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Secondo, la qualità dei vincoli di bilancio: la fissazione preventiva delle spese da tagliare nel triennio, varata in un'unica soluzione, può contribuire a spezzare il circuito (a volte vizioso, quasi sempre paralizzante per l'attività legislativa) dell'iter procedurale Dpef-Legge Finanziaria-Relazione unificata, e può ridurre al minimo il rituale (a volte indecoroso, quasi sempre penalizzante per i saldi finali) dell'assalto alla diligenza nelle aule parlamentari. Il "merito" del pacchetto assemblato da Tremonti non è disprezzabile, anche se contiene qualche contraddizione e molte incognite. Ci sono rilanci coraggiosi, come la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Ma anche rinunce colpevoli, come il rinvio della soppressione delle province e delle comunità montane. In linea con il suo fortunato libro "La paura e la speranza", il piano ha un'esplicita impronta "di sinistra" neo-obamiana, ma anche un'implicita componente di demagogia vetero-democristiana. Il caposaldo noto della manovra sta nella confermata Robin Hood Tax, con la quale - come ha scritto il Foglio - si punta "a ottenere un po' di gettito e molto consenso su petrolieri, assicurazioni e banche". La novità sta nel fatto che i proventi della mini-stangata sul greggio e sulla finanza andranno ad alimentare un Fondo per i pensionati al minimo, che con una carta prepagata potranno versare bollette su utenze domestiche ridotte e comprare beni alimentari nei supermarket con lo sconto. È una trovata "popolare", quasi oltre i limiti del pauperismo, che tradisce persino un eccesso di venatura ideologica. Intanto fa un certo effetto sentire un premier e un ministro di destra che parlano di "extra-profitti": per liberisti che si fregiano di conoscere la scuola di Chicago quella formula lessicale dovrebbe essere quasi una contraddizione in termini. E poi non ci si salva l'anima liberale citando i precedenti anglo-americani come la "Eccessive profit Act" del 1863: per il Tremonti post-mercatista di oggi, quasi come per le guardie rosse di Rifondazione della prima Finanziaria di Prodi, "anche i petrolieri e i banchieri piangano". Detto questo, la norma ha un suo indubbio appeal, proprio perché collegata a una "Carta per i poveri" che ricorda, in forme più moderne, la vecchia "tessera del pane": sarà molto difficile combatterla, per l'opposizione e per il sindacato. Se c'era da colpire da qualche parte, meglio farlo dove ci sono risorse, piuttosto che bastonare il solito ceto medio. E se qualche scelta analoga a vantaggio dei redditi più bassi l'avesse fatta anche l'Unione, magari anche solo per importi simbolici, forse avrebbe limitato la "Walterloo" del 13 aprile. Ma in questa tremontiana virtù apparente si nasconde anche un doppio vizio nascosto. Un vizio tecnico: come hanno rilevato Tito Boeri e poi Marzio Galeotti sul sito lavoce. info, tassare gli extraprofitti dei petrolieri, in Italia, significa colpire soprattutto l'Eni, che è l'unico vero produttore di greggio e con 6,6 miliardi di utili nel 2007 stacca per lo Stato una cedola da 1,6 miliardi. L'aggravio di tassazione rischia di tradursi in una banale partita di giro: il Tesoro si prende in imposte quello che l'Ente guidato da Paolo Scaroni gli versava in dividendi. Un vizio politico: senza prevedere sanzioni, è fatale che gli aggravi fiscali ai danni degli altri petrolieri (raffinatori e distributori, come Saras o Erg) saranno compensati con rincari del carburante alla pompa a danno dei consumatori. E questa, alla fine, diventa un'altra partita di giro: quello che Robin Hood dà ai poveri con la tassa sugli extra-profitti i ricchi se lo riprendono aumentandogli il prezzo dei rifornimenti. "L'aumento delle tasse non rientra nella nostra filosofia politica", ribadisce il ministro dell'Economia. E questo, dopo la massiccia tosatura della pecora di Palme in questi anni è senz'altro un bene. Ma anche qui si nasconde un'incognita, forse la più grande di questa manovra. È vero che non mette le mani nelle tasche degli italiani, e contiene un ricorso massiccio e doveroso ai tagli di spesa. Ma ancora una volta le vittime predestinate sono le regioni e gli enti locali, che stavolta non potranno inasprire le imposte e le addizionali. Salvo sorprese delle prossime ore, è inevitabile che scattino tagli altrettanto massicci ai servizi e al welfare locale. Non solo: a sentire l'allarme dei sindaci, e persino quello del governatore della ricca Lombardia, avamposto padano del futuro federalismo fiscale, rischiano di tornare alla ribalta persino i ticket sanitari da 10 euro sulle prestazioni specialistiche, che il governo Prodi aveva introdotto due anni fa e poi congelato lo scorso anno.
Questa sì che sarebbe una beffa da Prima Repubblica.
Più che Robin Hood, Cirino Pomicino
di MASSIMO GIANNINI
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