giovedì 10 luglio 2008

Il paese più inquinato e rumoroso di Italia

LATERZA - Il piccolo Platone laertino. Ieri il Corriere ha pubblicato la lettera di Domenico Savino sull’avanzante degrado del suo paese, Laterza. Quella lettera non è una delle tante, di cittadini amareggiati e prostrati da una rabbia impotente, che si rivolgono ai giornali, come i lupi solitari e i randagi di notte ululano alla luna dopo aver abbaiato a tutti per tutto il giorno. Domenico Savino è stato a lungo una delle poche menti della politica del centrodestra laertino. Non ha l’allure dell’intellettuale, ma ne ha le letture e la voglia di divulgazione. Eccezionale organizzatore culturale, ha portato in paese il presidente della Fondazione Sturzo, per parlare di don Luigi Sturzo, e Agnese Moro, per parlare di suo padre in quanto padre. Oratore lucido e appassionato, eloquente, partigiano quant’altri mai, com’è quando si predica ciò in cui si crede, redattore di due giornali locali, uno dei quali da lui fondato. S’era illuso, Savino, di poter svolgere per i piccoli Dionigi di Laterza il compito che s’era prefisso Platone per i Dionigi siracusani: illuminarli per una amministrazione giusta e operosa. Non poteva

non fare la fine del grande filosofo: è stato venduto come schiavo, anzi peggio: è stato allontanato come molesto dalla loro vista. Nella parte più triste della sua lettera, quella finale, si legge: “ho interpellato "la politica" che mi ha invitato a rivolgermi ai funzionari e dirigenti di settore”. Per questo genere di venture il dialetto ha un’immagine d’insuperata icasticità: “veniva mandato da Erode a Pilato”: per dire dei potenti incapaci di trovare al Cristo un motivo per toglierlo dai piedi dei poteri forti del posto, scribi e farisei, ma non del capo del mondo, l’imperatore.

Finendo nella rinuncia della responsabilità, Savino è finito nello scherno. Che cosa diceva Savino ai suoi politici, coloro per i quali aveva scritto infinite righe, nelle quali descriveva la speranza come una realtà in fieri?

Elencava il degradarsi di ciò che essi stessi avevano fatto in qualche anno di operosità: un ricordo il risanamento di incroci pericolosi all’ingresso del paese, fontane senz’acqua, erbacce, invece del verde, panchine scrostate, la colonna, una graziosa stele, su cui svetta la Madonna, circondata di piastrelle di maiolica in disfacimento e sporca l’acqua sottostante, il Palazzo marchesale un incessante cantiere, la fontana medievale dimenticata e il vialone che la congiunge al Santuario ormai dissestato, la pineta affianco al Santuario piena di mucchi di schifezze, scuole elementari da cui cadono pezzi di intonaco.

Non si chiede Savino da dove derivi questa incuria. Egli è anche uno dei padri di queste opere che stanno andando a male, e il dolore sopraffà la ricerca delle cause. La causa è che si abbandona ciò che non è più utile. Ma la funzionalità e la bellezza di quelle opere sono utili alla popolazione; perché, allora, le si abbandona?

Così è dovunque, così è perché, a Laterza e altrove, le opere non furono fatte per la popolazione, ma per chi le faceva. Un’opera pubblica, infatti, può rendere un servizio alla città, ma può anche essere un grande palcoscenico, su cui appagare la propria vanagloria fino al giorno dell’inaugurazione. Se lo scopo di un’opera è il palcoscenico su cui far sgambettare e sproloquiare il committente, invece di dare un’utilità al popolo, è inevitabile che gli smaniosi di sempre nuovi palcoscenici, lascino alla fatiscenza quelli su cui si sono esibiti.

Vedere che il far politica dei “suoi” non perseguiva il Bene comune, per Savino, cattolico praticante e quindi seguace di questo concetto tomista, è stato il crollo di un mondo. Eppure i segni che così sarebbe stato erano inequivocabili. I cattolici praticanti vedono a occhio nudo i cercatori del Bene comune. Essi sono elencati nelle Beatitudini: i puri di cuore, i miti, i misericordiosi, i cercatori di giustizia, gli operatori di pace. I cattolici dicono anche che gli uomini vanno giudicati dalle loro opere. Ma anche dalle loro omissioni. Chi non si cura della vivibilità della sua gente nelle piccole cose non se ne cura in nessuna cosa.

Laterza è uno dei paesi più inquinati e rumorosi in Italia, proprio nel momento in cui è indispensabile un po’ di silenzio e di pulizia, a sera, senza dar fastidio ad automobilista al lavoro, nessuno ostacola o fa cessare un’interminabile processione di vanesi in macchina con smog e clacson; e magari in casa sta un malato, un vecchio solo, uno che è tornato dal lavoro ed è stanco; o, d’estate, chi vorrebbe sedere sul marciapiede, per un po’ di fresco e due chiacchiere rasserenanti con i vicini. Si potrebbe aggiungere lo scempio che è stato fatto dell’antica chiesa del Purgatorio, togliendole la sacralità e trasformandola in dozzinale auditorium; il trattare da inesistente il centralissimo Monumento ai caduti; la mancata valorizzazione della gravina e delle sue vestigia interne; l’essere diventato un paese le cui case costano un occhio della testa: per dire solo delle cose di più stringente attualità e di maggiore

interesse sociale. Nella storia di Laterza i momenti salienti sono stati quelli dei maiolicari secenteschi, dei briganti ottocenteschi, dei moti bracciantili del secondo dopoguerra e dei tombaroli degli anni ‘70. Poi il tran tran, più o meno chiassoso. Eppure è stato detto, e scritto, che mettere insieme murge e boschi, gravina con i suoi ovili e le sue chiese rupestri, Santuario

mariano con la sua meravigliosa grotta con l’effigie della Madonna, monumenti storici, archeologia, tradizioni contadine e culinarie, sarebbe stato possibile avere una meta culturale, sociale ed economica, innescare un circolo virtuoso. Ma per vedere l’insieme, e volerlo realizzare, occorrono due cose: lungimiranza e passione per il Bene comune, virtù assenti non solo nei politici, ma nell’intera intellighentsia laertina, salvo quale voce urlante nel deserto, alle quali oggi s’è aggiunta quella di Savino: un altro degli intellettuali o profeti che da tremila anni s’affannano invano per far introdurre nella comunità il senso dell’essere ciascuno per tutti: che non l’Universo è fatto per noi, come diceva Platone, ma noi per l’Universo”.

Michele Cristella – Corriere del Giorno – 10 luglio 2008

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Leggi, leggi anche il giornalista Cristella si è accorto dell'inconcludenza e nocività dell'amministrazione Cristella, .... folgorato sulla strada per Damasco?

Unknown ha detto...

ecco bravo, era da giorni che ci pensavo ma non mi veniva la parola...

LUNGIMIRANZA...ecco cosa ci serve

Unknown ha detto...

intanto, nel paese più inquinato d'italia, i giovani si divertono ad inquinare ancora di più.

Guardate cosa ho trovato su youtube:
Questi stupidi si divertono a far reagire acido muriatico e alluminio. La soluzione esplode se chiusa in un contenitore...e poi che fanno? gettano l'acido cloridrico nella campagne...nella macchia mediterranea.
Com'è che aveva scritto savino? ...la madre degli imbecilli è sempre in stato interessante.
Ecco i link


http://it.youtube.com/watch?v=l1YsPle4HB8&feature=related

http://it.youtube.com/watch?v=mpNAaMIBbBg&feature=related

ah...dimenticavo: DON'T TRY THIS AT HOME!!!!!

Anonimo ha detto...

Ieri sera stavo andando in piazza e' sono stato travolta da una puzza disarmante. Ho avuto un forte conato di vomito.
Solo su via Roma non ho avvertito la puzza, perche' era troppo forte la puzza delle macchine.
Maria P.

Anonimo ha detto...

ma la questione dei debiti come siamo messi? l'altro giorno mi è capitato vedere il video di youtube del sindaco che diceva che i "debiti non ce ne sono ... debiti non ce ne sono ...". Chi ha ragione il sindaco o catapano?

Anonimo ha detto...

Se non ci fossero debiti sicuramente non si sarebbe aumentate le tasse e si sarebbe, invece, dato inizio a inifinte opere pubbliche per soddisfare la sete dei costruttori.
Volevo porre dei quesiti ai lettori del blog:

- Perche' costano troppo le case a Laterza, non solo in rapporto alla qualita' della vita, ma anche in relazione alle medie nazionali?

-Perche' a Laterza non si ha la distinzione del giusto o sbagliato?
Ovvero perche' nessuno, o quasi, non si indigna se si inquina o si appesantisce l'ambiente, se si spacciano droga o soldi falsi, o se gli amministratori rubano?
Questo sentimento di indifferenza o di apatia, perche' non smuove le coscienze comuni?

Anonimo ha detto...

Domanda semplice, risposta semplice:
Laterza è un paese narcotizzato!
La domanda più difficile da cosa è narcotizzato?

Anonimo ha detto...

Come mai Michele Cristella si rivolge, con ragione, a Domenico Savino come un piccolo Platone e non risparmia critiche al PD di Laterza, che da sempre, ha denunciato questa situazione e cose ben piu' gravi?

Anonimo ha detto...

Michele Cristella ha riabilitato e reso giustizia a Savino perchè a Laterza siamo tutti codardi e vigliacchi capaci di vendere anche la nostra dignità. Savino ha fatto critiche evidenti e visibili.
Il Pd sta recuperando credibilità e consenso ma può fare di più, forse l'opinionista è esigente?

akerfeldt ha detto...

Le grandi opere cristelliane. Le grandi opere inutili. Specie nel suo primo mandato il Sindaco è stato affetto da una certa smania di fare, dalla preoccupazione di dar tangibilità al motto di derivazione mussoliniana che ha ispirato e ispira la sua azione politica: “fatti non parole” (tra l’altro con queste ha da sempre dimostrato scarsa dimestichezza). Una sorta di bulimia nastrotomica che ha portato a “fare per inaugurare”, per ergersi a demiurgo del paese, senza valutare se quanto fatto potesse davvero essere di pubblica utilità. Agli esempi lampanti riportati da Savino e rilanciati enfaticamente da Michele Cristella (fontane spente, pinete trascurate…), ne aggiungerei un altro:la tensostruttura sita accanto al Liceo Scientifico. In un memorabile comizio della scorsa campagna elettorale comunale, il Sindaco, subito dopo aver parlato del Palazzo Marchesale, la definì pomposamente contenitore culturale, poi con abile volo pindarico la ridusse alla stregua di una discoteca affermando che grazie ad essa i giovani laertini non avrebbero più dovuto spostarsi “per poter andare a ballare”. Un proditorio salto logico da un concetto di cultura di ascendenza umanistica a un concetto di cultura di derivazione antropologica attuato nello spazio di pochi secondi. Fatto sta che, sia per la prima che per la seconda accezione del termine, il contenitore è rimasto spesso vuoto, riempito, vado a memoria, solo in pochissime occasioni (il giorno dell’inaugurazione, un paio di feste liceali). Perché questo sottoutilizzo? Forse perché in quanto a destinazione d’uso l’opera è un doppione di altre(auditorium, cittadella della cultura...)? Un chiaro frutto di una politica dello strafare?