mercoledì 16 aprile 2008

Prezzi dei prodotti alimentari alle stelle



Preoccupante studio condotto dalla Fao


Pochi giorni fa (l’11 aprile) è stato pubblicato dalla Fao uno studio sconcertante sull’aumento vertiginoso dei prezzi dei prodotti alimentari, un incremento che se pesa sulle nostre tasche, in altre regioni del mondo diviene causa di malattie e persino di morte. Il costo delle importazioni cerealicole dei Paesi più poveri aumenterà, secondo le previsioni della Fao, del 56% nel 2007-2008, una crescita che va sommata all'aumento del 37% già registrato nel 2006-2007.Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, che si è presentato provocatoriamente in conferenza stampa con un filone sotto braccio, ha spiegato ai giornalisti la tragedia che si sta consumando sotto gli occhi della comunità internazionale. La maggior parte dei paesi del Terzo Mondo spende circa il 75% del proprio reddito per acquistare beni di prima necessità, un dato questo che non va disgiunto dall’aumento del costo del riso 75%, negli ultimi due mesi, o del grano che è aumentato del 120% nell’ultimo anno. La Fao stima che i prezzi dei cereali sono raddoppiati nell’ultimo anno, quelli del mais sono saliti di un terzo e aumenti consistenti si sono registrati anche per la soia. La situazione appare in tutta la sua drammaticità se si scorrono le tabelle degli aumenti nazione per nazione. Nell’ultimo anno: in Sudan il costo del grano è aumentato del 90%, in Armenia del 30%, in Senegal è raddoppiato. In Uganda il mais costa il 65% in più, in Nigeria il miglio costa il 50% in più. Tutto ciò accade mentre (dati Ocse) i paesi più ricchi del mondo, per il secondo anno consecutivo, hanno diminuito i loro aiuti ai paesi del Terzo Mondo di circa l’8,4%.Ma visto che viviamo in un’economia globalizzata questi dati vanno letti all'interno di un preciso contesto economico-finaziaro. L’incremento dei prezzi, quindi, va relazionato alla crisi dei mercati ed all’aumento del costo e della domanda di risorse energetiche. Un sistema che ha sicure ripercussioni sulle economie occidentali, ma soprattutto su quelle dei paesi del Terzo Mondo. “Le tensioni sui prezzi agricoli internazionali non si esauriranno presto e renderanno l’inflazione nell’eurozona più vulnerabile agli shock globali”. Lo afferma la Banca d’Italia nel numero di aprile del Bollettino economico trimestrale, sottolineando che non è certo che l’offerta globale di prodotti alimentari riuscirà a soddisfare la domanda dei paesi in via di sviluppo. “In prospettiva - si legge nel Bollettino – l’incertezza circa l’adeguamento dell’offerta mondiale alla crescente domanda dei paesi in via di sviluppo potrebbe contribuire al permanere di tensioni nei mercati delle materie prime alimentari e a mantenere più elevata, che in passato, la sensibilità dei prezzi dell’area dell’euro a shock globali”. Inoltre il rapporto di Bankitalia cerca di spiegare l’aumento dei prezzi dei prodotti cerealicoli e nota che anche se nell’ultimo biennio gli aumentati sono determinati da cause eccezionali, non possono essere sottaciuti i cambiamenti di tipo strutturali, degli ultimi dieci anni. In primo luogo va registrato l’aumento del consumo di proteine animali nei paesi emergenti, il che implica un rincaro “di carni, latticini, foraggi e mangimi per animali di prevalente origine cerealicola - scrive Bankitalia - pressioni rilevanti, inoltre, arrivano anche dai costi di energia e fertilizzanti, che vengono utilizzati nella produzione agricola, ma anche dalla domanda di energia, che sta incentivando la produzione di biocombustibili”. Gli Stati Uniti hanno, infatti, fortemente potenziato i sussidi pubblici alla produzione di etanolo (estratto dal mais), mentre in Europa sono in corso di realizzazione progetti sussidiati per ampliare la produzione di biodiesel (estratto dalla colza). L’aumento della produzione di biocombustibili, aggiunge via Nazionale, ha esercitato una spinta diretta soprattutto sui prezzi degli oli vegetali, del grano e del mais, che hanno infatti registrato nell’ultimo triennio i più forti rincari, compresi tra il 130 e il 200 per cento

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