lunedì 12 maggio 2008

LE GRANDI PERSONALITA' DELLA POLITICA


Pubblico il profilo di Schifani tratto da Se li conosci li eviti.



Schifani Renato Giuseppe (FI)Anagrafe Nato a Palermo l’11 maggio 1950.Curriculum Laurea in Giurisprudenza; avvocato; dal 2001 capogruppo di FI al senato; 3 legislature (1996, 2001, 2006).Soprannome Fronte del Riporto.Segni particolari Porta il suo nome, e quello del senatore dell’Ulivo Antonio Maccanico, la legge approvata nel giugno del 2003 per bloccare i processi in corso contro Silvio Berlusconi: il lodo Maccanico-Schifani con la scusa di rendere immuni le «cinque alte cariche dello Stato» (anche se le altre quattro non avevano processi in corso). La norma è stata però dichiarata incostituzionale dalla consulta il 13 gennaio 2004. L’ex ministro della Giustizia, il palermitano Filippo Mancuso, ha definito Schifani «il principe del Foro del recupero crediti», anche se Schifani risulta più che altro essere stato in passato un avvocato esperto di questioni urbanistiche. Negli anni Ottanta è stato socio con Enrico La Loggia della società di brookeraggio assicurativo Siculabrokers assieme al futuro boss di Villabate, Nino Mandalà, poi condannato in primo grado a 8 anni per mafia e 4 per intestazione fittizia di beni, e dell’imprenditore Benny D’Agostino, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il pentito Francesco Campanella, negli anni Novanta il piano regolatore di Villabate, strumento di programmazione fondamentale in funzione del centro commerciale che si voleva realizzare e attorno al quale ruotavano gli interessi di mafiosi e politici, sarebbe stato concordato da Antonino Mandalà con La Loggia...


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da http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/

17 commenti:

Anonimo ha detto...

Nei Paesi di ordinaria democrazia, dove l’informazione esercita il suo ruolo (guardare, controllare, raccontare) sono all’ordine del giorno le polemiche, anche aspre, e gli scontri, anche scomposti, tra i giornalisti e gli uomini del potere politico. Il conflitto, com’è ovvio, avviene sui fatti. Se siano veri o falsi, prima di tutto, se abbiano una rilevanza penale, oppure solo politica. Tradire la propria moglie con una giovane stagista non è proprio un reato tra le eleganti elites di Washington. Ma può diventare un notevole guaio politico se a farlo è l’inquilino della Casa Bianca quando per di più prova a negarlo, - “mentendo al popolo americano”, secondo l’accusa – fino a rischiare l’impeachment.

Marco Travaglio si è limitato a raccontare un fatto che riguarda la biografia di Renato Schifani. Quel fatto è vero o è falso? Ha una rilevanza penale? Ha una rilevanza politica? Interessa l’opinione pubblica, visto che nel frattempo Schifani è stato eletto presidente del Senato? Interessa l’opposizione che pure siede in Senato? Interessa il giornalismo italiano che in certi casi ha persino studiato alla Columbia University?

Renato Schifani, seconda carica istituzionale italiana, ha tutti i diritti del caso, naturalmente, compreso quello di sentirsi offeso e di replicare ai fatti raccontati. Ha persino il diritto di rimanere in silenzio, come pure ha fatto con il Tg1, divagando al solito sulla politica, quando il tema era la cronaca. Il silenzio, però, non fa onore alla sua carica e neppure alla sua prossima biografia.

Schifani, indignandosi quanto crede, dovrebbe invece dire il necessario e disdire l’ingiusto. Sempre che non adotti la linea di condotta del suo capo, il presidente Berlusconi, che quando vuol sottolineare domande proibite a sè o ai propri amici, lietamente mima il mitra.

Gli amici di Travaglio

akerfeldt ha detto...

Questa vicenda è incredibile. Lascia sgomenti. Si parla di accuse, offese, diffamazioni. Travaglio ha accennato nella trasmissione di Fazio a un fatto riportato nel libro “ I complici” scritto da Lirio Abbate con la partecipazione di Peter Gomez. Renato “Schifo” Schifani è stato socio in affari negli anni ottanta di Nino Mandalà, condannato in seguito per mafia ad otto anni. Ha detto Travaglio nel suo intervento: “amico di mafiosi”. Ha sbagliato: doveva usare il termine socio. E’ pure possibile che i due abbiano parlato negli anni della loro frequentazione solo di affari, non prendendo mai un caffè insieme, non parlando mai del Palermo Calcio o di Elvis Presley. Come due amici fanno. Grazie a Lirio Abbate di cui si sono tessute le lodi quando si è scoperto delle minacce fattegli dalla mafia dopo la pubblicazione del suddetto libro, sappiamo delle frequentazioni del nostro presidente del Senato. Perché se i fatti riportati dal giornalista siciliano sono secondo le parole della seconda carica dello Stato “inconsistenti e manipolati”(sic), questi non ha pensato di querelare Abbate e Gomez? Oppure Travaglio e Gomez allorché li hanno ripresi nel loro “Se li conosci, li eviti”. Perché solo ora che Travaglio ne ha fatto cenno in televisione c’è stata una sollevazione quasi bipartisan? La vicenda mostra ancora una volta come la “scatola magica” sia considerata, e sia effettivamente, il medium più importante e potente della nostra industria culturale. In un paese dove si leggono poco i quotidiani (ed alcuni è meglio non leggerli) e i libri, qualcosa di scomodo detta tra le quattro mura di una libreria non desta preoccupazione. Se invece essa trasmigra via etere nel tubo catodico, allora può divenire esiziale per la reputazione degli interessati. Quindi è meglio zittire, reprimere. La vicenda ricorda molto quella di qualche anno addietro, quando sempre Travaglio fu invitato da Luttazzi in tv a parlare del suo libro “L’odore dei soldi”. Mediaset, Berlusconi e Forza Italia si sentirono diffamati e querelarono Travaglio. Il tribunale ha assolto Travaglio da quelle accuse e condannato l’allegra combriccola Berlusconiana al pagamento delle spese processuali. Come è noto il programma di Luttazzi venne chiuso. Stavolta evidentemente i populisti della libertà provvisoria al potere vogliono chiudere Travaglio che è riuscito ad avere il suo spazio su “Annozero” dopo il rientro di Santoro, altro epurato, in Rai ordinato dal tribunale del lavoro di Roma: le prime avvisaglie ci sono state dieci giorni fa con il polverone alzato dopo la trasmissione di Santoro su Beppe Grillo. Stavolta ci riprovano tra l’indifferenza, anzi quasi con l’avallo della cosiddetta opposizione del Pd. E hanno dato incarico ai loro fiancheggiatori con la penna intinta nella saliva di scrivere che Travaglio è un diffamatore abituale, un cialtrone, un fracco di balle, che cerca il martirio televisivo come Biagi, Santoro e Luttazzi prima di lui, che Travaglio cerca così di vendere più copie di libri. Adducendo come scusante per Schifani e le sue conoscenze poco gratificanti che Mandalà è stato condannato vent’anni dopo che Schifani aveva chiuso ogni rapporto d’affari con questi. Forse Mandalà ai tempi del legame con Schifani era un candido petalo di rosa. Poi è divenuto un mafioso. L'attuale presidente del Senato non poteva fare l’indovino. Se è stato socio di un mafioso, che colpa ne ha lui? Non poteva immaginare che quei soci avrebbero fatto quella fine. Lui in fondo era solo consulente di un comune sciolto due volte per infiltrazioni mafiose. Insomma era proprio difficile riuscire a capire con quale gente si aveva a che fare. E’ ovvio: Schifani è stato diffamato. E senza contraddittorio per giunta. Proprio come quando lo statista Silvio Berlusconi senza contraddittorio affermò che chi votava centro-sinistra fosse coglione.

Francesco Vasto ha detto...

Abbiamo cancellato un commento diffamatorio molto grave soprattutto perchè rivolto alla seconda carica dello Stato.
Invito i visitatori a mantenere un linguaggio oltremodo corretto.

Anche se con sensibilità diverse, i gestori di questo blog non credono che le parole di Travaglio siano Vangelo e comunque su queste pagine non sono consentite affermazioni calunniose o diffamatorie come più volte sottolineato.

Anonimo ha detto...

Certo che in Italia siamo alla frutta.
Travaglio ha descritto solo situazioni riportate nella biografia di Schifani.
A parte questo non capisco la posizione della Finocchiaro, prontamente criticata da Mario Adinolfi che ha detto "Non credo che il Pd debba accordarsi necessariamente al linciaggio politico di Marco Travaglio e Fabio Fazio, anzi, se devo scegliere tra loro e Renato Schifani io so con chi sto"

Peppe Lattuga

Unknown ha detto...

ecco...prova account...mi sono registrato...

Unknown ha detto...

nessuno dice che quello che dice Travaglio è vangelo, il fatto è che non si può additare in questo modo un giornalista e un conduttore che alla fine si è pure scusato.

Francesco Vasto ha detto...

Non voglio entrare nel merito della vicenda, voglio solo sottolineare che di Schifani fino a ieri non parlava nessuno o quasi, adesso, dopo l'intervento di Travaglio, c'è gente che, in modo anonimo, pensa di essere legittimato ad esprimere giudizi che, allo stato delle cose, potrebbero anche avere risvolti penali.
Queste prese di posizioni non sono compatibili con lo spirito di questo blog.

Anonimo ha detto...

Stavolta la Finocchiaro mi ha davvero deluso. Ho capito che punta a diventare presidente del senato in un futuro prossimo, ma da qui a difendere a oltranza l'istituzione senza entrare nel merito fa del male all'istituzione che lei intende difendere. E così si va alla censura preventiva di santoro che fa vedere grillo che attacca napolitano, si va alla censura preventiva di travaglio. Piuttosto che discutere quanto detto da grillo e travaglio, si invita, anzi, si intima di tacere. Non sono bei segnali.
Angelo Romano

Anonimo ha detto...

Il presidente del Senato Renato Schifani è indignato. E’ in buona compagnia. I vertici RAI sono indignati. Anna Finocchiaro è indignata. Gasparri è indignato. Follini è indignato. Il PDL è indignato. Il PD è indignato.
L’indignazione sta tracimando dalle narici del veltrusconismo. Guareschi creò i trinariciuti. I veltruschini hanno un buco in più. Sono quadrinariciuti, due narici di sinistra e due di destra, che soffiano indignazione per la libera informazione.
Quattro narici in fila per due.
Travaglio ha fatto alcune dichiarazioni, tratte dal libro scritto con Gomez: “Se li conosci, li eviti” e da: “I complici” di Lirio Abbate e Gomez. Nessuno ha chiesto in questi mesi il ritiro dei libri. Perché?
Travaglio ha avuto il torto di fare le dichiarazioni in televisione. Milioni di italiani che non leggono i libri lo hanno potuto ascoltare. Il problema è nel media, non nel messaggio. RAISET è cosa loro.
Schifani ha spiegato che “C’è chi vuole minare il dialogo”, ma di questo non deve avere paura. Il dialogo può solo avvenire, infatti, tra due soggetti distinti, ognuno con una propria identità. I veltruschini quadrinariciuti sono la stessa cosa. Il dialogo tra Finocchiaro e Gasparri è un fatto genetico. Hanno lo stesso DNA.



Schifani ha aggiunto: “Se c’è qualcuno che deve pagare dei prezzi li pagherà”.
Inizierei dalla Spagna. Frattini ritiri gli ambasciatori e La Russa si predisponga per una nuova Guernica. E’ la giusta risposta a El Pais, il quotidiano spagnolo più diffuso con mezzo milione di copie, che ha scritto il 29 aprile 2008, due settimane prima che Travaglio andasse dallo stuoino Fazio:

“Il suo nome (Schifani ndr) è stato associato dalla stampa italiana con la criminalità organizzata siciliana, dato che negli anni ottanta fu socio in una compagnia nella quale figuravano Nino Mandalà, boss del clan mafioso di Villabate, e Benny d’Agostino, imprenditore legato allo storico dirigente di Cosa Nostra, Michele Greco”.

Anonimo ha detto...

Hanno scatenato grandi polemiche le dichiarazioni di Marco Travaglio alla puntata di ieri sera di "Che tempo che fa". Travaglio ha semplicemente affermato che il Presidente del Senato, Renato Schifani ha avuto dei rapporti con persone condannate per mafia. Si è scatenata una vera bufera. Il Pdl chiede un intervento sanzionatorio da parte della Rai, alcuni esponenti del Pd hanno criticato Travaglio (Anna Finocchiaro su tutti), alla lunga lista di critiche si è unito lo stesso direttore generale della Rai, Claudio Cappon.
Ma cosa ha detto Marco Travaglio? Ha solamente parlato del passato di Renato Schifani, riprendendo un prezzo del suo libro ("Se li conosci li eviti"):
"L'ex ministro della Giustizia, il palermitano Filippo Mancuso, ha definito Schifani "il principe del Foro del recupero crediti", anche se Schifani risulta più che altro essere stato in passato un avvocato esperto di questioni urbanistiche. Negli anni Ottanta è stato socio con Enrico La Loggia della società di Villabate, Nino Mandalà, poi condannato in primo grado a 8 anni per mafia e 4 per intestazione fittizia di beni, e dell'imprenditore Benny D'Agostino, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa".
Oggi Fabio Fazio si è scusato pubblicamente, perché il suo programma "ha sempre cercato di rispettare due principi. Il primo: consentire la totale libertà di espressione a tutti i propri ospiti. Il secondo è quello di non offendere nessuno".
Quando Marco Travaglio ha offeso Schifani? Travaglio si è solo espresso sui rapporti con la giustizia dei due soci di Schifani. Non ha parlato lui. Ha parlato la giustizia.
Solo Antonio Di Pietro si è schierato dalla parte di Travaglio, dopo aver pubblicato sul suo blog la "carta d'identità" di Schifani.
Se un giornalista diffonde semplicemente le sentenze della giustizia e viene attaccato in questo modo da tutta la casta politica, che si ricompatta quando vedono qualcuno che evoca la giustizia, siamo messi obiettivamente male.

Anonimo ha detto...

primo Consiglio dei ministri operativo del nuovo Governo sarà approvato il pacchetto sicurezza presentato da Roberto Maroni. I punti fondamentali del nuovo pacchetto dovrebbero essere questi:
chiusura delle frontiere e blocco del trattato di Schengen contro rom e rumeni; pattugliamenti, anche oltre le acque territoriali, per contrastare gli sbarchi; permanenza nei Cpt (Centri di Permanenza Temporanea) fino a 18 mesi; smantellamento definitivo dei campi rom abusivi ricorrendo inevitabilmente ad arresti ed espulsioni; inasprimento sulle richieste di asilo e sui ricongiungimenti familiari; permessi di soggiorno solo a chi garantisce un reddito.
Oggi è arrivata la prima risposta dell'Ue. "Modificare la libera circolazione dei nostri cittadini non è una cosa che si può fare in una notte - spiega un portavoce della Commissione Ue Friso Roscam Abbing - tutte le idee delle capitali vengono esaminate e se trovano sostegno da parte di tutti i governi si procede, ma al momento questa sembra essere una priorità solo italiana. E comunque per farlo ci potrebbero volere anche tre o quattro anni". La nuova azione riguardo l'immigrazione sembra, dunque, impossibile sotto molti punti di vista.
E non va dimenticato che la libertà di circolazione è uno dei principi fondamentali dell'Ue. Chiudendo le frontiere ai romeni e dando vita ad espulsioni di massa, gli accordi di Schengen andrebbero semplicemente a farsi benedire.
Inoltre, la Lega forse non si è accorta che i romeni rappresentano un sesto dell'intera immigrazione in Italia. Anche se fossero adottate queste nuove mosse, il problema si ripresenterà molto rapidamente ai loro occhi.
I primi due Paesi per immigrazione, Germania e Spagna, che ospitano rispettivamente circa 7 milioni e 4 milioni di immigrati, non sembrano avere tutti questi problemi e lì non sembra essere presente tutta questa tensione attorno al problema immigrazione.
Dopo le risposte dell'Ue non resta che aspettare la reazione della Lega. Vedremo cosa si inventerà. La Lega è, per la sua idiozia, un fenomeno quasi affascinante.

Francesco Vasto ha detto...

Casomai ce ne fosse stato il bisogno, questa campagna elettorale ha sancito con forza un aspetto su cui occorre riflettere (magari tentando di evitare le spettacolarizzazioni di Grillo e Travaglio) ovvero che per la maggioranza degli italiani, la questione morale non rappresenta una discriminante.
Dopo il polverone suscitato dalle iniziative di Grillo e dai libri di Travaglio, Gomez etc., alcune forze politiche hanno fatto della moralità la loro bandiera. Il risultato delle urne ha invece premiato proprio le forze politiche che si sono dimostrate meno sensibili alla questione.
Mentre Veltroni invitava la mafia a non votare per il PD, l’UDC (sfidando qualunque principio di buonsenso) candidava Cuffaro in posizione blindata, e Berlusconi proclamava la beatificazione di Mangano, mafioso con sentenza passata in giudicato.
Gli elementi di discernimento c’erano tutti, la possibilità di dare un voto “veramente utile” c’era pure, la maggioranza degli italiani alla fine ha scelto diversamente.
Come la mettiamo?
Siamo ancora davvero tutti convinti che la classe politica che ci rappresenta è davvero peggiore del popolo che l’ha eletta?

akerfeldt ha detto...

E’ la classe politica attraverso i grandi mass-media che deforma la società civile o è la società civile che, deformata, sceglie una classe dirigente a lei somigliante? Il determinismo è tecnologico-politico oppure è sociale? Oppure vi è un concorso di cause? Il quesito è di difficile soluzione. La risposta, a mio modo di vedere, contenuta già in nuce nei miei precedenti interventi, è la terza. Uno scadimento della politica, avvenuto nei decenni passati, ha determinato l’imbruttimento della società civile che ha ripiegato nel privato, nelle aspirazioni personali avulse da qualsiasi coinvolgimento nella determinazione del bene comune. In questo riflusso nel privato della cittadinanza la televisione, medium indiscutibilmente egemone, ha offerto un modello di vita edonistico che ha impigrito ancor di più le coscienze civiche, che ha determinato l’abbassamento della guardia, del livello d’attenzione della pubblica opinione verso tutto ciò che riguardava il "pubblico". In questo inverno delle coscienze civiche hanno avuto buon gioco politici di dubbia moralità. Quando questi, poi, arrivano a controllare la maggior parte del sistema televisivo, è davvero difficile riportare allo stato vigile coscienze intorpidite dall’oppio mediatico. La pianta buona della battaglia per la moralizzazione della politica non ha attecchito perché non se ne è discusso seriamente e con la giusta rilevanza. Quando si proclamò in piena campagna elettorale che i partiti si sarebbero impegnati a tenere fuori i condannati dal parlamento, si parlò di questo per un giorno con il solito tourbillon di dichiarazioni ( tra cui memorabili quelle di Bondi), poi l’agenda politico-mediatica assunse altri temi come dominanti tra cui, ultimo, l’importantissimo endorsement fatto da Totti a favore di Rutelli. La campagna non sarebbe forse stata più efficace se, per esempio, il TG1 dedicava quotidianamente un cammeo a personaggi poco limpidi candidati per le elezioni? “Oggi parliamo delle disavventure giudiziarie del senator Marcello Dell’Utri condannato per concorso esterno in associazione mafiosa a nove anni”. “Oggi vi raccontiamo di quella volta che Bobo Maroni, probabile ministro degli interni, morse la caviglia di un poliziotto”. “Oggi tracciamo un profilo di Enzo Carra condannato in via definitiva per falsa testimonianza”. Invece l’argomento è stato trattato di striscio, tutti a dire “Siamo d’accordo: fuori i condannati dal parlamento”. Poi rieccoli, i vari Carra, Berruti, Cesa e compagnia bella. Non basta dire “noi non vogliamo i voti della mafia”. I cittadini non possono aspettarsi che venga detto altro. I condannati c’erano anche nelle liste del Pd. Ed è invalso il pensiero comune che tutti i politici siano uguali. Ma senza cognizione di causa, senza capacità critica di discernimento tra chi della moralità in politica ne tenta di fare un impegno importante e chi lo trascura. Le plateali azioni di Grillo (non di Travaglio) per sensibilizzare la gente sul tema sono state derubricate da quasi tutti i commentatori politici a forme d’istrionismo politico, di demagogia e populismo. Una chiave di lettura agevolata dalla distorsione professionale di Grillo che tende a colorire i suoi contenuti con toni spettacolari, e messa in atto grazie alla tattica del taglia e cuci televisivo. Qualche effetto però si è visto: le passate elezioni sono state le meno partecipate della storia repubblicana. Che fare dunque: proseguire nella battaglia sulla moralizzazione della politica o gettare la spugna con gran dignità dopo il quasi vano sforzo profuso, a mò dello Stato cantato nella Don Raffaè di De Andrè? Appoggiare Travaglio, il quale, a parte un paio di ultime poco felici battute (tra cui proprio quella sulla muffa presidente del Senato dopo Schifani), non mi sembra spettacolarizzi i temi che intende porre agli occhi sonnolenti della pubblica opinione o isolarlo? Se siamo convinti che un rinascimento civico non vi possa essere ma la società sia ormai talmente deformata che riesca a esprimere solo una classe dirigente mediocre, corrotta e dissipatrice di pubblica ricchezza, allora possiamo abbandonare già adesso il campo di battaglia e rincasare tutti nel buen retiro della cura del proprio particulare. Se invece percepiamo margini di azione, questa deve partire dalla battaglia per un affrancamento del sistema mediatico dalla cappa politico-partitica di modo che ciò che può essere scomodo ai politici possa arrivare in maniera più diretta ed efficace a cittadini seduti comodi davanti al loro televisore. In modo da rompere un circolo vizioso e instaurarne uno virtuoso.

Francesco Vasto ha detto...

Ritorniamo alla questione Mangano, il messaggio era chiaro, l'elettore anche il più distratto avrà sentito di questa cosa, così come avrà notato che il PdL non ha mai pronunciato la fatidica frase che dal tuo punto di vista non può non essere detta. Bene, è colpa dei media? Occorreva un'istruzione superiore per cogliere la differenza? NO, niente di tutto questo.
Allora smettiamola di prendercela con la televisione, con i giornali e tutto il resto e ritorniamo ad una assunzione di responsabilità individuale rispetto alle nostre scelte.
Ripeto, questa volta la discontinuità poteva essere segnata, invece ha vinto chi il problema della moralità lo ritiene un problema secondario (se non addirittura un non problema).

akerfeldt ha detto...

Quindi per te, francesco, qual'è la soluzione? Ormai con questa società non c'è più niente da fare? E' inutile cambiare il sistema dei media? E' inutile parlare di moralizzazione della politica? Quante persone sanno chi è davvero Mangano? Pensi che l'informazione fatta dai grandi mass-media a riguardo sia stata sufficiente? Bastava riferire che Dell'Utri aveva detto che Mangano fosse un eroe per dare contezza a tutta l'opinione pubblica della madornalità dell'affermazione? Comunque dalla mia analisi non mi pare si evinca che la colpa sia dei soli media. Dico che secondo me c'è un concorso di cause:la crisi della politica, la società civile che non s'interessa più a ciò che è di pubblico rilievo, i modelli propagati dalla televisione. Parlo di circolo vizioso. Una azione fondamentale per ovviare a tale situazione, secondo me, può essere liberare i grandi mass media dalle catene politico-partitiche. Non so se condividi questo oppure la delusione elettorale t'abbia ormai fatto perdere ogni speranza. Un altro modo per far crescere in senso civico la cittadinanza è fare una buona politica a livello locale che coinvolga i cittadini e li tenga informati. Penso che su questo terreno il Pd laertino abbia cominciato a muoversi bene. Su questo potrai concordare?

Francesco Vasto ha detto...

Anche a costo di incorrere in una tautologia, io sono per migliorare sempre tutto: media, educatori, politica, tutto.
Però non deresponsabilizziamo del tutto gli individui dando loro una pacca sulla spalla e dicendo "non è colpa tua se abbiamo questa classe dirigente, ma sai esiste la lobby dei giornalisti e degli editori, la televisione il conflitto di interesse etc etc, tu non potevi fare di meglio e anzi ricordati che sei meglio dei tuoi rappresentanti ".
Io contesto questo modo di affrontare queste questioni.

akerfeldt ha detto...

All'Ansa di Palermo lavora Lirio Abbate, il giornalista che è cresciuto in mezzo alle intimidazioni e che anche di recente ha rischiato grosso tant'è che è obbligato a girare con la scorta. Per Abbate molte cose sono cambiate quando è uscito «I complici», scritto con Peter Gomez, in cui emerge la «zona grigia». Politici e professionisti contigui a Cosa nostra: «I primi a leggere il libro sono stati gli avvocati, un po' perché coinvolti un po' perché i loro clienti politici chiedevano se c'erano gli estremi per la querela. Non hanno trovato spiragli perché il nostro è stato un lavoro meticoloso in cui abbiamo messo in fila molti fatti. Anche su Schifani. E ora attaccano Travaglio perché lui è entrato, con la televisione, nelle case degli italiani».

Fonte: www.corriere.it