COSTANTINO (PD): DAL PD FERMO SOSTEGNO AI LAVORATORI DI NATUZZI, MIROGLIO, TBM
La crisi dei tre stabilimenti è seguita da tempo con attenzione dal Partito Democratico
BARI – Come purtroppo da tempo preannunciato i nodi congiunturali e strutturali sono venuti al pettine. Per la Natuzzi, giunta alla crisi ben prima dello stabilimento tessile operativo dal 1996, ma anche per la Tbm, operativa dal 2004. Si tratta di cassa integrazione già approvata o in via di definizione per tutti e tre i stabilimenti che insistono sul territorio ginosino. Della gravità della crisi in atto e delle possibili soluzioni ne avevamo già parlato in un convegno il 9 Aprile scorso, intuendo da subito che non era il caso di perder tempo, nonostante la campagna elettorale incombesse. Ciò probabilmente ha fatto pensare ad una iniziativa meramente elettorale, salvo poi scoprire che così non era. Non è infatti nel DNA del Partito Democratico scherzare su fatti così seri che coinvolgono la vita di centinaia di famiglie, alle quali siamo vicini. I fatti di questi ultimi giorni confermano che è ora per il PD di continuare il lavoro intrapreso. Bene hanno fatto dunque i sindacati a rigettare il Piano industriale proposto da Natuzzi che reitera una analoga richiesta di cassa integrazione nel 2005. Preannunciamo una serie di iniziative a sostegno dei lavoratori il cui numero tra i 1200 della Natuzzi in cassa integrazione ordinaria e un solo turno di lavorazione, i 238 della Miroglio in cassa integrazione ordinaria (CIGO) a rotazione per 110 dipendenti per oltre tre mesi e i 74 della TbM getta di un allarme sulla situazione occupazionale. Va detto però che le dinamiche con il quale il nostro Paese e queste aziende hanno affrontato la globalizzazione si sono rivelate al Sud, prive di respiro e col fiato corto. Si tratta ora di mettere insieme una nuova politica economica che guardi ai nuovi scenari economici, non possiamo mettere il capo sotto la sabbia. Noi faremo la nostra parte, offriamo un sostegno convinto e siamo disponibili a qualsiasi tipo di battaglia che veda assieme lavoratori, sindacati e istituzioni.
BARI, 28 Maggio 2008
Il consigliere regionale del PD
Paolo Costantino
Paolo Costantino
5 commenti:
Finalemte una politica che si interessa della gente e non si esaurisce sui palchio sui giornali.
Non dimentichiamo anche i lavoratori della Curvet e della Sural. Da dipendente Miroglio apprezzo l'interesse del consigliere Costantino alle vicende che affliggono il settore industriale Jonico. Spero sia l'inizio di una nuova fase che porti serenità a tante famiglie che in questo momento stanno vivendo un brutto periodo. Spero inoltre che anche i sindacati si diano una mossa, comincino a far valere i diritti dei lavoratori e la smettano di essere dei semplici firmatari di accordi peraltro decisi solo dall'azienda.
Speriamo che i sindacalisti smettano la casacca borghese e comincino a impegnarsi veramente per i lavoratori.
Basta compromessi.
Le alzate di ingegno della Cgil
L'abbandono del tavolo con il governo e la tentazione di farsi carico del nocciolo duro della protesta rossa
Ci risiamo. Come quattro anni fa la Cgil ancora una volta si è alzata dal tavolo del negoziato. Un pomeriggio del 14 luglio 2004, ormai passato alla storia come una delle date grigie del sindacalismo italiano, Guglielmo Epifani lasciò la trattativa con la Confindustria sulla riforma del modello contrattuale ancor prima che si cominciasse a discutere. Le conseguenze di quel gesto teatrale le hanno pagate tutti, imprese e lavoratori.
Per riprendere il filo di quella riforma e ripartire — almeno nelle intenzioni — ci sono voluti 1.400 giorni di un interminabile time out e ben due elezioni politiche. Ieri ad alzarsi dalla sedia e a lasciare la sala è stato Michele Gentile, un dirigente della Cgil poco conosciuto all'esterno, che recependo le indicazioni avute dal suo segretario generale ha ritenuto di dover abbandonare il negoziato sulla riforma della pubblica amministrazione. Poco vale che Gentile abbia addotto questioni di metodo e accusi il ministro Renato Brunetta di adottare una prassi decisionista e di rottura. La sostanza è che anche per quanto riguarda il pubblico impiego la Cgil sceglie per sé la parte del freno, carica sui suoi iscritti la responsabilità di ostacolare il percorso di modernizzazione ideato da Brunetta ma che riflette idee ed elaborazioni largamente presenti nei gruppi dirigenti del Pdl e del Pd.
Le cronache del convulso pomeriggio sindacale di ieri raccontano di contrasti attorno alla (mancata) convocazione al tavolo negoziale delle categorie del pubblico impiego e non delle sole segreterie confederali, ma l'impressione è che anche episodi di questo tipo, l'apertura di conflitti procedurali ai limiti del bizantinismo, segnalino un ritardo da parte della Cgil nel capire lo spirito del tempo. Non è più aria di riproporre la ritualità di ieri e dell'altro ieri, la maggioranza degli italiani — e non solo quelli che hanno votato per Silvio Berlusconi — chiede servizi pubblici allineati agli standard europei e non sopporta più regimi di privilegio e tutele «rafforzate» per gli statali.
È evidente che in una fase politica come l'attuale in cui il Pd fatica a uscire dall'afasia post elettorale, si può far strada in alcuni settori della Cgil la perversa ambizione di rappresentare il nocciolo duro della rivincita rossa. Un precedente c'è e porta il nome di Sergio Cofferati che, dopo la batosta alle politiche del 2001, con le bandiere della confederazione in testa nei cortei, le piazze strapiene e i dirigenti dell'opposizione costretti loro malgrado ad accodarsi, surrogò le incertezze dei Ds di allora. Sappiamo tutti però come è finito quell'esperimento. Non ha aiutato il centrosinistra a maturare una cultura di governo, ha alimentato l'illusione che si potesse ripartire da un cartello di «No». In più le differenze con quegli anni sono tante e una Cgil barricadera stavolta spaccherebbe il Pd, spingerebbe la componente modernista e liberal fuori dal perimetro del centrosinistra.
A nessuno oggi sono veramente utili le barricate. È cominciato un confronto sui temi del lavoro che ha già prodotto un primo provvedimento di sostegno del reddito — quello sarkozysta della detassazione degli straordinari — e che punta a riscrivere gli accordi del '93, a riformulare la contrattazione per farla aderire maggiormente alle esigenze di imprese e lavoratori. In più il ministro Maurizio Sacconi ha anche avanzato l'ipotesi di coinvolgere i dipendenti nell'azionariato delle società, una proposta che può essere discussa nel merito e forse resta comunque di difficile applicazione, ma che testimonia di un approccio aperto alle ragioni del mondo del lavoro e non certo di un profilo thatcheriano. Anche per questo motivo le continue alzate di ingegno non aiutano la Cgil, la separano dal resto del movimento sindacale e la condannano a custodire la memoria di vecchie cartoline ingiallite.
Sono un lavoratore della miroglio,ed e dal lontano 1996 che vivo una situazione di crisi perenne.Basti pesare alla buonanima Franco Miroglio che durante il discorso inagurale cercava e voleva a tutti i costi le famose " GABBIE SALARIALI ".
In questi dodici anni di contiuni ricorsi alle più svariate forme di approvigionamenti alle risorse economiche dello stato, la Miroglio di Ginosa chiede uno stato di crisi dovuta essenzialmente alla politica economica fatta dagli stessi imprenditori.La loro politica economica e' una politica "SANA", prendono prima i finanziamenti dallo STATO, superati i vincoli il guadagno che hanno raggiunto grazie all'impegno di giovani del Sud, una minima parte lo investono in quei paesi del terzo mondo emergenti.I macchinari poi li vendono guadagnando ancora e poi si lamentano perche' non esiste più il made in italy.
Il vero problema secondo il mio modesto parere e che LA VERA POLITICA viene fatta solo al servizio dei grandi imprenditori, e che il sindacato ormai ha cosi' tanto le mani nella "FARINA" che non è in grado di prendere delle posizioni a favore dei lavoratori dai quali pretende solo i soldi della tessera.
Noi giovani a questo punto crediamo che non tutti sono imprenditori e che la VERA POLITICA SANA non sia una politica IMPRENDITRICE una politica fatta solo per i più potenti, ma che sia una POLITICA fatta a rispettare la dignità di tutti gli uomini perche' se non c'è LAVORO non c'è DIGNITA' e LIBERTa'.
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