giovedì 24 gennaio 2008

Sì, è proprio il paese delle anomalie!

Questa mattina, leggevo un articolo sul sole 24 ore radiocor, che 11 atenei Italiani sono stati dotati "di un gruzzolo di 74 borse di studio finanziate dal sistema camerale,dall'Ice e da alcune aziende”, con l’obiettivo di reclutare in India, giovani universitari particolarmente brillanti ai quali offrire le borse di studio per completare il proprio curriculum e di effettuare degli stage remunerati in aziende italiane.” L’articolo continua ancora …”Si è aperta così la possibilità di un collegamento stretto e durevole tra le risorse, manageriali e tecniche indiane di prossimo inserimento nel mercato del lavoro e le imprese italiane al fine di offrire alle nostre aziende partecipanti al progetto, l’opportunità di ASSUMERE A FINE CORSO, giovani specializzati nei propri settori operativi, o di reclutarli nelle filiali delocalizzate in India. Bene bene, mi chiedevo a fine lettura, ma tutto questo straordinario interesse a far crescere le professionalità straniere in Italia per dare loro l’opportunità di fare stage remunerati oppure essere assunti anche in Italia non è come dare un calcio nel culo forte a tutti quei “bamboccioni italiani” a detta del caro prossimo ex ministro Padoa Schioppa, che si sono fatti un mazzo esagerato a studiare in Italia, prendendosi lauree, master, qualifiche etc…e che adesso sono a spasso senza alcuna certezza che prima o poi troveranno un lavoro? Perché la Farnesina non fa finta che l’Italia stessa sia la “Nuova India” e si interessa per far sì che anche i nostri ragazzi abbiano la possibilità di fare stage remunerati nelle nostre aziende e magari anche l’opportunità a fine corso di essere assunti. Perché non fanno un sondaggio e chiedono a nostri laureati se sono mai stati pagati durante il periodo dello stage? Sono sicuro che la percentuale sarebbe molto molto bassa, in particolare al Sud, il terzo mondo dell’Europa. E sì…, è proprio il paese delle anomalie, anzi delle pazzie folli.

Un commento non firmato

1 commento:

Anonimo ha detto...

E’ davvero il paese delle anomalie, bis! Adesso, il povero è al nord e il ricco al sud

di Emiliano Fittipaldi – L’espresso
La forbice nel potere d'acquisto non è mai stata così ampia: con lo stesso reddito in diverse regioni la ricchezza reale cambia moltissimo. E qualcuno pensa di intervenire


Pochi barbieri sanno che il listino per il taglio di barba e capelli è un parametro che gli economisti di tutto il mondo utilizzano come metro per misurare le differenze dei prezzi tra un territorio e un altro. "Il barbiere è un piccolo autonomo, e in genere pratica quei costi minimi che servono a mandare avanti l'attività e vivere dignitosamente. Una perfetta cartina di tornasole: quando il negozio è caro, è assai probabile che saranno onerosi anche altri beni e servizi della città", conferma Luigi Campiglio, ordinario di Politica economica alla Cattolica. L'inchiesta de 'L'espresso', che ha elaborato le uscite di sei famiglie, parte proprio dai Figaro d'Italia, che per shampoo e rasata chiedono cifre diversissime. Creando involontariamente una scala che mostra meglio di qualsiasi altra variabile le enormi differenze per identiche spese, gap territoriali che se non considerati rischiano di deformare qualsiasi dibattito su salari nominali e recupero del potere d'acquisto.

Partiamo dalla Sicilia. A Palermo in una zona semicentrale un'acconciatura costa 9 euro, mentre a Milano e Torino è difficile scendere sotto i 15. Oltre il 66 per cento in più. Se a Firenze te la cavi con 12 euro mancia esclusa, agli estremi opposti ci sono Napoli e Trento: a Portici, il barbiere sotto casa chiede dai 6 ai 10 euro massimo. "Ma molti servono i clienti anche negli appartamenti, e lì il taglio può costare 3 o 4 euro", racconta Anna Buccino, madre di famiglia e insegnante a contratto. Il capoluogo del Trentino, al contrario, è tra le città meno a buon mercato del Paese: un taglio maschile costa in media 22 euro. La barba è a parte. Confrontando i listini dei parrucchieri con il costo di voci più significative (casa e alimenti, trasporti e abbigliamento), le discrepanze, come promettono gli economisti, restano in gran parte invariate
Il gioco del barbiere racconta plasticamente una realtà spaccata in due, in cui la qualità della vita è strettamente legata alla latitudine: al Sud con uno stipendio medio o medio-basso si campa più che dignitosamente, mentre al Nord famiglie di pari reddito sono vicine alla soglia di povertà. "Il principio di eguaglianza orizzontale deve considerare il potere d'acquisto reale, della corrispondenza matematica tra gli stipendi non ce ne facciamo niente", sbotta Campiglio. Così se dipendenti e piccole partite Iva riescono a difendere le posizioni nel Mezzogiorno, il ceto medio perde status e capacità d'acquisto soprattutto nelle metropoli settentrionali.

La differenza tra prezzi ha origini antiche, e nel dopoguerra venne combattuta attraverso il sistema delle gabbie salariali, basate su differenziali regionali nelle retribuzioni. Nel 1969 alcune battaglie campali del sindacato portarono all'omogenizzazione delle buste paga, nonostante le divergenze sul mercato del lavoro, sul livello di competitività e produttività fossero rimaste del tutto invariate. L'andamento isterico dei prezzi da sempre rispecchia la mancanza di coesione socio-economica del Paese: il gap di spesa può sfiorare il 30 per cento, un divario che non si riscontra all'interno di nessun altro membro dell'Ue. "Oggi non parlerei di gabbie, è una parola sfortunata", dice ancora Campiglio: "La chiamerei 'flessibilità territoriale salariale', un mezzo fondamentale per aiutare i soggetti più in difficoltà. Il governo si è impegnato a irrobustire le retribuzioni: spero che Prodi non punti solo ai redditi inferiori ai 40 mila euro lordi l'anno, ma guardi anche alla classe media del Nord. Dai dati Sunia sappiamo che il canone medio di affitto raddoppia se ci si trasferisce da Bari a Milano: non stupiamoci poi se la mobilità di operai e colletti bianchi è bloccata".

Per ora il piano salva-stipendi sembra ruotare intorno a detrazioni Irpef per i lavoratori dipendenti, a dote per i figli, al congelamento dell'Iva di benzina e del metano per il riscaldamento. Nessuna misura ad hoc che permetta a chi risiede nelle carissime metropoli del Centronord di respirare un po'. Eppure basta confrontare la capacità di spesa di un campione di famiglie residenti in diverse città, con redditi simili e identico numero di componenti, per rendersi conto che la qualità della vita migliora, al netto dei servizi e dei tassi di occupazione, proprio scendendo verso Sud.

(16 gennaio 2008)

Forse il genio del Sig. Fittipaldi, dimentica che al Sud, l’unica cosa che si può fare “forse” è quella di arrivare alla quarta settimana perché la mamma, la zia, la nonna, il cognato, il cugino etc…ti regalano, quando ne hanno di più, i prodotti della terra che coltivano! Per il resto, le tasse che si pagano sono percentualmente dello stesso importo, la benzina costa uguale, il riscaldamento altrettanto, in compenso, non ci sono strutture e infrastrutture adeguate o efficienti, se vuoi frequentare scuole di eccellenza, ti devi spostare al nord, il che significa per una famiglia del sud costi per l’abitazione, viaggi, spesa quotidiana, a Roma, Milano o Torino (che sono al nord!), se ti devi curare, devi fare i mitici viaggi della speranza, al nord, il che ancora una volta significa , costi per spostamenti, vitto e alloggio; ancora…se vuoi che tuo figlio/a riesca ad avere uno straccio di lavoro dove almeno viene pagato, gli vengono corrisposti i contributi e il suo merito riconosciuto…indovina un po’, devi andare al Nord. Infine, lo sa il Sig. Fittipaldi che al sud, soprattutto gli uomini si sono attrezzati con le macchinette per tagliarsi i capelli “fai da te”? così non spendono nemmeno i 9 €, che destinano alle spese della terza settimana! E’ davvero sicuro il Sig. Fittipaldi che il ricco stia al Sud e il Povero al nord? Perché non fa la prova!!!???