giovedì 8 maggio 2008

LA BUONA POLITICA

Agnese Moro ricorda il padre oggi a Laterza“Incontri con la Santità”, ultimo appuntamento
«Papà ho sete, mi porti l’acqua? E’ notte fonda, papà si alza e mi porta l’acqua, o forse l’aveva portata ad un fratello, o a una sorella, e io mi aggrego. Mi porti l’acqua papà? E l’acqua arriva sempre».
Così Agnese Moro, figlia del grande statista barbaramente ucciso dalle Brigate rosse trent'anni fa, ricorda l’uomo Aldo Moro.“Un uomo così”: è, appunto, il titolo del libro di Agnese Moro (Rizzoli, 2003) che questa sera (ore 19), in Santa Croce, farà da guida nell’ultimo dei quattro “Incontri con la santità” proposti dalla parrocchia laertina, in collaborazione con l’Azione cattolica. Degna chiusura, dunque, per una rassegna che con Madre Teresa di Calcutta, don Tonino Bello e don Luigi Sturzo ha fin qui toccato espressioni diverse, eppure convergenti, di quella santità “feriale” ch e va oltre gli onori degli altari, umilmente esaltandosi (e non è un paradosso) al di qua di essi: nell’esercizio quotidiano dell’esistenza. «La Santità - scrive don Lorenzo Cangiulli, parroco di Santa Croce che con Domenico Savino e Giovanni Pietricola ha coordinato gli “incontri”- è essere gioiosi, ma è accettare anche le sofferenze fino all’estremo sacrificio della propria vita: è quello che Aldo Moro ha lasciato in eredità a tutti noi». Insieme ai cinque uomini della sua scorta trucidati nell’agguato di via Fani: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Giulio Rivera, Raffaele Iozzino. Sociopsicologa, impegnata in coordinamenti di ricerca no-profit (è fra l’altro presidente dell’Associazione nazionale donne per lo Sviluppo e la lotta all’esclusione sociale), Agnese Moro centellina pagine inedite della vita del suo “papà”. Pagine che, a trent'anni dalla Renault rossa di via Caetani (9 maggio 1978), provano a raccontare Aldo Moro fuori dal clamore della politica e dentro la sensibilità degli affetti. Per quanto sia possibile, parlando di lui, tenere le due cose separate senza sminuirne la straordinaria carica umana che le univa. «Andava a messa tutte le mattine, come anche mia madre - scrive Agnese Moro -. Credo lo facesse non per convenienza, ma per un bisogno interiore di inginocchiarsi e di chiedere aiuto; di rimettersi a qualcosa di più alto e di più grande». Un po' come aspettare l’acqua a notte fonda.»

da La Gazzetta del Mezzogiorno di Francesco Romano

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