Ora d'aria
l'Unità, 1 maggio 2008
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Chiedendo scusa per il disturbo, senza voler guastare questo bel clima di riverenze bipartisan al neopresidente del Senato Renato Schifani, vorremmo allineare qualche nota biografica del noto statista palermitano che ora troneggia là dove sedettero De Nicola, Paratore, Merzagora, Fanfani, Malagodi e Spadolini. Il quale non è omonimo di colui che insultò Rita Borsellino e Maria Falcone (“fanno uso politico del loro cognome”, sic) perché erano insorte quando Berlusconi definì i magistrati “disturbati mentali, antropologicamente estranei al resto della razza umana”: è proprio lui. Non è omonimo dell’autore del lodo incostituzionale che nel 2003 regalò l’impunità alle 5 alte cariche dello Stato, soprattutto a una, cioè a Berlusconi, e aggredì verbalmente Scalfaro in Senato perché osava dissentire: è sempre lui. L’altroieri la sua elezione è stata salutata da un’ovazione bipartisan, da destra a sinistra. Molto apprezzati il suo elogio a Falcone e Borsellino e la sua dichiarazione di guerra alla mafia. Certo, se uno evitasse di mettersi in affari con gente di mafia, la lotta alla mafia riuscirebbe meglio. Già, perché - come raccontano Abbate e Gomez ne “
I complici” (ed. Fazi) - trent’anni prima di sedere sul più alto scranno del Parlamento, Schifani sedeva nella Sicula Brokers, una società di brokeraggio fondata col fior fiore di Cosa Nostra e dintorni. Cinque i soci: oltre a Schifani, l’avvocato Nino Mandalà (futuro boss di Villabate, fedelissimo di Provenzano); Benny D’Agostino (costruttore amico del boss Michele Greco, re degli appalti mafiosi, poi condannato per concorso esterno); Giuseppe Lombardo (amministratore delle società dei cugini Nino e Ignazio Salvo, esattori mafiosi e andreottiani di Salemi arrestati da Falcone e Borsellino nel 1984). Completa il quadro Enrico La Loggia, futuro ministro forzista. Nei primi anni 80, Schifani e La Loggia sono ospiti d’onore al matrimonio del boss Mandalà. All’epoca, sono tutti e tre nella Dc. Poi, nel 1994, Mandalà fonda uno dei primi club azzurri a Palermo, seguito a ruota da Schifani e La Loggia. Il boss, a Villabate, fa il bello e il cattivo tempo. Il sindaco Giuseppe Navetta è suo parente: infatti, su richiesta di La Loggia, Schifani diventa “consulente urbanistico” del Comune perché - dirà La Loggia ai pm antimafia - aveva “perso molto tempo” col partito e aveva “avuto dei mancati guadagni”. Il pentito Francesco Campanella, braccio destro di Mandalà e Provenzano, all’epoca presidente del consiglio comunale di Villabate in quota Udeur, aggiunge: “Le 4 varianti al piano regolatore… furono tutte concordate con Schifani”. Che “interloquiva anche con Mandalà. Poi si fece il piano regolatore generale… grandi appetiti dalla famiglia mafiosa di Villabate. Mandalà organizzò tutto in prima persona. Mi disse che aveva fatto una riunione con Schifani e La Loggia e aveva trovato un accordo: i due segnalavano il progettista del Prg, incassando anche una parcella di un certo rilievo. L’accordo che Mandalà aveva definito coi suoi amici Schifani e La Loggia era di manipolare il Prg, affinché tutte le sue istanze - variare i terreni dove c’erano gli affari in corso e penalizzare quelli della famiglia mafiosa avversaria - fossero prese in considerazione dal progettista e da Schifani… Il che avvenne: cominciò la stesura del Prg e io partecipai a tutte le riunioni con Schifani” e “a quelle della famiglia mafiosa, in cui Schifani non c’era”. Domanda del pm: “Schifani era al corrente degli interessi di Mandalà nell’urbanistica di Villabate?”. Campanella: ”Assolutamente sì. Mandalà mi disse che aveva fatto questa riunione con La Loggia e Schifani”. Il tutto avveniva “dopo l’arresto di Mandalà Nicola”, cioè del figlio di Nino, per mafia. Mandalà padre si allontana da FI per un po’, poi rientra alla grande, membro del direttivo provinciale. E incontra Schifani e La Loggia. Lo dice Campanella, contro cui i due forzisti hanno annunciato querela; ma la cosa risulta anche da intercettazioni. Nulla di penalmente rivelante, secondo la Dda di Palermo. Nel ‘98 però anche Mandalà padre finisce dentro: verrà condannato in primo grado a 8 anni per mafia e a 4 per intestazione fittizia di beni. E nel ‘99 il Prg salta perché il Comune viene sciolto per infiltrazioni mafiose nella giunta che ha nominato consulente Schifani. Miccichè insorge: “E’ una vergognosa pulizia etnica”. Ma ormai Schifani è in Senato dal 1996. Prima capogruppo forzista, ora addirittura presidente. Applausi. Viva il dialogo. Viva l’antimafia.Segnalazioni
tratti da Se li conosci li eviti di Peter Gomez e Marco Travaglio
2 commenti:
Il paese è diviso in due e non ho detto nulla di nuovo su Berlusconi. Ma ci tengo molto a sottolineare il titolo americano del libro: Riportando indietro l´orologio. Ci ritroviamo in una situazione simile a quella di sessanta anni fa e questa volta gli americani non verranno a salvarci. Anche perché sono alleati con chi è al governo.
* In un incontro al Pen club di New York, riflettendo sul ruolo degli intellettuali impegnati in politica, Eco ha così risposto alle domande di Salman Rushdie e Mario Vargas Llosa.
Rocco
I DOLORI DEL GIOVANE WALTER
"la sicurezza ha avuto un'incrinatura nel 2006. Innanzitutto all'indulto che e' stato un errore, bisogna avere il coraggio di dirlo, del centrosinistra e del partito del presidente del consiglio in pectore e del candidato avversario di Rutelli, che dichiaro' che avrebbe votato a favore se fosse stato possibile per le dinamiche interne del suo partito" (Repubblica)
Walter Veltroni, Roma 24 Aprile
Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Dopo la dolorosa sconfitta, Walterloo, come lo chiamano da dopo le elezioni , nella speranza di rinvigorire e magari trasformare la sua immagine di buonista, lancia qualche sassolino contro Alemanno, l'avversario del suo candidato sindaco di Roma, Rutelli, cominciando a parlare di indulto e di come sia stato un (gravissimo) errore del centrosinistra, che ha appoggiato in toto le richieste del centrodestra.
Bella scoperta.
Bastava leggere i numeri "da guerriglia" dei reati commessi dopo il provvedimento dell'indulto, che quotidianamente giornali, riviste, blog, siti d'informazione, giravano ai lettori, per rendersi conto della bestemmia che i nostri politici avevano attuato sulla pelle di tutti i cittadini italiani.
Bastava leggere uno dei nostri numerosi post per comprendere come l'enorme dissenso e il sentimento di tradimento, nei confronti dei partiti, montava ogni giorno di più tra l'elettorato, sopratutto di centrosinistra.
Qualche nostro lettore ci ha chiesto se l'indulto abbia pesato sul voto. Certo che ha pesato! Non è un caso che proprio quei partiti che sin dall'inizio hanno fortemente osteggiato l'indulto, siano stati premiati e abbiano raddoppiato i voti rispetto alle elezioni del 2006 come appunto Lega e IdV.
Così dopo settimane di campagna elettorale buonista, il nostro, Walterloo, punta il dito accusatore contro coloro che hanno sostenuto e approvato l'indulto. Magari parlarne prima, magari sottolineare come il suo avversario politico abbia usato l'indulto per impedire la galera ai suoi più stretti collaboratori (leggi Previti), magari evidenziare come tutte le leggi vergogna ad personam fatte dal nano venditore di spazzole abbiano ridicolizzato e distrutto il concetto stesso di giustizia.
No lui queste cose non le fa (e non le ha fatte). Lui non parla male dei suoi avversari politici. Lui è al di sopra di questi mezzucci. Lui non è come il nano venditore di spazzole.
Sta di fatto che oggi il nano venditore di spazzole potrà governare (di nuovo) questo Paese, probabilmente ininterrottamente per altri 5 anni, mentre il centrosinistra (?) continuerà a stare a guardare e se potrà farlo anche a contribuire al compimento dello sfacelo di questa povera Italia.
F.to
Comitato contro indulto
http://noindulto.blogspot.com/
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