giovedì 14 maggio 2009

Quei parolai pericolosi

Non porta bene alla sinistra suonare l'allarme democratico e gridare contro la deriva autoritaria in arrivo. In proposito, ho qualche vecchio ricordo da cronista politico. Nel marzo 1972 si teneva a Milano il XIII Congresso del Pci, quello che avrebbe eletto Enrico Berlinguer segretario del partito. Mentre i lavori erano in corso, l'editore Giangiacomo Feltrinelli si uccise, maneggiando in malo modo una carica esplosiva che doveva far saltare un traliccio a Segrate. Era chiaro che si trattava dell'errore di un guerrigliero incapace. Ma il Pci, pur sapendo tutto, preferì parlare di complotto contro la democrazia.

A farlo fu Berlinguer, nel discorso conclusivo del congresso. Era un leader politico ritenuto saggio, eppure si abbandonò a dietrologie senza senso. Spiegò che il cadavere di Feltrinelli sotto il traliccio gli sembrava "una spaventosa messa in scena". Chiamò il partito a vigilare "contro le centrali di provocazione italiane e straniere". E invitò l'opinione pubblica "a una grande sollevazione per spezzare ogni tentativo di svolta autoritaria".

I suoi avversari del momento erano Arnaldo Forlani, segretario della Dc, e Giacomo Mancini, leader del Psi. Potevano essere considerati dei golpisti in potenza? Penso di no. Infatti il golpe non ci fu. Al posto dei carri armati, nel maggio 1972 arrivarono le elezioni parlamentari. Il Pci non ricavò nulla dai tanti allarmi: appena uno 0,2 per cento in più. Il Psi scese sotto il 10 per cento, ma perché ormai stava alla canna del gas. E la Dc trionfò, portando a casa quasi 13 milioni di voti, il 38,7 per cento, undici punti in più dei comunisti.

Ma le sinistre, cocciutamente, continuarono a parlare di derive autoritarie. Gli Anni Settanta furono l'epoca del Golpe Ininterrotto, figlio di quella buonadonna della Trama Nera. Mentre il terrorismo brigatista cominciava a uccidere, il Pci seguitò a strillare contro l'imminente colpo di Stato della destra, dei militari, della Cia americana. Ricordo che venne anche predisposta una rete clandestina di appartamenti, nei quali rifugiarsi se fosse scattata la maledetta Ora X. E a metà degli anni Settanta il gruppo dirigente del Bottegone visse qualche notte di terrore.


Adesso la storia si ripete, però in forme grottesche. Messe nell'angolo dal governo del Caimano, le opposizioni estraggono dagli armadi la vecchia mercanzia del pericolo autoritario: biancheria ingrigita, tarlata, che sa di muffa. Mentre il mondo trema per il gigantesco crack di Wall Street, il Partito Democratico e l'Italia dei Valori agitano lo spauracchio delle velleità golpiste del centro-destra. Si evoca la democrazia svuotata e il pericolo che l'Italia diventi come la Russia di Putin. E qualcuno si spinge ancora più in là.

Leoluca Orlando, portavoce di Tonino Di Pietro, ci spiega che rischiamo assai di peggio. Ossia di diventare come l'Argentina del generale Jorge Videla, con tutti gli orrori che ne conseguiranno. Il suo leader azzarda un altro passo e si dà alla fantapolitica. Avendo studiato la storia d'Europa sui Bignami in uso presso i liceali frettolosi, Di Pietro c'informa che siamo alla Repubblica di Weimar, quella che in Germania partorì il mostro hitleriano. Infine Tonino, l'uomo più intervistato d'Italia, se la prende con i 'grandi giornali'. E ci spiega che da noi "il pluralismo non esiste. Al suo posto c'è un oligopolio fatto di conflitti d'interesse".

Bisogna spingersi a tanto per galvanizzare una base infiacchita e mandarla in piazza nelle manifestazioni previste in ottobre? Il Bestiario ritiene che il moltiplicarsi dei parolai pericolosi sia la spia di un disagio più profondo: la sfiducia nelle proprie capacità politiche e la convinzione di non saper reggere al cospetto di un governo del Caimano che duri cinque anni.

Ma se è l'impotenza a suggerire tante assurdità, dobbiamo prepararci al peggio. Non ci sarà limite per i parolai pericolosi. E anche per quelli che, invece di dare aria ai denti, disegnano vignette. Sull'ultimo inserto comico dell''Unità', si vede un tizio che impugna una rivoltella e spara al ministro Renato Brunetta.

Posso dire che cosa mi ha ricordato quel disegno, presentato come satirico? Le vignette di 'Lotta Continua' contro il commissario Luigi Calabresi. Lui perché gettava gli anarchici dalle finestre della questura. Brunetta perché prepara i forni crematori per i fannulloni d'Italia. Coraggio, avanti così, in questo paese di santi, di navigatori e di parolai mandati in Parlamento e strapagati con le nostre tasse.

Gianpaolo Pansa
(03 ottobre 2008)
L'Espresso

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ma la stessa cosa vale anche per laterza?

Francesco Vasto ha detto...

Di Pietro sta diventando patetico. Oggi ha annunciato che presenterà una mozione di sfiducia nei confronti del presidente del consiglio. Vorrei tanto capire come questa proposta possa essere ricompresa tra le "..azioni e provvedimenti determinanti"? (per usare le sue parole)