martedì 14 ottobre 2008

Meglio pagare che differenziare

Piuttosto che piegarsi alla differenziata, i Comuni preferiscono pagare. E profumatamente. E’ il circolo vizioso del rifiuto che, fuor di paradosso, sta costando un occhio della testa ai 12 comuni riuniti nell’Ato 1.
A far salire la “febbre”, nei giorni in cui sindaci, assessori e consiglieri sono alle prese con il riequilibrio di bilancio, è stato il dover fare i conti – letteralmente - con la sentenza del Consiglio di Stato dell’aprile scorso che ha consegnato alla Cisa di Massafra un pacco alto così di soldi. Ben oltre 16 milioni, euro più euro meno: a tanto ammonta il salatissimo conto presentato dal gestore della discarica ai comuni, qualcuno dei quali (come Martina e Palagiano) è ancora alle prese con stime e conteggi. E comunque vada il risultato è a cinque o sei zeri.
Il conto finale darà il totale degli arretrati, interessi legali compresi, sulla tariffa dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani a partire dal 10 luglio 2004. Tariffa, è bene ricordarlo, schizzata prima da circa 43 euro ad 83,73 a tonnellata per mano di un commissario, poi ridotta a 59 euro dal Tar e, in ultimo, riportata ad 83,73 euro proprio dal Consiglio di Stato.
Una stangata cui ha cercato di opporsi inutilmente il Comune di Ginosa, lasciato da solo proprio dall’Autorità di Bacino, che ha sul groppone almeno tre incidenti di percorso. Prima non ha deliberato la tariffa che, per legge, doveva costituire la base per la concessione rilasciata per 15 anni al gestore della discarica; poi non ha risposto all’obbligo di provvedere stabilito dal Tar; e dopo, a contenzioso in corso, non si è nemmeno costituito in giudizio, se non in prima battuta ad adiuvandum dinanzi al Tar. Tutti rilievi messi nero su bianco dal Consiglio di Stato. E oggi i comuni che fanno parte dell’Ato 1, ormai trasformato in Consorzio per la gestione del ciclo dei rifiuti, si ritrovano con una tariffa praticamente raddoppiata nel giro di quattro anni.
Non solo. Il Comune di Massafra – il cui sindaco è presidente dell’Ato 1 - ha giustamente e stavolta sollecitamente reclamato la sua quota di “ristoro ambientale”, dovendo sopportare sul proprio territorio sia la discarica sia il termovalorizzatore. Il Comune ha chiesto il 10%, ma il Tar gli ha concesso solo il 5, cioè tra i 3 e i 4 euro a tonnellata.
Nel Comune di Statte, per dirne una, temono che questi spiccioli finiranno col rimpolpare ulteriormente la tariffa, cioè aggiungendosi ad essa, piuttosto che rappresentandone una quota come, al contrario, ha più volte rassicurato il presidente dell’Ato Martino Tamburrano. Il dubbio, visto il costoso precedente, è lecito. Come finirà quest’altra partita è difficile dirlo o, forse, è solo questione di tempo e di nuovi conteggi.
Certo è che la vicenda relativa allo smaltimento dei rifiuti, con tutto il contorno di Tarsu da pagare e di raccolta differenziata che va a rilento (7,6% la media dei due Ato nei primi otto mesi del 2008), è ormai diventata una delle voci più importanti e pesanti dei bilanci comunali, oltre che di quelli familiari.
E qui importa sottolineare il particolare non secondario che il Consiglio di Stato ha posto l’accento prima sull’inerzia dell’Ato, poi sul mancato incremento della raccolta differenziata. Ad oggi, del resto, l’appalto unico per il servizio sta muovendo i suoi primi passi e chissà quando sarà operativo. Nel frattempo i comuni continueranno a sborsare cifre ingenti, senza riuscire a diminuire in modo consistente l’immondizia spedita nel termovalorizzatore (previa selezione e biostabilizzazione e con produzione di c.d.r.) e senza sfruttare le economie della cosiddetta raccolta porta a porta della frazione umida, per la quale sono già attivi gli impianti di produzione di compost Progeva (a Laterza) e Aseco (a Ginosa). Per l’umido – che rappresenta il 40% del rifiuto totale - il costo di smaltimento è fissato a 55 euro a tonnellata nell'Ato 1, contro gli 83 e passa del tal quale. Con una spesa annua per i 12 Comuni stimabile in circa 9,2 milioni di euro, su un volume di 110mila tonnellate conferite. Con differenze sensibili rispetto all’Ato 3 (che serve 17 Comuni), dove smaltire il rifiuto tal quale nella piattaforma di Manduriambiente costa 43,18 euro a tonnellata, mentre l’umido (la cui raccolta è in fase sperimentale) viene conferito nella Eden 94 al costo di 29,48 euro.
Materia e tariffe sulle quali, forse, il Piano provinciale dei rifiuti dovrebbe mettere ordine quando sarà pronto, cioè nel 2009. Mettendo mano al ciclo dei rifiuti, ma anche ad una serie d'impianti (come la preselezione di Castellaneta o il termovalorizzatore di Taranto) costati miliardi alla collettività e lasciati inspiegabilmente ad ammuffire. Molto prima, però, arriverà il commissariamento degli Ato che non hanno raggiunto il 40% di differenziata: una ghigliottina prevista nella scorsa Finanziaria e ribadita recentemente in una diffida della Regione Puglia.
Migliorare il ciclo, dunque, non è impossibile e nemmeno rivoluzionario. Servono due principi guida: produrre meno rifiuti, ma soprattutto differenziarli il più possibile. E magari qualche amministratore lungimirante.
Massimo D’Onofrio - corriere del giorno

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