domenica 6 luglio 2008

Made in Italy: mozione in difesa di tessile e moda

Made in Italy o non proprio. Buona parte dei prodotti che a livello mondiale vengono spacciati per italiani non lo sono. Lo denunciano numerose indagini effettuate dalle organizzazioni internazionali per il commercio che da alcuni anni pongono anche l’allarme sulla tracciabilità del prodotto.
I settori a rischio sono soprattutto quelli del tessile e della moda con le esportazioni cinesi destinate a raggiungere quote da record nei prossimi anni.
Ad occuparsi della problematica che rischia di creare 200mila nuovi disoccupati in Italia (le stime sono della WTO – ndr) è l’onorevole Ludovico Vico, parlamentare pugliese del PD, componente della Commissione Attività Produttive della Camera e relatore di una mozione sul tema che approderà in Parlamento il prossimo 7 luglio.
Scaduti i termini di proroga per le quote che a livello europee bloccavano parte dell’export cinese ora l’Italia, paese con maggiori produzioni da difendere nel settore, potrebbe subire l’assalto di una concorrenza senza margini e regole.
E’ già accaduto negli Stati Uniti – afferma l’on. Vico – nel 2004 quando sono scadute le barriere all’importazione fissate dagli accordi Wto, furono di colpo importati 18,2 milioni di camice contro le 941mila del gennaio 2003. Ci fu il conseguente licenziamento nello stesso mese di 12.200 operai tessili americani. Un crollo verticale non solo del mercato del lavoro ma anche delle norme che regolano la sicurezza e la protezione dei consumatori.
La cronaca a tal proposito fornisce ulteriori elementi d’analisi.
Da una recente relazione della Guardia di Finanza, emerge che nel solo 2003 sono stati sequestrati ben 13 milioni di giocattoli contraffatti e addirittura 26 milioni nei primi otto mesi del 2004. – dice Vico - Che il rischio sia elevato lo testimonia anche una campagna dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma che rileva che il 2,6% dei bambini ricoverati presso di loro nell’anno 2002-2003 si sia infortunato in incidenti domestici in larga parte causati dal giocattoli non certificati CE.
Un dato che dovrebbe preoccupare anche il comparto tessile, basti considerare che alla fine di ottobre 2007 l’Ufficio Europeo per la lotta antifrode (OLAF), in collaborazione con le autorità austriache, ha scoperto un vasto traffico illegale di tessuti e scarpe provenienti dalla Cina.
La frode organizzata – spiega Vico – tramite false fatturazioni, false dichiarazioni d’origine e la sottostima (fino a 15 volte) del valore reale di mercato, riguardava soprattutto jeans, t-shirt e diversi tipi di scarpe sportive.
Una frode che solo in dazi doganali inevasi ha avuto un impatto globale sul bilancio della Ue di oltre 200milioni di euro.
Dunque la mozione proposta da Vico.
Abbiamo a che fare con due esigenze contrapposte – sottolinea il parlamentare PD – tutelare i diritti dei produttori italiani contro l’invasività delle contraffazioni e con essi i diritti dei consumatori e non produrre disposizioni di legge che ostacolino la libera circolazione delle merci nel mercato europee. Ma è anche vero che il nostro principale concorrente è un concorrente sui generis, che ricorre al dumping più spietato, che non garantisce la qualità del marchio e la salubrità dei prodotti e che, e non è cosa da poco, non applica leggi che garantiscono l’applicazione di norme sul lavoro anti-sfruttamento.
Un impegno che in sintesi ha prodotto un testo unificato su “Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani”, che in slalom rispetto alla coerenza e all’omogeneità con la normativa europea vigente, tenta una tracciabilità che serva a tutelare il diritto dei consumatori alla salute e il diritto dei produttori a contrastare frodi commerciali.
Il testo elaborato dalla X Commissione (attività produttive – ndr) – afferma Vico – segna un primo importante passo in questa direzione prevedendo che i produttori possano adottare il marchio “100 per 100 made in Italy” volontariamente, non entrando così in rotta di collisione con la normativa europea. Ma è d’altra parte ovvio che una normativa più rigida, in attesa dell’approvazione di un testo specifico in ambito europeo, non sia utile solo di fronte all’invasione di prodotti cinesi, ma anche a fronte delle molte attività “in nero” che fanno dell’Italia il quarto paese produttore di merci contraffatte.
Produzioni sicure e di pregio, dunque, che nelle intenzioni del legislatore dovranno rappresentare il salto di qualità verso la sostenibilità non solo economica, ma anche ambientale e della salute del made in Italy.
E’ necessario collegare marchio, tracciabilità della filiera tessile-abbigliamento, materiali riciclabili e di lunga durata, rispetto delle regole in materia di lavoro – dice Vico - associando tale specifica normativa ad una forma più estesa di etichettatura obbligatoria sulla provenienza dei capi di abbigliamento che circolano in Italia, impegnando il Governo a sostenere in sede di Unione Europea la posizione italiana sul marchio d’origine e sull’etichettatura dei prodotti, quale punto di partenza per una negoziazione e un confronto che abbia alla base la tutela del consumatore europee e il contrasto del fenomeno del dumping sociale ed ambientale.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

intanto in spagna, SENZA TANTE POLEMICHE, zapatero decide GIUSTAMENTE che negli uffici pubblici il crocifisso non deve esserci

Franco Catapano ha detto...

Il made in italy è apprezzato in tutto il mondo e merita di essere difeso e valorizzato. Lo stile italiano (moda-design-alimentare) e la sua internazionalizzazione può trainare il nostro export e migliorare l'economia.

Anonimo ha detto...

come dire...ITALIANS DO IT BETTER...