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Il minimo comune denominatore sono i rifiuti e la mancanza di una politica che li riguardi. Il risultato è una “stangata” da almeno 10 milioni di euro da dividere tra i Comuni dell’Ato 1 (Ginosa, Laterza, Castellaneta, Palagiano, Palagianello, Massafra, Mottola, Statte, Martina Franca, Crispiano, Montemesola), senza tener conto di Taranto. Il resto ci gira intorno: ristoro ambientale, discarica, termovalorizzatore, sindaci e Provincia. La recente sentenza del Consiglio di Stato ha semplicemente scoperto il calderone, portando la tariffa da 57 euro a 83 e spiccioli e fissando la misura dell’arretrato al luglio 2004, cioè da quando la discarica e il termovalorizzatore di Massafra hanno cominciato a funzionare come un sistema complesso e il gestore ha avanzato la sua richiesta: un ritocco sostanzioso (all’incirca del 47%) della tariffa, in virtù del costo ulteriore derivante dall’impianto di produzione di Cdr. Nonostante questo diventi “carburante” per produrre energia elettrica nel termovalorizzatore e quindi, in senso lato, sia comunque una fonte di ulteriore guadagno, peraltro incentivato dallo Stato con i Cip 6 (per fonti energetiche rinnovabili o “assimilate”).
Una vicenda che, dopo 4 anni e diverse tappe, sta per produrre un potenziale quanto devastante buco nei bilanci dei 12 Comuni dell’Ambito ottimale Taranto 1, o almeno in quelli che non si sono premuniti per tempo. Del resto quando il 5 aprile 2005, esattamente il giorno dopo aver perso le elezioni regionali, il commissario straordinario all’emergenza rifiuti Raffaele Fitto rispondeva alla Cisa, sostanzialmente riconoscendo la legittimità dell’aumento chiesto, era ipotizzabile che la “cosa” avrebbe avuto qualche conseguenza. Né, dopo, col cambio di maggioranza, di presidente regionale e dunque di commissario straordinario si è assistito a virate o altro. Vendola ha lasciato che l’inerzia continuasse e che la vicenda finisse nelle mani di un commissario ad acta che, a sua volta, ha certificato “il prezzo giusto”. Giusto per il gestore, ovviamente. Un po’ meno per i Comuni che, però, con la solitaria eccezione di Ginosa e del suo sindaco Gino Montanaro, hanno dormito o - nella migliore delle ipotesi – si sono fatti trascinare dalla corrente. Di qui al ricorso al Tar, vinto da Ginosa, e all’appello in Consiglio di Stato, perso da tutti i Comuni, è stato come fare un giro sulle montagne russe. Si scende con le budella sottosopra e con una pessima notizia: non c’è una seconda possibilità. “Abbiamo perso e bisogna pagare” ha sentenziato salomonicamente il sindaco di Massafra, Martino Tamburrano, nonchè presidente dell’Ato 1. Già l’Ato. Che per stessa ammissione del suo attuale “numero uno” si è dimostrato un ente inutile, visto che nessuno dei suoi componenti se n’è interessato più di tanto e che dalla sua nascita ad oggi, invece che produrre una corretta gestione integrata del ciclo dei rifiuti, si è riunito praticamente solo per decidere due punti: approvare il suo bilancio e avallare la richiesta di ristoro ambientale (con sei “sì” su 12) a favore del Comune di Massafra, compreso il voto del sindaco-presidente. Per fortuna la legge ha chiarito un particolare costoso: l’indennità per presidente e consiglieri (50 e 12mila euro) non si può sommare con quella da amministratore del proprio Comune. Bisogna scegliere: o l’una o l’altra.Per il resto, l’inerzia dell’Ato – ancora una volta è Tamburrano ad ammetterlo – è la causa prima della mancata decisione dello stesso Ambito (cui “Cisa” si era rivolto) sulla propria tariffa e quindi delle conseguenze economiche che, come un fiume carsico, sono affiorate improvvisamente. Secondo lo stesso presidente, il conto da pagare alla Cisa costerà mediamente 500mila euro per ogni Comune.
Infatti, si può stimare un arretrato intorno ai 2 milioni di euro annui (a fronte di uno smaltimento medio di seimila tonnellate mensili), da moltiplicare per i quasi quattro anni trascorsi dal 2004, più interessi legali: una botta da 10 milioni di euro o giù di lì. Una somma, ovviamente, da suddividere per i Comuni in base alla singola produzione di rifiuti. Chi pagherà questi soldi? Ve lo lasciamo immaginare.Discorso a parte per Taranto, che produce da sola più o meno metà dell’immondizia del bacino (senza tuttavia comunicare dati ufficiali all’Ato Puglia), ma la cui vicenda potrebbe finire nel mare magno del dissesto, quindi nel capitolo finanziario legato alla gestione dell’Organo straordinario di liquidazione e non di quella del Comune. Se così non dovesse essere, la stima andrebbe quanto meno raddoppiata. Va detto, comunque, che il Comune di Massafra con la richiesta di ristoro ambientale è corso ai ripari (o almeno di sta provando) giocando un brutto tiro agli altri 11 comuni. Il 10% sulla tariffa - che non è più fissata a 57 euro ma a 83,73 – vuol dire circa 500mila euro annui (sempre Taranto esclusa) di introito - futuro - per il Comune di Massafra, ma un ulteriore salasso per gli altri municipi.
La tariffa, aumentata e “ristorata”, schizzerebbe oltre i 90 euro a tonnellata, con un impatto devastante anche sui bilanci futuri dei Comuni. Di fronte a questa eventualità il Comune di Martina ha già fatto ricorso al Tar, innescando una nuova guerra a colpi di carte bollate; qualcuno - come i sindaci di Ginosa, Palagiano e Mottola - non ha gradito, gli altri sonnecchiano.
Se può consolare, dal 1° luglio 2008 – com’è scritto nell’ultima Finanziaria Prodi - le competenze degli Ato passeranno alle province. Quella di Taranto, che sino ad oggi sul tema rifiuti non ha certo brillato, ha messo in cantiere un Piano rifiuti che l’Arpa consegnerà tra un anno, cioè a fine mandato. Nel frattempo, i rifiuti del bacino Ato 1 hanno una sola discarica a disposizione con tutto quel che segue, per canoni o royalty pagati oppure no. Amministratori oculati chiederebbero il conto anziché rassegnarsi a pagarlo soltanto. Oppure, in mancanza di libera concorrenza, cercherebbero rifugio nella “mano pubblica”: un impianto di bacino, gestito dal pubblico e con prezzi calmierati. Sarebbe il primo atto di una politica dei rifiuti che, sinora, non s’è mai vista.»
Una vicenda che, dopo 4 anni e diverse tappe, sta per produrre un potenziale quanto devastante buco nei bilanci dei 12 Comuni dell’Ambito ottimale Taranto 1, o almeno in quelli che non si sono premuniti per tempo. Del resto quando il 5 aprile 2005, esattamente il giorno dopo aver perso le elezioni regionali, il commissario straordinario all’emergenza rifiuti Raffaele Fitto rispondeva alla Cisa, sostanzialmente riconoscendo la legittimità dell’aumento chiesto, era ipotizzabile che la “cosa” avrebbe avuto qualche conseguenza. Né, dopo, col cambio di maggioranza, di presidente regionale e dunque di commissario straordinario si è assistito a virate o altro. Vendola ha lasciato che l’inerzia continuasse e che la vicenda finisse nelle mani di un commissario ad acta che, a sua volta, ha certificato “il prezzo giusto”. Giusto per il gestore, ovviamente. Un po’ meno per i Comuni che, però, con la solitaria eccezione di Ginosa e del suo sindaco Gino Montanaro, hanno dormito o - nella migliore delle ipotesi – si sono fatti trascinare dalla corrente. Di qui al ricorso al Tar, vinto da Ginosa, e all’appello in Consiglio di Stato, perso da tutti i Comuni, è stato come fare un giro sulle montagne russe. Si scende con le budella sottosopra e con una pessima notizia: non c’è una seconda possibilità. “Abbiamo perso e bisogna pagare” ha sentenziato salomonicamente il sindaco di Massafra, Martino Tamburrano, nonchè presidente dell’Ato 1. Già l’Ato. Che per stessa ammissione del suo attuale “numero uno” si è dimostrato un ente inutile, visto che nessuno dei suoi componenti se n’è interessato più di tanto e che dalla sua nascita ad oggi, invece che produrre una corretta gestione integrata del ciclo dei rifiuti, si è riunito praticamente solo per decidere due punti: approvare il suo bilancio e avallare la richiesta di ristoro ambientale (con sei “sì” su 12) a favore del Comune di Massafra, compreso il voto del sindaco-presidente. Per fortuna la legge ha chiarito un particolare costoso: l’indennità per presidente e consiglieri (50 e 12mila euro) non si può sommare con quella da amministratore del proprio Comune. Bisogna scegliere: o l’una o l’altra.Per il resto, l’inerzia dell’Ato – ancora una volta è Tamburrano ad ammetterlo – è la causa prima della mancata decisione dello stesso Ambito (cui “Cisa” si era rivolto) sulla propria tariffa e quindi delle conseguenze economiche che, come un fiume carsico, sono affiorate improvvisamente. Secondo lo stesso presidente, il conto da pagare alla Cisa costerà mediamente 500mila euro per ogni Comune.
Infatti, si può stimare un arretrato intorno ai 2 milioni di euro annui (a fronte di uno smaltimento medio di seimila tonnellate mensili), da moltiplicare per i quasi quattro anni trascorsi dal 2004, più interessi legali: una botta da 10 milioni di euro o giù di lì. Una somma, ovviamente, da suddividere per i Comuni in base alla singola produzione di rifiuti. Chi pagherà questi soldi? Ve lo lasciamo immaginare.Discorso a parte per Taranto, che produce da sola più o meno metà dell’immondizia del bacino (senza tuttavia comunicare dati ufficiali all’Ato Puglia), ma la cui vicenda potrebbe finire nel mare magno del dissesto, quindi nel capitolo finanziario legato alla gestione dell’Organo straordinario di liquidazione e non di quella del Comune. Se così non dovesse essere, la stima andrebbe quanto meno raddoppiata. Va detto, comunque, che il Comune di Massafra con la richiesta di ristoro ambientale è corso ai ripari (o almeno di sta provando) giocando un brutto tiro agli altri 11 comuni. Il 10% sulla tariffa - che non è più fissata a 57 euro ma a 83,73 – vuol dire circa 500mila euro annui (sempre Taranto esclusa) di introito - futuro - per il Comune di Massafra, ma un ulteriore salasso per gli altri municipi.
La tariffa, aumentata e “ristorata”, schizzerebbe oltre i 90 euro a tonnellata, con un impatto devastante anche sui bilanci futuri dei Comuni. Di fronte a questa eventualità il Comune di Martina ha già fatto ricorso al Tar, innescando una nuova guerra a colpi di carte bollate; qualcuno - come i sindaci di Ginosa, Palagiano e Mottola - non ha gradito, gli altri sonnecchiano.
Se può consolare, dal 1° luglio 2008 – com’è scritto nell’ultima Finanziaria Prodi - le competenze degli Ato passeranno alle province. Quella di Taranto, che sino ad oggi sul tema rifiuti non ha certo brillato, ha messo in cantiere un Piano rifiuti che l’Arpa consegnerà tra un anno, cioè a fine mandato. Nel frattempo, i rifiuti del bacino Ato 1 hanno una sola discarica a disposizione con tutto quel che segue, per canoni o royalty pagati oppure no. Amministratori oculati chiederebbero il conto anziché rassegnarsi a pagarlo soltanto. Oppure, in mancanza di libera concorrenza, cercherebbero rifugio nella “mano pubblica”: un impianto di bacino, gestito dal pubblico e con prezzi calmierati. Sarebbe il primo atto di una politica dei rifiuti che, sinora, non s’è mai vista.»
Fonte: Corriere del Giorno»
Autore: Massimo D’Onofrio
2 commenti:
MA ANCHE A LATERZA RISCHIAMO QUESTA STANGATA?
Rocco P.
AUMENTERANNO LE TASSE?
MA PER CAUSA DI FITTO?
Giovanni78
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