![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLdzn5nZ-yf3bzSyJTQMiQ04KVHxmsv7FZfcsunUhwxvpbFkLr0uqzZ1r66bSS4XX_d3ex47HZMtxDfwrD45FDqtgaMc-U0aM29oIfodPY9jHlTnxC-u57HkGh3gtJ1vIbAPs7ULfAYPc/s400/e.jpg)
In ogni caso nessuno si sognerebbe mai di negare una retribuzione al "mestiere" di politico, ovviamente commisurata all'attività ed ai risultati dell'"Azienda Italia" come ama dire oggi il Ministro Brunetta.
Vorrei ora portare ora la vostra attenzione sul seguente grafico frutto del lavoro di Antonio Merlo e citato dall'articolo de "La Voce": la linea rossa, che quantifica la consistenza dell'indennità parlamentare rapportandola al valore degli euro del 2005, è rimasta sostanzialmente invariata ad un livello, sinceramente contenuto, dalla nascita cella repubblica fino al boom economico (metà degli anni '60), da lì e fino agli inizi degli anni '70 è quasi quadruplicata, per poi scendere in maniera significativa in corrispondenza con la crisi energetica. Le indennità dei nostri parlamentari hanno quindi ripreso a crescere in maniera pressoché costante dalla fine degli anni '70 fino alla metà del 2000, decuplicando ormai, a parità di potere d'acquisto, l'entità di quanto percepito dai padri della patria! La risibile diminuzione dell'indennità parlamentare intervenuta dopo il 2005 sembrerebbe dovuta maggiormente alla spinta dell'indignazione popolare piuttosto che alla nuova grave crisi economico-morale che ci troviamo davanti e non è tale da poter essere considerata, a mio avviso, un'inversione di tendenza quanto piuttosto di un bieco tatticismo.Ma quello che fa maggiormente impressione del grafico riportato è la discesa del livello d'istruzione dei nostri parlamentari. La percentuale dei laureati era significativamente più alta negli anni 50 e 60, quando il livello d'istruzione del Paese era assai meno elevato, che non oggi quando, ad un generale accrescimento livello di scolarizzazione si somma l'inflazione del titolo di "laurea", attribuibile anche ad un ciclo di studi post secondaria di solo 3 anni, spesso neppure particolarmente qualificante. In parlamento si è passati dal 90% di politici laureati degli anni 50 a poco più del 60%, per giunta di lauree "svalutate" ottenibili pure nell'Università sotto casa, in un solo triennio!
1 commento:
Il diagramma è causa di un sistema rappresentativo che si chiude in se stesso, quando il corpo dei rappresentanti si sottrae al giudizio degli elettori e pone in essere procedure elettorali(Porcellum e altro...), di governo e di potere per garantire la sua perennità ed evitare il necessario ricambio. È la crisi del sistema democratico, il suo avvilupparsi in un “mercato chiuso” della politica che non è più in grado di coordinare il libero gioco dell’offerta di pensiero politico e di domanda di impegno politico. Si giunge così all’oligarchia clientelare (nel caso nostro a uno squallido quanto esclusivo “comitato di affari”), al regime del privilegio, alla confusione che ne consegue tra interesse privato e servizio pubblico, alla “professionalità” di una funzione che è invece un magistero civile. È accaduto, accade, e in Italia è ciò che sta accadendo per effetto di un progressivo ripristino dell’assolutismo (e del regime dei privilegi di corpi e ordini) a base mediatica.
Gli apparati di potere in essere (il regime del privilegio del ceto politico) ledano profondamente i diritti politici di cittadinanza, la partecipazione politica (dunque il consenso) e progressivamente rendano ininfluente l’esercizio del voto.
Tutto ciò è il segno, e in parte la causa, di un progressivo deficit di innovazione (sociale e istituzionale), competitività (politica e culturale), produttività (di pensiero politico) del nostro Paese.
Il Partito Democratico deve continuare ad esser un partito partecipato, aperto a tutti, libero dagli errore del passato e dalle gerarchie dei vecchi partiti.
Mi auguro che il PD sia un partito capace di richiamare la gente a riscoprire interesse per la politica, come riscoperta di un forte senso di cittadinanza.
Posta un commento