lunedì 3 marzo 2008

Un operaio scrive, Ichino risponde

Lettera aperta (con risposta) a Pietro Ichino

Caro Pietro Ichino, sono uno dei tantissimi lavoratori che è sceso in piazza nel 2002, scioperando (più di una volta) contro il vergognoso attacco all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300 del 20 maggio 1970) da parte del Governo Berlusconi. Sono uno dei 3 milioni di lavoratori che era in piazza quel 23 marzo 2002 (abbiamo bloccato Roma, ma abbiamo camminato tantissimo). Lei ha messo come condizione alla sua candidatura nelle liste del PD, la revisione dell’articolo 18. Purtroppo questa revisione non è per estenderlo, come chiede giustamente Fausto Bertinotti, ma per limitarlo. Glielo chiedo per favore: lasci stare l’articolo 18, già ci bastano i danni causati dalla Legge 30, chiamata impropriamente legge Biagi, ma Biagi diceva cose molto diverse, diceva che dietro alla flessibilità ci dovevano essere dei forti ammortizzatori sociali, ma io nella legge 30 non li vedo, e questo ha trasformato una situazione di lavoro flessibile, in una situazione precaria. Lei è un forte sostenitore della legge 30, che secondo Lei ha aumentato l’occupazione, e non è la causa della precarietà, ma purtroppo le cose non stanno così.
Ci sono 40 tipi di contratti in questa legge, ma di diritti per i lavoratori ne vedo pochi.
Marco Bazzoni
operaio metalmeccanico

La risposta di Pietro Ichino
Occorre sgombrare il campo da alcuni grossi equivoci. La mia proposta è questa: una grande intesa fra lavoratori e imprenditori, con la quale si abolisce la giungla dei contratti "atipici"; salvo il lavoro stagionale o puramente occasionale, tutti i nuovi rapporti si costituiscono con un contratto a tempo indeterminato, che prevede una protezione della stabilità crescente con il crescere dell'anzianità di servizio. L'articolo 18 continua ad applicarsi, fin dall'inizio, per i licenziamenti disciplinari e contro quelli per motivo illecito, di discriminazione o di rappresaglia. Se invece il motivo è economico od organizzativo, la protezione del lavoratore è costituita da un congruo indennizzo commisurato all'anzianità di servizio e da un'assicurazione contro la disoccupazione di livello scandinavo, con contributo interamente a carico dell'azienda, secondo il criterio bonus/malus: l'imprenditore meno capace di praticare il manpower planning, a ogni licenziamento vede aumentare i costi aziendali.

Va chiarito che questa è soltanto una proposta mia, che ha pieno diritto di cittadinanza in seno al P.D., ma non fa parte del suo programma elettorale. Il P.D. è un grande partito laico, nel quale militano tanti giuslavoristi, sindacalisti, lavoratori, imprenditori, uniti sull'obiettivo di combattere il precariato e il dualismo del nostro mercato del lavoro; uniti anche nell'assumere come punto di riferimento le migliori esperienze europee di flexicurity; ma con idee e proposte diverse sul come perseguire questi obiettivi. Condurre a una sintesi operativa queste idee e proposte sarà l'impegno dei prossimi mesi. La novità rispetto alla vecchia sinistra, però, è che il dibattito su questo punto sarà laico, pragmatico, senza tabù, aperto al contributo delle scienze sociali.

Se accettassimo la politica dei tabù, rischieremmo di allinearci di fatto al programma della destra: il p.d.l. Sacconi (n. 1356/2007) riconferma esplicitamente il dualismo del mercato del lavoro, limitandosi a promettere agli "atipici" la garanzia dei diritti costituzionali di libertà, dignità e sicurezza: ma sarebbe una pura ripetizione dell'articolo 41 della Costituzione. Se vogliamo dare concretezza all'obiettivo della lotta al precariato permanente, dobbiamo discutere apertamente quale debba essere il nuovo equilibrio tra flessibilità e sicurezza nel nuovo contratto di lavoro; ma dobbiamo trovare un equilibrio che sia davvero applicabile a tutti i nuovi contratti che si stipuleranno d'ora in poi.

A nessuno, almeno a sinistra, può piacere un diritto del lavoro che si applica soltanto a metà dei lavoratori dipendenti, lasciando fuori tutti gli altri. Lo Statuto dei lavoratori del 1970 nella sua interezza, compreso l'articolo 18 e il titolo III sui diritti sindacali, si applica oggi soltanto a 3,6 milioni di dipendenti pubblici e 5,8 milioni di dipendenti di aziende private sopra i 15. In tutto, circa 9 milioni e mezzo, su di una forza-lavoro di oltre 22. Restano fuori quasi altrettanti lavoratori in posizione di dipendenza: non solo quelli delle piccole imprese, ma anche i collaboratori autonomi, i lavoratori a progetto, gli irregolari. Questo dualismo, questo regime di apartheid è la grande ingiustizia del nostro sistema attuale di protezione.
So bene che per molti lavoratori, sindacalisti e politici, a sinistra ma anche a destra, l'articolo 18 rappresenta il valore della sicurezza e il benessere dei lavoratori. Questo è un valore importantissimo: la civiltà di una nazione si misura dalla sicurezza e dal benessere che essa sa garantire ai propri membri più deboli. Su questo terreno, però, non possiamo eludere il problema di un diritto del lavoro che esclude metà dei lavoratori. Dobbiamo, poi, tenere sempre presente che impedire alle aziende gli aggiustamenti necessari, la possibilità di ristrutturarsi, di aprirsi rapidamente all'innovazione, finisce coll'indebolirle, riducendo la sicurezza di tutti i loro dipendenti. Guardiamo all'esperienza di Alitalia, di cui si è impedita la ristrutturazione per tanti anni: forse che i suoi dipendenti oggi possono considerarsi sicuri?
Pietro Ichino

http://lettere-erisposte.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/02/27/lettera-aperta-a-piero-ichino/

9 commenti:

Anonimo ha detto...

ma il sondaggio im prima pagina dove lo avete preso??

A me fa piacere che la forbice diminuisca, ma quel sondaggio sembra una presa in giro!!!
Per lo stesso giorno ci sono più valori...e già qui non ci siamo.
Poi la varianza è altissima.

Dai...sembra davvero un sondaggio fatto apposta..

Anonimo ha detto...

Questo è l'indirizzo da dove abbiamo preso il grafico inserito nel blog:
www.politiche2008.tocqueville.it
Non è un sondaggio ma bensì la media dei sondaggi fatti nell'ultimo mese da parte di sette istituti diversi.
Pd Laterza

Anonimo ha detto...

bhe...direi che resta comunque un sondaggio. Se fai la media della altezze di un gruppo di persone hai sempre un altezza...vabbè ma questo non è il punto.
Volevo solo far notare che, a mio modesto parere, i dati raccolti per creare le statistiche hanno una dispersione enorme.

Anonimo ha detto...

Quando un operaio muore i politici di destra, di sinistra e di centro si indignano.
Quando un operaio muore domani Prodi fa il decreto legge.
Quando un operaio muore Topo Gigio Veltroni candida gli industriali, “ma anche” un sopravvissuto della Thyssen Krupp.
Quando un operaio muore Ichino dice che “Da noi manca la cultura delle regole”.
Quando un operaio muore il Presidente della Repubblica soffre e auspica in televisione.
Quando un operaio muore Maroni dice “Non è colpa dei governi, perché le leggi ci sono”.
Quando un operaio muore nessuno parla della legge 30, dei precari, dei ricatti che subiscono, della legge del padrone e degli estintori vuoti “altrimenti vai a casa”.
Quando un operaio muore, oggi Fassino e D’Alema, ieri Berlinguer e Pertini.
Quando un operaio muore il padrone ha già messo i soldi da parte.
Quando un operaio muore la vedova e i figli finiscono in mezzo a una strada.
Quando un operaio muore i sindacati dichiarano uno sciopero di solidarietà di due ore.
Quando un operaio muore la colpa è del casco, se l’è cercata.
Quando un operaio muore la colpa è che se si lamentava per l’insicurezza veniva licenziato subito perché precario.
Quando un operaio muore è un assassinio, quasi sempre.
Quando un operaio muore faceva un lavoro a rischio, doveva succedere.
Quando un operaio muore si danno incentivi alle aziende che diminuiscono gli incidenti e non si chiudono quelle che producono i morti.
Quando un operaio muore è perché la sicurezza è troppo onerosa per la Confindustria.
Quando un operaio muore è un fatto di business, qualcuno ci ha guadagnato sopra.
Quando un operaio muore se faceva il politico campava cent’anni.

Anonimo ha detto...

Forse, non siamo stati chari a sufficienza!Ti ripetiamo che quello che vedi è il risultato di una media ottenuta dai risultati di più sondaggi fatti nell'ultimo mese da parte di più istituti. E' chiaro dunque che in uno stesso giorno avrai più risultati, motivo anche per cui, i dati hanno un'elevata dispersione! Consentici una battuta: ci auguriamo che tu non sia uno studente di statistica!!!
Pd Laterza

Anonimo ha detto...

MI CHIEDO COME FANNO I NOSTRI CARI POLITICI A LEGGIFERARE SUL TEMA DEL LAVORO?

E' UN ARGOMENTO CHE NON GLI APPARTIENE

NON LO HANNO MAI FATTO IN VITA LORO.

Anonimo ha detto...

hai scritto : "E' chiaro dunque che in uno stesso giorno avrai più risultati" perchè è chiaro?? Stai praticamente ammettendo che i sondaggi sono una boiata assurda?

Franco Catapano ha detto...

"I sondaggi sono il profumo: bisogna annusare e non bere”. Personalmente li ritengo utili solo per indicare una tendenza che tra l'altro è abbastanza consolidata, ovvero che il Pd sta recuperando rispetto al centro-destra.
L'esito delle votazioni è nelle mani dei cittadini che sino all'ultimo possono decidere di andare a votare, cambiare opinione sulla base dei programmi, dei leader e delle liste presenti.
Credo che in questo mese i sondaggi saranno sempre meno attendibili perchè rispetto alla volta scorsa i leader e le coalizioni sono aumentate.

Francesco Vasto ha detto...

Renato Mannheimer intervenendo la scorsa settimana alla trasmissione radiofonica CATERPILLAR, ha sottolineato un aspetto molto interessante riguardo i sondaggi; osservava Mannehimer che i sondaggi vengono ancora compiuti attraverso il contatto telefonico (di telefonia fissa) del campione. Questo di fatto, per quanto la scelta di campionamento sia accurata, di fatto esclude dal campione stesso alcune categorie di cittadini che difficilmente rispondono al telefono fisso, ovvero giovani e lavoratori privilegiando invece pensionati, casalinghe e disoccupati.
Questo problema sta mettendo in crisi l'intero sistema dei sondaggi e non solo in Italia.