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Petizione al Capo dello Stato per affermare i principi costituzionaliCon l'approvazione del Senato, il ddl Gelmini è legge. Purtroppo essa non rimedia alla piena attuazione, già decisa da questo governo, della disciplina relativa alla determinazione dei posti di sostegno per gli alunni disabili di cui alla legge finanziaria 2008, cioè alla finanziaria varata dal precedente governo, che prevedeva il rapporto 1:2 fra docente di sostegno e alunni disabili a prescindere dalla gravità.Con il ridimensionamento del sostegno, l'Italia si muove in controtendenza non solo rispetto alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, secondo cui "Gli Stati garantiranno la parità di accesso all'istruzione primaria e secondaria, alla formazione professionale, la formazione degli adulti e la formazione continua... Agli allievi che lo richiedono deve essere fornito un sostegno educativo", ma anche rispetto ad altri Paesi UE, dove ci si sta concretamente adoperando per la piena integrazione scolastica dei ragazzi con handicap.L'approvazione della legge rende dunque ancora più importante e urgente sottoscrivere la petizione dell'Osservatorio sulla legalità e sui diritti per il ripristino del rapporto 1:1 per il sostegno agli allievi con certificazione di gravità, al fine di sottoporre al presidente della Repubblica - che deve firmare la legge ed è garante della Costituzione - la conseguente violazione dei diritti costituzionali allo studio e allo sviluppo della personalità nonchè al diritto all'integrazione sancito dalla legge 104.La petizione - già sottoscritta da giuristi, medici, psicologi e da centinaia di cittadini - può essere firmata su
Firmare non è una scelta di contrapposizione ideologica, ma di civiltà.
Rita Guma,presidente
Osservatorio sulla legalità e sui diritti ONLUS http://www.italiopoli.it/www.aaalegalitadiritti.it
SEGNALAZIONI:
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1 commento:
È impressionate il numero di errori politici che Silvio Berlusconi è riuscito ad inanellare nel giro di poche settimane. Convinto che i verbi comandare e governare siano sinonimi, il premier continua pensare che per cambiare il Paese sia sufficiente la forza della sua maggioranza. Il suo modello, lo ha detto più volte, è Margaret Thatcher, il primo ministro inglese che nei primi anni '80 fece ripartire l'economia del Regno Unito, grazie a un cura da cavallo basata su tagli allo stato sociale e liberalizzazioni. Berlusconi però non è la Thatcher, l'Italia non è l'Inghilterra (dove sono le liberalizzazioni, dov'è il sussidio di disoccupazione?) e soprattutto gli studenti, i genitori e i professori che in queste ore affollano le piazze, non sono i minatori inglesi che nel 1984 furono sconfitti dopo 12 mesi di sciopero.
La scuola e l'università, a differenza delle miniere, rappresentano il cuore pulsante dello Stato. E se una riforma e un intervento duro per eliminare sprechi e inefficienze sono necessari, è chiaro che la strategia dei tagli a pioggia e non mirati è destinata semplicemente ad imballare un sistema che già oggi funziona poco.
Anche nella maggioranza, alla fine, in molti se ne stanno rendendo conto. Solo che non lo possono dire. Berlusconi odia le sconfitte e ritirare il decreto Gelmini per lui sarebbe stato come replicare l'incubo dell'estate del 1994, quando la riforma delle pensioni varata dal suo primo governo fu messa nel cassetto, di fronte alle proteste dei sindacati, solo poche ore dopo essere stata proposta.
Così il Cavaliere tenta di correre ai ripari continuando a far la faccia feroce e blindando ancor più il suo potere. Promette l'ennesima legge-grida manzoniana per perseguire penalmente chi imbratta i muri; assiste compiaciuto ai primi tafferugli tra gli studenti di Forza Nuova e quelli anti-fascisti che gli permetteranno di dire «avevo ragione, in strada sono scesi i facinorosi»; insiste per ottenere una modifica delle norme elettorali per le europee che gli consentano di mandare anche a Strasburgo parlamentari nominati e non eletti dai cittadini; avanza l'idea di fare di Mara Carfagna la portavoce unica del governo. Insomma si agita per trovare una via d'uscita, mentre la recessione comincia fare sentire il suo peso anche in Italia.
È una strategia pericolosa. Per il Paese e, paradossalmente, anche per il suo governo. Tutte queste scelte sono infatti destinate a riportare in auge il tema della Casta, di cui ormai il premier rischia di diventare l'esponente principale.
Nel momento in cui si chiede ai cittadini di stringere la cinghia, trattarli anche come sudditi non è una buona idea. Le domande che prima o poi tutti cominceranno a farsi sono evidenti: punire chi sporca i muri va bene, ma come la mettiamo con i responsabili della crisi e dei disastri finanziari? E poi, perché devono rappresentarci solo persone scelte direttamente dal capo? Perché deve fare carriera nel governo una signorina che fino a quattro anni fa era una soubrette e posava nuda nei calendari? Tutto questo ha a che fare con la meritocrazia (che viene oggi invocata a sproposito per giustificare i tagli indiscriminati nella scuola) o piuttosto bisogna cominciare a ragionare sull'oligarchia? E ancora: ma i sacrifici ce li può davvero chiedere uno degli uomini più ricchi del mondo?
Si tratta di interrogativi pericolosi, soprattutto perché a porseli per primi sono gli uomini e le donne del mondo della scuola. Gente informata e che si informa. Gente che è in grado di informare gli altri. Potenzialmente, insomma, una valanga. Per questo Berlusconi continua a gettare benzina sul fuoco, sperando che le proteste sfocino nella violenza.
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