“Tagliano tutto e non tagliano le tasse”. Potrebbe essere questo il riassunto della dura reprimenda che il Partito Democratico ha sferrato nei confronti del governo sulle linee guida del Dpef e del decreto finanziario messo in piedi dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Un attacco a tutto campo, quello del Pd, sia per quanto riguarda il merito dei provvedimenti adottati, sia per quanto riguarda il metodo. Ad esporre la posizione del partito, in una conferenza stampa svoltasi presso la sede di via Sant’Andrea delle Fratte, sono stati il segretario Walter Veltroni, i ministri ombra di Economia e Istruzione, Pier Luigi Bersani e Mariapia Garavaglia, e la capogruppo del Pd in commissione Pubblica Istruzione alla Camera Manuela Ghizzoni.
“Abbiamo cominciato un lavoro attraverso il quale vogliamo rendere chiaro agli italiani il contenuto del Dpef varato dal governo”, afferma Veltroni. “Ora sappiamo perché ci hanno messo 9 minuti e mezzo a vararlo (come dichiarato dal ministro Tremonti, ndr), ed il perché risiede nel fatto che neppure i singoli ministri sanno cosa ci sia scritto”. Il punto di critica, in particolare, si concentra sulla questione dei tagli alla Pubblica Istruzione, alla formazione e all’università, messi in campo da Tremonti. “Vengono fatti saltare, alla cieca – spiega il leader del Pd – 150mila posti di lavoro, senza prevedere alcuna strategia per un settore così centrale per la nostra società, e senza alcuna consultazione con il ministro competente”.
Duro il ministro ombra Bersani: “Ci hanno messo 9 minuti a vararlo e 9 giorni a scriverlo. Denunciamo con forza numerosi elementi di strappo con le regole basilari previste dall’iter istituzionale”. In particolare, secondo l’ex ministro dello Sviluppo economico, è del tutto inaccettabile che “il decreto legge finanziario (che ha decorrenza immediata, ndr), entri in vigore ancora prima del varo del Dpef”, che “che la Finanziaria venga a coincidere con un decreto che si proietti per il prossimo triennio”, che vengano previste “norme che attribuiscono alla decretazione ministeriale il cambio di leggi”. Quanto al merito della manovra, scandisce Bersani, “essa è palesemente depressiva”, in quanto colpisce “i consumi popolari, i sistemi di servizio essenziali, il Mezzogiorno e gli investimenti”. In particolare, sono tre i punti principali di critica sollevati dal ministro ombra dell’Economia: investimenti in calo, omissione di politiche che tutelino il potere d’acquisto di salari e pensioni, mancata diminuzione della pressione fiscale. “Non hanno fatto altro che ripetere per due anni che le tasse erano troppo alte – chiosa Bersani – e ora invece di diminuirle le aumentano”.
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