una dinamica recessiva di portata epocale. Il “Noi” dello slogan non è corporativo e non parla solo degli studenti: “Noi” sono tutti coloro che la crisi non l'hanno prodotta e che dunque non intendono pagarla. Che la paghino le imprese e le banche, questo il sottotesto dello slogan! Non siamo disposti a pagare questa crisi né possiamo accettare le scarne proposte del Governo, contenute nel pacchetto anti-crisi.La potenza dell'Onda è stata capace, dunque, di parlare alla società tutta e di trasformare tanto lo sciopero generale dei sindacati di base del 17 ottobre, quanto lo sciopero generale della scuola del 30 ottobre, in qualcosa di straordinario e di diverso dalle cose di sempre. Proprio l'autonomia del movimento studentesco ha reso possibile un'estensione senza pari delle mobilitazioni e una grande radicalità nei contenuti e nelle pratiche di lotta. Il 14 novembre, poi, rimarrà senz'altro nella memoria di tutti, come una delle più grandi manifestazioni di piazza auto-organizzata dagli studenti universitari e medi: più di 300.000 persone, infatti, hanno assediato Montecitorio e Palazzo Chigi, mettendo in scena materialmente l'isolamento sociale oltre che politico del Governo e della maggioranza.A partire da queste considerazioni vorremmo dire alcune cose importanti in merito alla giornata del 12, giornata in cui pensiamo che lo sciopero generale debba quanto più possibile essere generalizzato dall'Onda e non solo. La premessa è che sarebbe stato auspicabile un corteo unitario di tutte le forze sindacali, ma conosciamo bene le differenze anche radicali delle piattaforme e non riteniamo che queste differenze possano essere ridotte a questioni di poco conto.Per stringere davvero ed in maniera efficace una forte alleanza sociale non possiamo accontentarci semplicemente di scendere in piazza nella stessa giornata. Dobbiamo trovare una convergenza su alcuni contenuti che oggi appaiono decisivi e sui quali vogliamo assolutamente vincere, mantenendo sempre le proprie specificità, differenze e le proprie piattaforme di lotta, ma estraendo da queste delle rivendicazioni comuni a partire da quattro temi fondamentali: Scuola, Università, Precarietà e difesa dei territori e dei beni comuni. Per quanto riguarda noi, ci teniamo a mettere in chiaro gli elementi rivendicativi che più ci hanno caratterizzato e che in particolare ci caratterizzano in vista del 12. In primo luogo il rifiuto netto della legge 133, della legge 169 e del Dl 180 in via di approvazione, Dl che non cambia di nulla l'esigenza e la necessità di lottare contro il Governo e in particolare contro la Ministra Gelmini e di ribadire il nostro sforzo nel senso dell'autoriforma dell'università. In secondo luogo è per noi fondamentale ribadire la nostra ostilità nei confronti delle leggi bipartisan che hanno consentito in questi anni il processo di precarizzazione del lavoro, dal pacchetto Treu, alla legge 30. A maggior ragione vale la pena ribadirlo laddove, a partire dal mese di gennaio, 400.000 precari non saranno riassunti. Precari e lavoratori per cui deve essere assolutamente garantito e tutelato il diritto di sciopero. In terzo luogo riteniamo decisivo estendere ed allargare la battaglia per un nuovo welfare che parli di reddito diretto e indiretto (casa, servizi, cultura, diritto alla studio) per studenti, disoccupati e precari, nonché di salario minimo intercategoriale per tutti i lavoratori e lavoratrici. Infine il rifiuto delle privatizzazioni della sapere e della ricerca, e della devastazione ambientale e dei territori, al fine di difendere la totalità dei beni comuni. Vogliamo più finanziamenti all'università e scuola, che allo stato attuale sono indirizzati alla costruzione delle grandi opere pubbliche e alle spese militari. Su questi punti vorremmo, in questi giorni che ci separano dal 12, avviare una discussione proficua e non pregiudiziale.Per quanto riguarda il 12, invece, pensiamo che sia naturale per l'Onda mantenere lo stesso stile assunto durante i precedenti scioperi generali: un corteo autonomo che sappia però interloquire con tutti i lavoratori e attraversare, materialmente e non solo simbolicamente, le manifestazioni sindacali. Questo non toglie che è nostro interesse parlare con quei tanti lavoratori che pur essendo iscritti alla Cgil vedono nell'Onda e nella sue rivendicazioni un'opportunità di cambiamento radicale valido per tutti. Oltre a parlare con i lavoratori è nostro interesse, però, attraversare la città e paralizzarne il traffico, così come abbiamo fatto in questi mesi, generalizzando tanto lo sciopero del 17, quanto quello del 30 ottobre. Invitiamo inoltre, tutti i movimenti cittadini e regionali, dai movimenti per l'abitare a quelli a difesa dei beni comuni, le reti migranti, i lavoratori precari, le esperienze dell'autogestione, tutti coloro che guardano con favore alla novità dell'Onda e che non sempre sono rappresentati dalle compagini sindacali, a convergere in piazzale Aldo Moro e muoversi in corteo con noi.Con la convinzione che l'Onda diventerà ancora una mareggiata.Generalizziamo lo sciopero del 12 dicembre!
Segnalazioni:
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4 commenti:
Siamo nel periodo liturgico dell’Avvento. Ma non è questo che mi spinge a invocare un passo di Isaia con cui, per l’appunto, i cattolici celebrano la liturgia della prima domenica d’Avvento.
“Siamo divenuti tutti come una cosa impura e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia: tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento”.
Le istituzioni vengono oggi vissute come un “panno impuro” di cui sbarazzarsi e le loro iniquità rischiano di diventare un vento destinato a spazzarle via.
Il fatto più che grave è dirompente, perché l’autorevolezza delle istituzioni e la loro credibilità sono lo strumento indispensabile per la coesione sociale e la soluzione dei conflitti.
Come può “mediare” una istituzione su cui pende il sospetto (o la certezza) di essere una banditesca fazione in lotta?
Siamo – mi sembra – nell’epoca del rendiconto, quella cioè in cui tutti i nodi ( e che nodi!) vengono al pettine.
E sono tali e tanti i nodi che solo l’incoscienza di chi dovrebbe reggere le redini della carrozza riesce a far dormire sonni tranquilli agli ineffabili aurighi.
In verità il mixage tre situazione economica, crisi sociale e decadenza delle istituzioni fa intravedere laggiù all’orizzonte bagliori che, come ben diceva Bobbio, potrebbero venire più da un incendio che dal sole dell’avvenire.
C’è spazio, se non per l’azione, almeno per la speranza in questo quadro disperante?
Ha senso “partecipare”, in un qualche modo, al gioco cui partecipano le istituzioni degradate a panni immondi? E, per contro, ha senso chiamarsi fuori dalla partecipazione, arroccandosi in uno sterile e presuntoso isolamento elitario?
Credo che oggi più che mai abbia senso una sanguigna frase di Goffredo Fofi: “L’unica cosa che si può fare è creare piccole minoranze di rompicoglioni con un progetto in testa”.
Con chi schierarsi?
Come si definirà chi non parteggia né con gli uni né con gli altri? Niente di più e niente di meno che un rompicoglioni.
Ma - si dirà - questo “chiamarsi fuori” dalla mischia è, tra tutte le utopie possibili, la più utopica delle posizioni. Sarò franco: questa storia delle utopie è tra tutte le interessate favole del potere, sicuramente la più utile e funzionale, ma anche la più stucchevole.
Scriveva Albert Camus nel lontano 1946: “(…) quel ragionamento ha un altro elemento di forza (…): pone il problema dell’utopia. Per dirla in breve, le persone come me vorrebbero un mondo non dove non si ammazzasse più (non siamo così sciocchi!), ma dove l’omicidio non fosse legittimato”.
Mi sento di sposare siffatta posizione: non voglio un mondo senza faziosità (al mondo ci saranno sempre faziosità): mi contento di un mondo in cui le faziosità non vengono legittimate, sotto quale bandiera (dei difensori o degli attaccanti) poco importa.
E il fatto di rompere le scatole non è posizione utopica, come va cianciando chi vuole costringere tutti ad arruolarsi (meglio infatti un nemico - il quale, pur nemico, rimane omogeneo - di un rompicoglioni), ma fortemente politica e realissima: realizza infatti ciò che auspica: la non-legittimazione della faziosità.
Può sembrare poco, ma, salvo soffrire di deliri di onnipotenza, occorre ammettere che, quando si fa tutto ciò che è in nostro potere, si è fatto tantissimo.
Il comportamento scorretto/interessato/fazioso/illegale/criminale (scegliete voi quale termine si attagli alle varie vicende in discussione) ha reciso il legame tra forma e sostanza, tra autorità e autorevolezza.
Oggi più nessuno - dal presidente dell’ultima ASL al capo dello Stato – può pretendere autorevolezza sulla base della sua posizione formale: ormai infatti neppure il più ingenuo dei pargoli dà per scontato che alla correttezza formale corrisponda necessariamente una correttezza sostanziale.
E’ del tutto evidente che un’autorità senza autorevolezza si tramuti in mera forza e che nessuno Stato possa sopravvivere, in quanto Stato, se è governato dalla legge della forza.
Se dunque autorità e autorevolezza non torneranno a essere due facce della stessa medaglia, c’è rischio che, nel lungo periodo, neppure più l’autorità formale sarà titolo sufficiente per dirimere le controversie e decidere in nome della collettività.
Potrà così capitare (è già capitato nei secoli) che al Papa si opponga l’Antipapa, all’Imperatore l’Usurpatore, ai fedeli dell’uno i fedeli dell’altro (ci pensino i fini strateghi che vanno bollando di utopista chiunque veda al di là del proprio naso).
Parola di utopista convinto.
Filippo
da repubblica.it:
"Scuola cattolica, la Chiesa attacca
Il governo annulla subito i tagli.
Ripristinati i fondi che erano stati tolti alle scuole cattoliche."
...Appena i preti hanno aperto bocca, il governo ha obbedito...
VERGOGNA!!!
Dall'articolo 33 della costituzione:
"L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo stato."
C'E' SCRITTO SENZA ONERI PER LO STATO!!!
VERGOGNA!!!
"senza oneri per lo stato"
...magari!!!
Concordo con Filippo e Claudio.
C'è bisogno di coraggio per difendere il buon senso e combattere la trasversalità che si poggia sugli interessi,
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