- i post-moderni: i seguaci della lezione di Bauman, tra cui si iscrive lo stesso Veltroni, continuano a pensare che la liquidità di un partito sia condizione indispensabile per intercettare nuove forme di impegno e di vitalità politica.
- i moderni-riformati: da Bersani a D’Alema, passando per Fioroni e Marini, continuano a chiedere di non abbandonare il modello territoriale proprio dei partiti novecenteschi, pur riconoscendo comunque la necessità di una riforma che lo renda più agile e veloce.
Le prospettive culturali del Pd possono essere così sintetizzate:
Che fine ha fatto la campagna risorgimentale di Veltroni, tutta inno e bandiera?
- fine dell’ecumenismo: l’unica vera ideologia del loft, non solo non è servita a guadagnare consenso ma ha addirittura provocato un’estremizzazione nel profilo degli elettori del Pd.
- moralismo: ancora una volta la sinistra dimostra la sua incapacità di gestire i paradossi della realtà, cercando sempre una spiegazione etica, quasi morale, che la rinforzi nel sentirsi diversa, almeno potenzialmente migliore e proprio per questo non capita.
- fine del marketing politico, delle candidature-spot, delle community una tantum.
- elitismo: il divario elettorale che il Pd fa registrare tra città, dove convince, e provincia, dove sprofonda, significa che l’agenda tematica che sta a cuore all’Italia profonda è fatta di temi su cui la sinistra sconta un ritardo elaborativo e una sostanziale mancanza di credibilità.
G.C. - www.runningonline.org
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