giovedì 26 febbraio 2009

Quei mille capannoni vuoti ecco la nostra arma al Nord

I giovani del Pd/3. Martina, 30 anni, segretario regionale della Lombardia:"Nel cuore berlusconiano e leghista si vedono crepe, rilanciamo il valore del lavoro

"Bisogna ricominciare dai capannoni". Quali capannoni? "Quelli costruiti con la legge Tremonti nel Nord Est, una marea di capannoni che va da Novara a Mestre. Tutti vuoti, o quasi. Hanno devastato l'ambiente senza creare ricchezza. E' un monumento all'incapacità del berlusconismo di governare l'economia".

Maurizio Martina, bergamasco, trent'anni, un nome per i prossimi decenni. Una carriera lampo. Segretario bergamasco e poi lombardo dei ds, eletto responsabile lombardo del Pd con un plebiscito (78 per cento) alle primarie di ottobre. Ora è il più giovane della squadra chiamata da Franceschini a rilanciare il partito.

Martina, la sua ascesa non è la più clamorosa smentita all'idea che il centrosinistra sia chiuso ai giovani?
"Forse, ma diciamo la verità. E' più facile avanzare nel vuoto. La Lombardia era ed è considerata dai dirigenti romani una terra di missione. E' difficile trovare candidati alla sconfitta certa".

Ma un partito rassegnato alla sconfitta nella regione di gran lunga più ricca e popolosa d'Italia, che futuro ha?
"Nessuno. Infatti da lì occorre ricominciare, dal Nord".

Un anno fa ha detto che il Pd lombardo puntava a vincere le regionali del 2010. Lo ripeterebbe oggi, nel mezzo del disastro, coi sondaggi al minimo storico?
"Sì, lo ripeto. Nel cuore dell'egemonia berlusconiana e leghista si cominciano a vedere le crepe. Finora loro reggono perché siamo mancati noi, l'opposizione. Ma bisogna fare in fretta. In giugno in Lombardia si vota in due terzi dei comuni".

Secondo i sondaggi, rischiate di essere spazzati via da tutte le città del Nord, a cominciare dalla sua Bergamo, Pavia, Lodi, Cremona, la Provincia di Milano. Da dove prende il suo ottimismo?
"Secondo i sondaggi, Obama non doveva neppure fare le primarie. Questa crisi non è passeggera, come vogliono far credere Berlusconi e Tremonti. Sarà lunga, dura e porterà grandi mutamenti sociali e politici. Non possiamo dire oggi quale sarà il clima del Paese fra tre mesi, non parliamo poi da qui al 2013, quando ci saranno le politiche".

Era anche l'idea di Veltroni, poi si è dimesso.
"Veltroni ha avuto il merito di capire che la questione centrale era la sfida sulla modernità. Sempre e comunque il centrosinistra in questi anni, anche quando ha vinto, è stato percepito come più conservatore dell'avversario. Era Berlusconi il nuovo".

E non è più così? Berlusconi ha smesso di sembrare nuovo?
"Guardi, nel Nord gli imprenditori, di fronte alla crisi, cominciano a capire che le ricette facili di Berlusconi e Tremonti sono scenari di cartapesta, vuoti come quei capannoni. Il bluff dei dazi doganali, l'ideologia leghista del Nord trasformato in fortezza, lo stesso antieuropeismo della destra entrano in conflitto con gli interessi materiali di un territorio che al contrario ha disperato bisogno di tornare a esportare, d'integrarsi sempre di più col resto d'Europa e del mondo".

Non sarà invece che si pensa soltanto a fare i danè, a evadere le tasse col nero e a tenere sotto schiaffo gli immigrati, che così non chiedono l'aumento?
"Mica tutti, mica tutti. Ci sono tanti imprenditori nella bergamasca che sono più a sinistra degli operai. Artigiani e operai che potrebbero vendere domattina e ritirarsi con una montagna di soldi e invece vanno avanti. Non è per soldi, ma per la voglia di fare. La ricchezza è il valore unico della destra, ma il lavoro dovrebbe tornare a essere il nostro valore. Ne guadagneremmo di voti".

Qual è secondo lei l'errore più grave del centrosinistra nel Nord?
"L'ossessione dell'identità. Questo parlarsi addosso e contro, ex democristiani ed ex comunisti. Ma come, Berlusconi è stato tanto bravo a far dimenticare di essere stato ex qualsiasi cosa, dai socialisti alla P2, e noi qui a menarcela con le eredità del passato, invece di studiare il futuro".

E i possibili punti di forza?
"Non c'è dubbio che abbiamo amministrato meglio. Bergamo, Brescia sono diventati modelli di autentico riformismo. Per trovare il riformismo non è che bisogna andare in pellegrinaggio da Blair o da Obama o su Marte, basta considerare quello che i sindaci di centrosinistra hanno saputo realizzare. E magari confrontarlo con il disastro della Moratti a Milano".

I milanesi si lamentano dell'immobilismo della Moratti. Ma intanto quali alternative avete offerto voi?
"Sono d'accordo. Abbiamo parlato d'altro. Bisogna fare opposizione sulle cose. L'Expo era un'occasione e la destra la sta buttando alle ortiche, sono lì a litigare per le poltrone nel consiglio d'amministrazione fra Lega, An e Forza Italia. La vicenda di Malpensa è stato un altro fallimento della destra nei fatti. Non a caso sarà da Malpensa che Franceschini comincerà venerdì a girare l'Italia".

Qual è la prima proposta che farà al nuovo segretario?
"Un esperimento. Proviamo per due mesi a non rispondere a nessuna delle provocazioni di Berlusconi e a parlare di un solo tema, uno solo, la crisi economica".

(26 febbraio 2009)
Curzio Maltese
La Repubblica

La scossa del Partito Democratico

IL SUO slogan potrebbe essere: «Io non sono un autarchico». 
Quarant' anni, quindici trascorsi in giro per l' Europa, Francia, Inghilterra, Balcani, una lunga esperienza a Bruxelles con Oreja, Prodie Barroso, prima di tornare in Italia da parlamentare, nelle liste Pd. Sandro Gozi è stato uno dei più critici della linea Veltroni. «Ma non perché sia prodiano o dalemiano o insomma una di quelle etichette là. Semplicemente perché mi ero stufato di fare favori a Berlusconi e a Di Pietro». 

Che favori ha fatto il Pd a Berlusconi in questi mesi? 
«Uno grandissimo. Aiutarlo a rimuovere la vera questione, la crisi economica. Berlusconi e le sue tv sono stati abilissimi nell' inventarsi un' emergenza al giorno. I clandestini, gli stupri, le intercettazioni, il testamento biologico. Tutte questioni importanti, per carità. Ma la vera priorità, la crisi, in questo modo è stata cancellata. E noi l' abbiamo inseguito sulla sua falsa agenda». E' passato il messaggio che l' Italia è in qualche modo più al riparo dalla crisi degli altri paesi occidentali. Addirittura all' estero ci invidiano Tremonti. «Siamo riusciti a regalare a Tremonti la fama di gigante del pensiero economico. Grottesco. E' stato ed è un ministro disastroso, a tratti dilettantesco. I suoi libri sono un impasto di vecchi motivi riciclati, come certe canzoni di Sanremo. Viaggia in ritardo perenne. Nel 2003, quando occorreva essere rigorosi, fece saltare i patti di stabilità. Ora che bisognerebbe essere più elastici davanti alla crisi, riscopre il rigore. Il problema è che l' opposizione non se ne accorge neppure». 

Non c' è stata abbastanza attenzione per l' economia nei vertici del Pd? 
«Non c' è attenzione per la realtà. E non c' è competenza. Si orecchiano le mode mediatiche, su tutti gli argomenti. Non si studianoi problemi, le polemiche sono superficiali, nominalistiche». Diranno che è la solita tirata del tecnico contro il politico. «I capibastone vanno avanti su queste dicotomie d' altri tempi. Tecnici e politici, politica e società civile. Fesserie di cui si discute ormai soltanto in Italia. La verità è che nessuno di loro mette mai il naso fuori dall' orticello dell' identità di corrente». Ora va molto il conflitto generazionale, vecchi contro giovani. Si pensa alle quote giovanili, oltre a quelle rosa. «Guardi io vorrei proporre la quota grigia, per gli anziani. Si stabilisce che per statuto gli ultracinquantenni con più di due mandati hanno diritto al 20 per cento dei posti. Che è più o meno quanto accade di fatto negli altri partiti riformisti d' Europa». 

Buona idea. Si potrebbe cominciare dalle liste europee? 
«Quello è il test vero della segreteria di Franceschini. Ha detto che vuole cambiare e io gli ho creduto. Facciamo una rivoluzione. Alle europee, invece dei soliti ripescati, proviamo a candidare gente competente, che magari conosce anche qualche lingua. Non l' ha mai fatto nessuno, né a destra né a sinistra. Col risultato che in Europa contiamo sempre meno. Secondo me gli elettori del centrosinistra ci premierebbero. Certo, finora i nomi che si sentono vanno nella direzione opposta». 

Infatti gli elettori del centrosinistra premiano Di Pietro. Perché? 
«Merito nostro. Mai una scelta netta, un' idea chiara, una parola comprensibile. Ma se tornassimo a fare il nostro mestiere, Di Pietro sparirebbe in pochi mesi». 

Ne è proprio sicuro? 
«Sì. E' un Berlusconi rovesciato. Guida un partito personale, è un demagogo, non c' entra nulla con la storia della sinistra, non solo italiana. Non c' entra nulla con nessuna forza riformista presente in Europa. I nostri elettori lo votano per disperazione, non certo per convinzione». 

Però Di Pietro è anche l' unico che ancora parla di conflitto d' interessi, dell' anticostituzionalità delle leggi sulla giustizia, delle continue interferenze del Vaticano. E' soltanto giustizialismo, estremismo, populismo? 
«Per nulla. Aver lasciato cadere il conflitto d' interessi è stato un altro errore. Alla fine, perché abbiamo perso in Sardegna, col miglior candidato possibile? Perché Berlusconi ha usato, e bene, le sue tv nazionali contro Soru. Del caso Mills si è parlato nei telegiornali francesi e tedeschi più che in quelli italiani. L' Europa ci guarda con preoccupazione, e tanta. Quanto al tema delle ingerenze della Chiesa, stiamo andando anche lì serenamente verso una deriva autarchica, incomprensibile oltre Chiasso. Ma anche di qua dal confine. In fondo il 70 per cento degli italiani, nel caso Englaro, si è pronunciato contro la visione delle gerarchie ecclesiastiche. Peccato, ancora una volta, non essersene accorti». 

Franceschini ce la farà? 
«Se guarda oltre il fumo dei vertici di leader, scoprirà che il partito è pieno di risorse, di giovani e non giovani che hanno una gran voglia di fare politica, quella vera».

CURZIO MALTESE - Repubblica — 25 febbraio 2009

mercoledì 25 febbraio 2009

COMUNICATO STAMPA di Legambiente Taranto: L’accordo sulla diossina: un primo passo


Dopo le reazioni “a caldo” in merito all’accordo sull’ILVA siglato lo scorso venerdì a Roma, è d’obbligo fare alcune riflessioni sugli scenari che tale accordo apre in merito alla vicenda complessa del rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale alla più grande acciaieria d’Europa.

Indubbiamente l’accordo è un compromesso tra posizioni che inizialmente sembravano inconciliabili: da una parte Enti Locali (Regione, Provincia e Comune di Taranto) e Arpa Puglia, che insistevano motivatamente sull’applicabilità della Legge regionale n. 44, la cosiddetta legge antidiossina, dall’altra ILVA e il ministro Prestigiacomo che ventilavano addirittura l’ipotesi di chiusura dello stabilimento siderurgico se la legge fosse stata applicata e minacciavano il ricorso alla Corte Costituzionale per annullare la legge stessa e consentire così a Riva di continuare a produrre con i limiti alle emissioni, ben più ampi, concessi dalla normativa italiana che ancora non ha recepito le indicazioni europee in materia.

L’accordo cancella la minaccia del ricorso alla Corte Costituzionale e, tra l’altro, fa venir meno la supposta relazione tra legge antidiossina e incremento del numero dei cassintegrati nell’azienda siderurgica. Come abbiamo più volte rimarcato, si trattava di un’operazione di falsificazione della realtà: la scelta di Ilva di fare ricorso in modo massiccio alla cassa integrazione è infatti dovuta alla crisi economica internazionale che sta attanagliando praticamente tutti i settori produttivi. Porre in relazione la legge con la chiusura dello stabilimento è stato solo un modo per tentare di dividere il fronte dei cittadini di Taranto e creare allarme; i provvedimenti prescritti dalla legge regionale sono realizzabili: infatti si è trovato l’accordo.

Il compromesso cui si è giunti ci fa “portare a casa” un primo risultato importante: il limite di 2,5 nanogrammi/nmc previsto dalla legge regionale (sia pure con la esplicitazione del già previsto meccanismo di “sottrazione dell’incertezza pari al 35%” che può farlo salire a 3,8 ngr/nmc) deve essere raggiunto dall’azienda entro il 30 giugno prossimo con soli due mesi di dilazione rispetto a quanto previsto dalla legge regionale stessa.

Contestualmente nell’Accordo viene riconosciuto appieno il ruolo dell’ARPA Puglia,che insieme all’ISPRA dovrà monitorare l’azienda con una campagna di controlli, con costi a carico del gestore ma non da lui eseguita, mai effettuata prima per quantità e lunghezza del periodo previsto. Le stesse istituzioni pubbliche avranno il compito di fare una ricognizione delle tecniche di abbattimento utilizzate dagli stabilimenti con caratteristiche simili a quelle dell’Ilva di Taranto, situati in paesi europei ed extraeuropei. L’Ilva, da parte sua, dovrà presentare, entro il 30 dicembre prossimo, uno studio di fattibilità dell’adeguamento dello stabilimento di Taranto al limite di 0,4 ngr/nmc previsto come secondo step dalla Legge regionale e non messo in discussione nell’accordo.

Inutile dire che quest’ultima è la parte più problematica dell’accordo ed è quella sulla quale vigileremo con fermezza. Non accetteremo infatti allungamenti dei termini per il raggiungimento del limite più basso alle emissioni di diossina perché questa città ha già aspettato troppo e sappiamo che i tempi previsti dalla Legge Regionale sono compatibili con la realizzazione delle opere richieste in quanto sono stati studiati e proposti da questa ARPA Puglia alla quale rinnoviamo la nostra assoluta fiducia. Chiederemo inoltre che sia realizzato il campionamento in continuo previsto dalla Legge Regionale che è fondamentale per dare garanzie sull’efficacia dei controlli.

L’accordo segna infine un altro risultato importante: di fatto, quanto in esso stabilito, entra nell’AIA migliorando in maniera sostanziale le prescrizioni che avrebbero potuto essere date se ci si fosse riferiti al ben più permissivo Testo Unico sull’Ambiente (L. 152/2006) e stabilendo così un principio che ci auguriamo valga anche per le ulteriori prescrizioni che l’AIA dovrà contenere e cioè la possibilità che in casi di particolare crisi ambientale quale è indubbiamente quello di Taranto, vengano imposti limiti di emissione molto più rigorosi rispetto a quelli previsti dalle legislazioni nazionale (D.L. 59/2005 che recepisce la normativa europea in materia di prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento e, di fatto, regola il rilascio delle A.I.A.) e regionale, anche con “ulteriori disposizioni” rispetto ad esse e miranti a “ridurre al minimo l’inquinamento”.

Fin qui luci ed ombre dell’accordo di venerdì scorso, ma non dobbiamo dimenticare che la procedure per la concessione dell’AIA all’ILVA sono ancora in itinere e riguardano non solo le emissioni di diossina, ma una serie impressionante di questioni che hanno a che fare con la cosiddetta ambientalizzazione della fabbrica: a cominciare dalle emissioni di Idrocarburi Policiclici Aromatici (tra i quali alcuni cancerogeni pericolosissimi) provenienti prevalentemente dalle cokerie, e di polveri sottili rivenienti dai camini e dagli enormi parchi minerali, per proseguire con gli sversamenti in mare di sostanze inquinanti, con gli enormi sprechi di acqua, con le discariche di rifiuti speciali interne all’azienda, con l’indispensabile ammodernamento dei vecchi altiforni, ecc. ecc. Dunque l’accordo è solo un primo passo verso la “modernizzazione” di un impianto obsoleto cui le indispensabili opere di ambientalizzazione non potranno che fare bene rendendolo più efficiente e competitivo.

Per questo motivo ora la nostra attenzione si concentrerà sul secondo passo possibile: le condizioni da porre all’ILVA per il rilascio dell’AIA.

martedì 24 febbraio 2009

"Un errore votare Dario non si sceglie un capo in due ore"

"ABBIAMO arrotolato le nostre bandiere "Primarie subito" e siamo tornati a casa delusi. Diciamo la verità, quella dell'elezione di Franceschini non è stata una bella giornata". Giuseppe Civati, monzese, classe 1975, consigliere regionale lombardo (il più votato del Pd), ha l'aria del "bel fieou", come direbbe Berlusconi, ma con alle spalle un curriculum di ferro. Professore di filosofia e studioso del Rinascimento, colto, simpatico, popolare. Il suo blog è il settimo d'Italia, secondo politico, dopo Di Pietro. Vincitore a sorpresa del sondaggio dell'Espresso sul futuro leader del Pd. "Sono il primo a scherzarci sopra. Il dato significativo di quel sondaggio non era il primo posto, ma l'ultimo: Dario Franceschini".

Cominciamo da lei a impallinare il nuovo capo del Pd?
"Ma no, certo che Franceschini è un'ottima persona. Il metodo però è sbagliatissimo. Ancora una volta, abbiamo fatto il contrario di quanto ci chiedevano gli elettori. E infatti nei sondaggi continua la caduta libera, siamo scesi dal 25 al 23".

Sondaggi, internet. Ma lei insegna Rinascimento o marketing?
"Già. Ho letto che Franceschini e Bersani attaccano chi pretende di far politica coi blog. Pretende? Per la mia generazione è l'unico modo di fare ancora politica. Che dovremmo fare? Andare in sezione? A Milano la sede del Pd non c'è neppure".

Che cosa non la convince nell'elezione di Franceschini?
"Non si elegge un nuovo capo in due ore. Al confronto Obama è Dysneyland. Poi questo rito del rinnovamento sempre annunciato e mai messo in pratica. Il prossimo che dice "o si cambia o si muore" lo picchio".

E se invece Franceschini cambiasse davvero?
"Ne riparliamo fra un mese. Se Bassolino è sempre lì a far danno, allora significa che non è cambiato nulla".

Veltroni ha provato a far dimettere Bassolino.
"E invece s'è dimesso lui. Ha idea di quanti voti ci toglie ogni giorno, da mesi, la vicenda campana? Noi andiamo in giro qui al Nord a sostenere il modello di buona amministrazione del centrosinistra, e la gente ci risponde sempre la stessa cosa: allora a Napoli? Oggi Velardi, assessore di Bassolino, ha definito il grande Roberto De Simone una sciagura. Domanda: è lo stesso Velardi che sul Corriere garantiva per Romeo una settimana prima dell'arresto? Ma perché noi dobbiamo farci il mazzo a volantinare nelle fabbriche del bresciano o a parlare con i piccoli imprenditori del Varesotto, quando poi questi distruggono tutto con una puntata di Porta a Porta?".

Che ne pensa del partito del Nord di Chiamparino e Cacciari?
"Assurdo. Al Nord vivono venticinque milioni d'italiani e si producono i due terzi del Pil. Non stiamo parlando della Baviera o della Catalogna, con tutto il rispetto".

Ma il problema esiste. La sua area, la Grande Milano, otto milioni d'abitanti e un quarto del Pil, in questi quindici anni ha avuto meno rappresentanza nel centrosinistra di Nusco e Ceppaloni.
"Più grave è essere assenti sui temi che riguardano il territorio. Malpensa è stata una catastrofe del centrodestra, un tradimento della Lega ai suoi elettori. E noi dove eravamo? Su temi come la sicurezza, il precariato, le riforme della pubblica amministrazione e del mondo del lavoro, abbiamo balbettato. Un giorno stiamo con la Cisl, l'altro con la Cgil. Nessuno sa più che fine ha fatto Ichino. Sul nucleare, in pochi mesi, abbiamo espresso tre posizioni diverse. Il no di Realacci, il sì di Veronesi e il forse di Colaninno. Sull'immigrazione pure, con il ridicolo finale di inseguire ora la destra sulle ronde, che non servono a nulla".

Non le chiedo neppure la sua posizione sulle interferenze della Chiesa e sul testamento biologico, visto che ha dedicato l'ultimo libro a Giordano Bruno.
"Anche lì, un caleidoscopio di posizioni. In questo Franceschini ha detto una parola chiara e gli ho battuto le mani. Era ora".

Si risolverebbe tutto con l'avvento di voi trentenni?
"Sciocchezze. Occorre una nuova generazione politica, non anagrafica. Bisogna farla finita con questa storia degli ex qualcosa. Io sono del '75, non sono ex di niente, per me la politica è cominciata con l'Ulivo. La verità è che questi sulla difesa dell'identità, in qualche caso acquisita di recente, come nel caso di Rutelli, ci campano".

Che cosa scriverà nel prossimo striscione congressuale?
"Occupiamoci di loro, non di noi".

Da segretario dei Ds a Monza si è fatto un nome con la conquista a sorpresa della capitale della Brianza, il regno stesso di Berlusconi. Come avete fatto?
"Imponendo la nostra agenda politica. Ce ne inventavamo una al giorno e loro erano costretti a inseguirci. Davamo le notizie. Abbiamo rivelato i progetti di cementificazione del fratello di Berlusconi, lo scandalo del nuovo centro commerciale, l'assalto alle aree verdi. Non è che bisogna sempre aspettare l'inchiesta di Report o di Repubblica per denunciare uno scandalo. Dopo un po' ci chiamavano anche gli elettori di destra per dire: io non vi voto, però vi devo raccontare questa cosa".

(24 febbraio 2009)
Curzio Maltese
La Repubblica


domenica 22 febbraio 2009

TOGHE SPORCHE SULLO JONIO

TARANTO - Se si trattava degli amici, la giustizia a Taranto poteva diventare strabica. E all´occorrenza anche cieca. Da questa accusa ora dovranno difendersi due alti magistrati, sospettati di aver pilotato alcuni procedimenti, approfittando del loro ruolo. Si trascina dietro una carica dirompente l´indagine condotta dai giudici di Potenza sul conto di toghe sino a poco tempo fa adagiate su poltrone strategiche del palazzo di giustizia ionico.

I pm Cristina Correale e Ferdinando Esposito hanno messo sotto inchiesta l´ex procuratore capo di Taranto Aldo Petrucci e l´ex coordinatore dell´ufficio gip-gup Giuseppe Tommasino. Nello scottante caso è coinvolto anche l´avvocato Leonardo Conserva, ex sindaco di Martina Franca. Gravi le imputazioni contenute nelle informazioni di garanzia, con le quali gli inquirenti hanno concluso la loro attività. 

I pm lavorano sull´ipotesi di concorso in corruzione in atti giudiziari ma Petrucci, ora procuratore minorile a Lecce, deve difendersi anche dall´accusa di peculato per le tante telefonate private fatte dagli apparecchi di servizio. Su Tommasino, inoltre, aleggia la contestazione di rivelazione di segreto d´ufficio. L´inchiesta ruota proprio sul rapporto stabilito tra le due toghe, piazzate a Taranto a presidio di snodi obbligati delle inchieste. Da quelle postazioni, sostengono i pm lucani, Petrucci e Tommasino si sarebbero scambiati favori a ripetizione sviando l´attività giudiziaria. 
Tutto ha preso il via da una segnalazione alla procura di Potenza, competente ad indagare sui magistrati ionici. L´attività delegata ai carabinieri ha rivelato più di una sorpresa, saltate fuori da diverse testimonianze e acquisizioni documentali. Così si sono fatti largo i sospetti su quel binomio in grado di gestire il destino dei fascicoli, spedendo in archivio quelli "sgraditi". Tra i presunti beneficiari l´ex primo cittadino di Martina, Leonardo Conserva. Il procuratore Petrucci, a parere dei pm potentini, si sarebbe assegnato un procedimento sul conto del sindaco. Le indagini sarebbero state condotte in maniera poco approfondita spianando la strada all´archiviazione, firmata puntualmente dal gip Tommasino. Ma tra sindaco e procuratore sarebbe nata una vera amicizia, tradotta dai pm nell´accusa di corruzione, in virtù delle consulenze comunali, per un valore di 283.000 euro, dirottate da Conserva verso lo studio legale in cui lavora la figlia del magistrato. 
Quello che riguarda il sindaco di Martina, però, è solo uno dei capitoli del rimpallo di favori che si sostiene si sia sviluppato tra il terzo piano del Tribunale, dove c´è l´ufficio del procuratore, e il pianterreno dove si trova quello del capo dei gip. Lo stesso Tommasino, oggi in aspettativa perché componente della commissione per il concorso di notaio, sarebbe stato graziato da Petrucci. Era finito nei guai nel 2004 dopo una clamorosa indiscrezione. Un imprenditore, coinvolto nello scandalo sanitopoli, aveva saputo in anticipo del suo imminente arresto per una storia di forniture pagate a peso d´oro. Quella fuga di notizie aveva mandato su tutte le furie il pm titolare dell´inchiesta, che aveva preteso un´indagine interna. Seguendo le tracce nel sistema informatico del Tribunale si era risaliti al desk dal quale era stato violato il registro generale. Era la scrivania di un cancelliere che non aveva esitato a puntare il dito contro Tommasino. 
A quel punto sarebbe intervenuto il procuratore capo che, dopo essersi assegnato l´indagine, aveva iscritto sul registro degli indagati solo il cancelliere, poi scagionato, insabbiando la posizione dell´amico gip. A distanza di anni, però, ci ha pensato la procura di Potenza a risistemare i pezzi del puzzle incriminando l´ex capo dei gip. Dopo quella ciambella di salvataggio, Tommasino avrebbe ricambiato il favore. Nel giugno del 2006 sul suo tavolo arrivò la richiesta di rinvio a giudizio per una banda accusata di rapine. Anche in questo caso sarebbe scattata l´intesa. Dal procedimento venne estromesso, con sentenza di non luogo a procedere poi annullata in Cassazione, un giovane tarantino. Quell´uomo era il marito di una conoscente del procuratore e per questo a Tommasino avrebbe chiuso un occhio. Ora i due magistrati hanno a disposizione venti giorni per farsi interrogare, nel tentativo di allontanare l´accusa di aver degradato la giustizia ad un affare tra amici.

di Mario Diliberto - Repubblica del 22 febbraio 2009

venerdì 20 febbraio 2009

La Provincia ammonita dalla Giunta Cristella

Impianto Progeva, situazione di stallo. E l’assessore comunale all’Ambiente Licia Catucci scrive al suo omologo in Provincia, Michele Conserva. Punto di partenza, il nulla di fatto registrato intorno al tavolo tecnico-politico congiunto tenutosi una settimana fa a Laterza, nel corso del quale - fa notare l’amministratrice laertina - “è emerso che la bozza di progetto di miglioramento tecnologico proposto dalla Progeva non può scontare un parere dei consulenti da voi incaricati in quanto, proprio perché bozza, non è stato presentato ai sensi delle normative vigenti”.

Una bozza di progetto - lo ha ricordato anche il presidente del consiglio Franco Frigiola nei giorni scorsi - che poco dice sulla definitiva soluzione del problema dei cattivi odori immessi nell’atmosfera dall’azienda di compostaggio. Da qui l’invito dell’assessore Catucci ad “assumere ogni utile iniziativa per avviare concretamente il procedimento di cui trattasi presso il competente Servizio della Provincia”. In buona sostanza, niente sarebbe cambiato dal consiglio comunale del settembre scorso e dall’intesa a tre sottoscritta fra i due enti e l’azienda (blocco dell’impianto fino ad avvenuta rimozione degli effluvi maleodoranti in questione). Intesa evidentemente rimasta senza riscontri se l’assessore Catucci manda ora a dire in Provincia che sono trascorsi ormai cinque mesi dal quel consiglio, in cui “sono stati presi precisi impegni sia da parte della Progeva che delle parti politiche, impegni che la Progeva non risulta aver rispettato in quanto, ad oggi, non ha informato l’amministrazione comunale della sospensione dell’attività per il periodo concordato”. 
Si naviga a vista, insomma. Con lo spettro della stagione calda che aleggia minaccioso. Per questo il Comune sollecita adesso la Provincia a “comunicare l’esito di eventuali controlli effettuati presso l’impianto e i provvedimenti adottati” e a predisporre “ogni utile misura atta a tamponare l’emissione dei cattivi odori, soprattutto nel periodo primavera-estate, fino a quando non sarà stata individuata la reale soluzione della problematica”. Magari - scrive l’assessore Catucci - seguendo l’esempio della Provincia di Milano, che in settembre ha prodotto atto di diffida nei confronti di un’azienda che, in analogia con il caso laertino per quanto concerne le molestie olfattive prodotte dal ciclo di lavorazione, svolge attività di compostaggio nel comune di Albairate. Se non ci saranno risposte, in municipio mettono in conto altre diffide. 
Destinazione Provincia.
19/02/2009 -  Francesco Romano  - La Gazzetta del Mezzogiorno

PRESTO LA GRADUATORIA PER I MEDICI DEL SET 118 PER TARANTO E PROVINCIA

COSTANTINO (PD) : PRESTO LA GRADUATORIA PER I MEDICI DEL SET 118 PER TARANTO E PROVINCIA

BARI – Continua la definitiva messa a regime del Servizio di emergenza territoriale meglio noto come 118. Mercoledì scorso, 18 Febbraio, è scaduto l’avviso pubblico per incarichi a tempo determinato di medici idonei all’impiego. Sono pervenute alla sede della ASL di Taranto 8 domande, per cui è in corso il controllo di validità. I contratti da stipulare saranno di un anno e prevedono 38 ore settimanali. Tra i titoli preferenziali il possesso dell’attestato regionale di idoneità e l’attività di servizio presso Guardia Medica. O ancora una specializzazione in Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza, Medicina Interna, Chirurgia Generale, Anestesia e Rianimazione, Cardiologia, Pneumologia oppure naturalmente un corso di alta formazione nell’area dell’Emergenza Medico Chirurgica. Naturalmente i partecipanti devono essere abilitati all’esercizio della professione ed iscritti all’Albo dell’Ordine dei Medici e Chirurghi. Questo avviso pubblico è il naturale corollario dell’accordo recentemente raggiunto con la FIMG, la Federazione che riunisce i medici di famiglia e che ha risolto disposto aumenti salariali ai colleghi impegnati in questo compito gravoso. La graduatoria che sarà predisposta consentirà di colmare i buchi d’organico e di postazioni lasciati dalla precedente non programmazione ad opera del centrodestra.
Tanto gravido di parole, puntualmente diffuse senza memoria e contradditorio alcuno, quanto carente di fatti. L’avviso pubblico indetto dalla ASL diretta da Domenico Colasanto consentirà inoltre di sanare anche l’assenza del medico sulla postazione di Laterza per la quale si produsse polemica mediatica. Ricordo che il Sindaco di Laterza (n.d.r. del PDL) aveva detto di essere in grado di trovare lui dei medici. Naturalmente non ne ha trovati come stiamo aspettando ancora l’elettrocardiografo per l’Ospedale di Castellaneta donato con i soldi dei sindaci del versante occidentale.
I cittadini dovrebbero iniziare a capire che una cosa sono gli annunci, altra è la risoluzione amministrativa dei problemi, rispettando le procedure e garantendo la continuità e la qualità dei servizi. Nella Sanità disastrata ereditata appena 4 anni fa, dopo un quasi ventennio di gestione politica di centrodestra, è questo il percorso che abbiamo seguito. E dalla chiusura degli ospedali alla loro riapertura, fino al contenimento del disavanzo della Sanità Pugliese crediamo si possa parlare di un successo assoluto. Abbiamo veramente lavorato per i Pugliesi, liberandoli peraltro dai ticket imposti dal duo Fitto- Palese. Li stessi che uno a Roma e l’altro a Bari continuano a spremere soldi dalla Puglia per finanziare la politica del Governo. Qualcuno dovrebbe dire chiaramente queste cose ai cittadini.

Bari, 18 Febbraio 2009
Il Consigliere Regionale del PD
Paolo Costantino

giovedì 19 febbraio 2009

POST VELTRONI - by Lucifero

Non ho difficoltà a confessare tutta la mia avversione nei confronti, non nella persona del “NANO” , è sempre il presidente della mia squadra di calcio, il Milan, ma del suo modo di concepire la politica, le istituzioni: cosa propria sono!; tuttavia devo riconoscere che il vero vincitore delle elezioni sarde è stato proprio “BELLACHIOMA” che ha accelerato la resa dei conti nel PD.

Veltroni lascia la segreteria, ma le colpe non sono tutte e solo sue.

Nel Pd sono confluite tante anime diverse, un esperimento di genetica politica accettabile nel contenitore Ulivo, ma pericoloso nell'isolamento in cui si trova oggi il PD tanto da accentuare più i contrasti che le convergenze e, peggio, non si è mai ricercato la sintesi culturale, la definizione di un'identità, l'indicazione di una strategia indispensabile per non suscitare attriti.

Si è navigato a vista con un partito acefalo, né di centro né di sinistra, diviso tra due anime , incapace sui grandi temi di prendere vere e concrete decisioni.

L'attività di opposizione parlamentare è stata timida, balbettante, inconsistente, sempre al traino di iniziative del governo senza mai incalzarlo, precedere, proporre.

Si è avuto la sensazione di acquiescenza, adesione, inerzia, collusione quando non complicità e questo ha dato grande spazio all’opposizione di Di Pietro.

Chi dopo Veltroni?......Letta?....Bersani?

Non si tratta di scegliere tra chi patteggia con il Vaticano e chi con i rifondaroli: non si è né laici e né riformisti; né tantomeno si sceglie tra chi flirta con le cosidette “lotte” della FIOM, più che della CGIL, contro CISL-UIL: non si è autonomi e non c’è distinzione dei ruoli, anzi si continua a considerare il sindacato come cinghia di trasmissione di sovietica memoria.

Sarebbe l’ora che l’intera classe dirigente si togliesse dai marroni per dare spazio a un nuovo gruppo dirigente di giovani, età massima 40 anni e, mi si consenta, (a)comunisti e (a)democristiani, cioè giovani non egemonizzati dalla cultura comunista e né da quella democristiana, in grado di far nascere un vero partito democratico, riformista e laico, anche se questo costerà la perdita di qualche teodem o di qualche costola di sinistra.


Tratto da http://lucifero.bloog.it/

OnLus La Luce Incotro 19/02/2008 ore 18:00

Ancora una manifestazione per la Onlus la Luce Pubblica Assistenza Croce Azzurra di Laterza. Nell' ambito del progetto "novembre1989-novembre2009:20anni al servizio del cittadino e delle istituzioni", e' previsto un incontro sul tema: Adozioni a distanza:equa distribuzione delle risorse.
L'incontro si terra' oggi alle ore 18 presso la Cittadella della Cultura di Laterza.
La manifestazione vede il patrocinio del Comune-Consulta della Associazioni, della Provincia e della Onlus Italia Solidale.
Dopo i salute del vice presidente della OnLus la Luce, sig. Fedele Mele e del vice sindaco del Comune avv. Leonardo Pugliese, ci saranno gli interventi dell'ing.Pierpaolo Lamola- Onlus Nuovi Orizzonti e del sig. Basilio Solazzo-Onlus La Luce.
Al termine le conclusioni del dott. Gianni Florido presidente della Provincia. Moderatore dell'incontro il dott. Michele Cristella del Corriere del Giorno.
dal Corriere del Giorno

mercoledì 18 febbraio 2009

Mills di questi giorni

di Marco Travaglio

Per il Tribunale di Milano l'avvocato David Mills, ex consulente della Fininvest di Berlusconi, è stato corrotto con 600 mila dollari provenienti dalla Fininvest di Berlusconi per testimoniare il falso in due processi a carico di Berlusconi. Notizia davvero sorprendente, visto che Mills aveva confessato tutto in una lettera al suo commercialista (“ho tenuto Mr B. fuori da un mare di guai nei quali l’avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo”) e poi alla Procura di Milano. Mistero fitto sul nome di Mr.B, cioè del corruttore. Il sito del Corriere, attanagliato da dubbi atroci, titola: “I giudici di Milano: Mills fu corrotto”. Da chi, non è dato sapere.Labili indizi, secondo voci di corridoio, condurrebbero a un nano bitumato, che poi era l’altro imputato nel processo, ma è riuscito a svignarsela appena in tempo con una legge incostituzionale, dunque firmata in meno di 24 ore dal Quirinale nell’indifferenza della cosiddetta opposizione. Ora Mills dichiara: “Mi è stato raccomandato di non fare commenti”. Da chi, è un mistero. Purtroppo l’ignoto raccomandatore s’è scordato di tappare la bocca anche ai suoi innumerevoli portavoce, che han commentato la sentenza come se avessero condannato lui: “Condanna politica e a orologeria”. Anche la Rai s’è regolata come se la condanna riguardasse il padrone, cioè il premier: infatti non ha inviato nemmeno una videocamera amatoriale a riprendere la lettura della sentenza. Uomini di poca fede: non han capito che Berlusconi non c’entra, che Mills s’è corrotto da solo. Infatti, subito dopo la sentenza, non s’è dimesso il presidente del Consiglio. S’è dimesso il capo dell’opposizione.

Veltroni e le responsabilità dei riformisti

Il Partito democratico è senza un Capo, nel momento in cui Berlusconi si riconferma leader incontrastato della destra, anzi padrone del Paese, che tiene ormai in mano come una "cosa" di sua proprietà, tra gli applausi degli italiani. Il risultato della Sardegna era atteso come un test nazionale e ha funzionato proprio in questo senso, rivelando la presa sul Paese di questa destra, che vince anche mentre attacca il Capo dello Stato, rinnega la Costituzione, offre un patto al ribasso alla Chiesa e non riesce ad affrontare la crisi economica. L'Italia sta con Berlusconi. E come conseguenza, il Pd va in frantumi. L'uscita di scena di Walter Veltroni mentre tutti i capipartito ieri gli chiedevano di restare è un gesto inusuale in un Paese di finti abbandoni, di dimissioni annunciate, di mandati "messi a disposizione": talmente inusuale che può persino essere seme di una nuova politica, dove finiscono le tutele, gli scambi, le garanzie reciproche di una "classe eterna" che si autoperpetua. Ma quelle dimissioni erano ormai obbligatorie. Il Pd trascinava se stesso nel deserto della sinistra giocando di rimessa in un'agenda politica imposta da Berlusconi, prigioniero di un senso comune altrui che non riusciva a spezzare. Il segretario - il primo segretario di un nuovo partito, dunque in qualche modo il fondatore - ha detto in questi mesi cose anche ragionevoli e giuste. Ma non è mai riuscito a spezzare l'onda alta del pensiero dominante, anche quando le idee della destra arrancavano davanti alla realtà, diventavano inadeguate, non riuscivano a mordere la crisi economica.

Il problema vero è che non c'è stato un altro pensiero in campo oltre a quello della destra, un pensiero lungo, riformista, moderno, occidentale, di una sinistra risolta che con spirito nazionale e costituzionale sappia parlare all'intero Paese, cambiandolo. Di questa insufficienza, la responsabilità è certo di Veltroni, ma la colpa è dell'intero gruppo dirigente che oggi si trova nudo ed esposto dalle dimissioni del segretario, e palesemente non sa che pesci pigliare. Dev'essere ben chiaro, infatti, che se Veltroni paga, com'è giusto, nessuno tra i molti sedicenti leader del Pd può considerarsi assolto, per due ragioni ben evidenti a tutti gli elettori. La prima, è nel gioco continuo di delegittimazione e di interdizione nei confronti di Veltroni, come se il Pd fosse riuscito nel miracolo di importare al suo interno tutti i veleni intestini e i cannibalismi con cui la destra di Dini e Mastella da un lato e la sinistra di Bertinotti e Pecoraro dall'altro avevano prima logorato e poi ucciso il governo Prodi. Con Berlusconi non solo leader ma egemone di una destra ridotta a pensiero unico, i Democratici hanno parlato sempre con mille voci che volevano via via affermare vecchie autorità declinanti e nuove identità incerte, e finivano soltanto per confondersi, imprigionando il leader e impaurendolo. La sintesi paralizzante di tutto questo è la guerra tra Veltroni e D'Alema, che nel disinteresse totale degli elettori litigano da quattro partiti (pci, pds, ds e pd), mentre nel frattempo il mondo ha fatto un giro, è nato Google, ci sono stati cinque presidenti americani e l'Inter è tornata a vincere lo scudetto. La seconda ragione è nell'incapacità del gruppo dirigente nel suo insieme di produrre una chiara cultura politica di riferimento per gli elettori, la struttura di idee di una moderna forza di progresso, la definizione di che cosa deve essere il riformismo italiano oggi. Il deficit culturale è direttamente un deficit politico. Perché come dimostra il caso Englaro le idee oggi predeterminano le scelte politiche, soprattutto in partiti che sono nati appena ieri, e dunque non hanno un portato storico, una cultura di riferimento elaborata negli anni, una struttura di pensiero a cui potersi appoggiare. Ridotto a prassi, il Pd non poteva che appiccicare le sue figurine casuali nell'album di Berlusconi, dove la prassi sostituisce la politica, l'energia prende il posto della cultura, la figura stessa del leader è il messaggio e persino il suo contesto. Ecco perché il deficit culturale diventa oggi deficit di leadership. Il progetto del Pd è rimasto un grande orizzonte annunciato: il superamento del Novecento, la fine della stagione grigia e troppo lunga del post-comunismo, l'approdo costituente e definitivo della cultura popolare irriducibile al berlusconismo, anche dopo la crisi evidente del cattolicesimo democratico, la speranza di crescita di una sinistra di governo, che coniughi finalmente davanti al Paese la rappresentanza e la responsabilità, la difesa della Costituzione e dello Stato di diritto e il cambiamento di un Paese immobile, la rottura delle sue incrostazioni e delle troppe rendite di posizione. Per fare questo serviva un partito forte ma disarmato, nuovo in quanto scalabile, aperto perché contendibile, e tuttavia presente sul territorio, nell'Italia dei comuni, in mezzo ai cittadini. Un partito forte della serenità delle sue scelte. Ci vuol tanto a spiegare che la sinistra è in ritardo nella percezione dell'insicurezza, e tuttavia è una mistificazione sostenere che questa è la prima emergenza del Paese, una mistificazione che mette in gioco la civiltà italiana dei nostri padri e delle nostre madri? È davvero così difficile sostenere che credenti e non credenti hanno a pari titolo la loro casa nel Pd, ma il partito ha tra le sue regole di fondo la separazione tra Stato e Chiesa, tra la legge del Creatore e la legge delle creature? Soprattutto, è un tabù pronunciare la parola sinistra nel Partito democratico, pur sapendo bene che socio fondatore è la Margherita, con la sua storia? Quando ciò che è al governo è "destra realizzata", anzi destra al cubo, con tre partiti tutti post-costituzionali e l'espulsione dell'anima cattolica dell'Udc, come può ciò che si oppone a tutto questo non definirsi sinistra, naturalmente del nuovo secolo, risolta, europea e riformista? Molte volte il Pd non sa cosa dire perché non sa cos'è. È stato certo una speranza, per i milioni delle primarie, per quel 33,4 per cento che l'ha votato alle politiche, segnando nelle sconfitta con Berlusconi il risultato più alto nella storia del riformismo italiano. Oggi quella speranza è in buona parte delusa e prende la via di una secessione silenziosa, cittadini che si disconnettono dal discorso pubblico, attraversano una linea che li porta in qualche modo nella clandestinità politica, convinti di poter conservare individualmente una loro identità di sinistra fuori dal "campo", pensando così di punire un intero gruppo dirigente che giudicano colpevole di aver risuscitato qualche illusione, e poi di averla tradita. Ma come dimostra il risultato di Soru, il migliore tra i possibili candidati in Sardegna, senza l'acqua della politica non si galleggia. Non è il momento della secessione individuale, della solitudine di sinistra. Berlusconi dopo il trionfo personale in Sardegna può permettersi di aggiornare la sua strategia, rinviando la scalata al Quirinale, che farà, ma più tardi. Oggi può provare a prendere ciò che gli manca dell'Italia. Napoli, la Campania. Poi portare la sfida direttamente nel cuore della sinistra del Novecento, a Bologna. Quindi pensare a Torino, magari a Firenze. Chiudere il cerchio. Per poi finalmente pensare ai giornali. Il Pd in questi mesi si è certamente opposto al governo Berlusconi, e anche a suoi singoli provvedimenti. Ma a me ha dato l'impressione di non avere l'esatta percezione della posta in gioco, che non si contende, oggi, con il normale contrasto parlamentare e televisivo di una destra normale. Qui c'è in campo qualcosa di particolare, l'esperimento di un moderno populismo europeo che coltiva in pubblico la sua anomalia sottraendosi alle leggi, sfidando le istituzioni di controllo, proponendosi come sovraordinato rispetto agli altri poteri dello Stato in nome di un rapporto mistico e sacro con gli elettori. Un'anomalia vittoriosa, che ha saputo conquistarsi il consenso di quasi tutti i media, che ha indotto un riflesso di "sazietà democratica" anche a sinistra ("il conflitto di interessi esiste ma basta, non ne posso più") che ha reso la sinistra e il Pd incapace di pronunciare il suo nome mentre non sa pronunciare il nome del suo leader: e che quindi proprio oggi, per tutte queste ragioni, può chiedere apertamente di essere "costituzionalizzata", proponendo di fatto all'intero sistema politico, istituzionale e costituzionale italiano di farsi berlusconiano. Se questa è la partita - e con ogni evidenza lo è - dovrebbero discendere comportamenti politici e scelte all'altezza della sfida. E persino del pericolo, per una sinistra di governo. Dunque il Pd, se vuole continuare ad esistere - cominciare davvero ad esistere: il partito non ha nemmeno ancora un tesseramento - deve capitalizzare le dimissioni di Veltroni, come la spia di un punto d'allarme a cui è giunto il partito, ma anche come un investimento di generosità. Deve restituire infine un nome alle cose, leggendo Berlusconi per ciò che è, un potere anomalo e vincente, che tuttavia può essere battuto, come ha fatto per due volte Prodi. La situazione è eccezionale, non fosse altro per la crisi gravissima della sinistra davanti al trionfo della destra. Si adottino misure d'eccezione. Capisco che è più comodo prendere tempo, studiarsi, far decantare le cose, misurare i pericoli di scissione, cercare una soluzione di transizione. Ma io penso che serva subito una soluzione forte e vera, la scelta di un leader per oggi e per domani o attraverso un congresso anticipato o attraverso le primarie. È in gioco la stessa idea del Partito democratico. Ci si confronti su programmi alternativi, idee diverse di partito, schemi di alleanza chiari, qualcosa di riconoscibile, che si tocca con mano, in modo che il cittadino si veda restituita una capacità reale di scelta. Quei leader che oggi dovrebbero sentirsi tutti spodestati e dimissionari, per l'incapacità dimostrata di costruire una leadership collettiva, facciano un patto pubblico di responsabilità, pronti ad accettare l'autorità del segretario e l'interesse del partito - per una volta - , invece di minacciare scissioni striscianti, veti feudali. Solo così ritroveranno quel popolo disperso che conserva comunque una certa idea dell'Italia alternativa a quella berlusconiana: e chiede per l'ultima volta di essere rappresentato.

di EZIO MAURO - La Repubblica, 18 febbraio 2008

martedì 17 febbraio 2009

“Ecatombe di posti nel Mezzogiorno. Pagheranno pure i docenti di ruolo”

È un’ecatombe senza precedenti quella che sta per abbattersi sugli organici della scuola statale. Il prossimo anno scolastico inizierà, infatti, con 42.100 cattedre in meno. Per l’anno successivo è previsto un altro sacrificio di 25.600 posti di insegnamento e, infine, un ulteriore salasso di 19.700 cattedre sarà effettuato per il 2011. In tutto: un taglio di 87.400 cattedre. A farne le spese saranno soprattutto i precari. Specialmente al Sud, dove peraltro rischiano il posto anche i docenti di ruolo, sui quali pende l’incognita della dichiarazione di esubero e della successiva messa in disponibilità per 24 mesi, con tanto di licenziamento allo scadere del periodo.
La situazione è talmente drammatica dall’avere spinto il ministero dell’istruzione, alle prese in questi giorni con il decreto sugli organici per il prossimo anno (in attuazione della manovra estiva), a considerare la possibilità di consentire ai precari di inserirsi nelle graduatorie di più province contemporaneamente. L’ipotesi allo studio prevede, infatti, la permanenza nella graduatoria a esaurimento di attuale collocazione e la possibilità di chiedere l’inserimento in altre 2 o addirittura 3 province. Nelle nuove province, però, l’inserimento avverrebbe in coda. La situazione, oltre che drammatica è anche paradossale. A fronte di una carenza cronica di cattedre al Sud, che vede assottigliarsi sempre di più il numero delle cattedre e il numero degli alunni, al Nord, invece, per trovare i supplenti non di rado le scuole devono ricorrere alle messe a disposizione.
In sostanza, dunque, le scuole del Nord, per assumere i docenti, dopo avere scorso senza esito le graduatorie di istituto, assumono i supplenti interpellando i precari che si rendono disponibili con delle semplici dichiarazioni presentate in segreteria. E nella maggior parte dei casi si tratta di docenti inclusi nelle graduatorie del Sud che sono rimasti senza lavoro e che si vedono costretti ad emigrare. Si tenga presente, peraltro, che le retribuzioni che vengono erogate a coloro che accettano le supplenze dai presidi sono ancora più basse di quelle dei supplenti che vengono assunti con incarichi conferiti dagli uffici scolastici o dalle scuole polo. Mentre ai primi viene attributi lo stipendio intero, sebbene al minimo contrattuale, ai precari assunti dai presidi viene applicata una decurtazione che corrisponde all’importo dell’ex compenso accessorio. E se si assentano per malattia hanno diritto alla metà della retribuzione solo per un mese. Dopo di che, nulla. Tra l’altro sulla questione della mancata attribuzione degli scatti di anzianità ai precari c’è anche una sentenza della Corte di giustizia europea che dovrebbe essere applicata anche in Italia. Ma finora non è successo nulla (si veda ItaliaOggi del 6 novembre 2007). Insomma, assumere precari fa risparmiare alle casse dello stato un bel po’ di soldi. L’amministrazione però sarebbe intenzionata a chiedere l’autorizzazione ad immettere in ruolo almeno 20mila precari: 15mila docenti e 5mila Ata. Insomma una boccata di ossigeno che riaccende la speranza per i 130mila precari che lavorano attualmente nelle scuole di tutto il paese con contratti a termine. Le immissioni, se ci saranno, verranno concentrate al Nord. Anche perché nel Mezzogiorno a rischiare il posto non ci sono solo i precari, ma anche i docenti di ruolo. Per questi ultimi si fa avanti lo spettro della riconversione coatta oppure della mobilità intercompartimentale. Ipotesi questa che non dispiacererebbe ai più. Ma il problema è che i posti nelle altre amministrazioni sono pochissimi. Anzi sono talmente pochi che l’amministrazione scolastica non è riuscita a ricollocare nemmeno i docenti inidonei, che sono appena 5mila, per i quali è stato costituito un ruolo a esaurimento. E dunque, se non sarà possibile ricollocare i docenti in esubero in altri insegnamenti o altre amministrazioni bisognerà applicare gli articoli 33 e 34 del decreto legislativo 165/2001. Una disciplina che risale al 1993, che fu introdotta dall’allora governo Amato. Ciò vuol dire che gli in collocabili saranno messi nelle liste di disponibilità a stipendio ridotto e poi licenziati.
di Antimo Di Geronimo


ItaliaOggi, 17 febbraio 2009


venerdì 13 febbraio 2009

UN ALTRO PAESE E' POSSIBILE

Il degrado che oggi attanaglia il nostro paese è frutto della spregiudicatezza di molti e non meno , se vogliamo dirci la verità, del disinteresse di molti altri che hanno rinunciato ad occuparsi di ciò che accadeva intorno. Forse è ora di svegliarsi; è ora che i cittadini ritornino a sentire la propria responsabilità come diritto e come dovere e che siano capaci di pretendere da chi si candida per governarli il rispetto di un programma, la coerenza con un ideale, l'attenzione per il bene comune.
Vincere la passività, non assuefarsi allo scandalo.
Per sollecitare e promuovere la partecipazione della gente abbiamo organizzato per il GIORNO 15/02/2009 l'assemblea di cui si dà qui di seguito notizia dettagliata.Tutti sono invitati per proporre, ascoltare, accogliere e cercare di dare concretezza ad idee e progetti; per fare politica, insomma, quella vera, quella con la p maiuscola che tocca a tutti, ma proprio a tutti, di dover fare. Appuntamento quindi a

DOMENICA 15 FEBBRAIO 2009 11:00
VIA PORTA PIA, 12 LATERZA

Noi crediamo che:

"UN ALTRO PAESE E' POSSIBILE"

In questa città, la mancanza di un indirizzo politico e culturale e di regole trasparenti hanno consentito alle lobbies politico-economiche di imporre il prevalere dell'interesse privato su quello pubblico e di impedire qualsiasi reale processo partecipativo e democratico nel governo della città.

giovedì 12 febbraio 2009

Laterza/I dubbi dei consiglieri e dei tecnici della Provincia: la copertura non basta Progeva, progetto da rivedere

LATERZA - «Progetto da rivedere ed approfondire». La Progeva, ieri mattina, non ha passato l'esame della conferenza dei capigruppo, aperta a tutti i consiglieri comunali, cui hanno partecipato anche un tecnico ed un consulente della Provincia. Tutti d'accordo, in sostanza, nel rimandare ad un esame più approfondito la bozza presentata dall'azienda che tanto ha fatto parlare di sè per via dei cattivi odori. Troppo “povera” l'ipotesi progettuale che fa riferimento alla copertura del materiale lavorato, peraltro con la previsione di nuove biocelle ed un biofiltro. Interventi che secondo Franco Frigiola, presidente del Consiglio, «nulla dicono sulla soluzione del problema». In pratica, servirà un progetto più particolareggiato che poi «venga valutato in un'apposita conferenza dei servizi ed eventualmente con un passaggio in Consiglio comunale nel caso sia necessaria una variante urbanistica».
Dubbi sostanziati dal prof. Onofrio Laricchiuta che, per conto della Provincia, ha parlato apertamente «di un'azienda insalubre» rispetto all'attuale configurazione. Senza che il progetto presentato dica molto di più sul come sarà chiuso (senza effetti collaterali) il processo produttivo in futuro e su che cosa non ha funzionato in passato. Ed è proprio su questo che il Pd, per bocca di Franco Catapano, chiede «un approfondimento che spieghi come si migliora un'attività che, però, dev'essere orientata a produrre fertilizzante organico di qualità compatibilmente col territorio e l'ambiente». «Con il Comune - conclude Catapano - che però deve smettere di cercare lo scontro a tutti i costi con la Provincia. Meglio sarebbe, e questo chiediamo, valutare il progetto in Consiglio comunale tutti insieme».


M. D'O.
Corriere del Giorno
12/02/2009