l 'Espresso, 18 aprile 2008
Una notizia di 21 righe sul Corriere e una candidatura nel Pdl passata inosservata gettano nuova luce su un’affaire dimenticata da tutti fuorchè da Silvio Berlusconi, che seguita a citarla come prova dell’”uso politico della giustizia”: le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza, peraltro accertate dalla Cassazione che ha condannato gli ufficiali corrotti e il manager corruttore, Salvatore Sciascia, arrestato nel ’94 e reo confesso di tre mazzette da 100 milioni di lire per ammorbidire verifiche fiscali a Videotime, Mondadori e Mediolanum. Chi gli diede l’ok e il denaro? Lui dice: Paolo Berlusconi. Questi conferma, ma il Tribunale l’assolve e condanna Silvio. Che pure per i giudici d’appello (reato commesso, ma prescritto) è il vero mandante. Poi la Cassazione assolve pure lui per “insufficienza probatoria”, sostenendo che potrebbe esser stato Paolo, ormai improcessabile. Strano: è per proteggere Silvio - allora presidente del Consiglio - che il consulente Fininvest Massimo Maria Berruti, l’8 giugno ’94, manda il maresciallo Alberto Corrado a suggerire al colonnello Angelo Tanca di non far parola con i giudici della mazzetta Mondadori. Berruti finisce in carcere, subito dopo Sciascia e Paolo. Dalle sue carte salta fuori il “pass” che prova come quella sera, poco prima di chiamare Corrado, Berruti fosse a Palazzo Chigi per incontrare il premier. Giunto apposta da Milano, salì da lui alle 20.45, uscì alle 21.30 e chiamò Corrado. Per questo il Pool invia a Berlusconi il famoso invito a comparire: per interrogare lui e Berruti, separatamente, su quella sera fatidica. Mossa azzeccata: il premier si dice contrario alle mazzette; precisa di non sapere nulla di quelle alla Finanza; ma aggiunge che i suoi manager erano concussi. Strano: se non sa nulla, come sa che è concussione? Poi rievoca dettagliatamente l’incontro con Berruti (“parlammo della campagna in Sicilia”). Ma Berruti nell’altra stanza nega che sia avvenuto: “Il consiglio dei ministri finì tardi e me ne andai prima”. L’indomani Berlusconi scopre la contraddizione e telefona in Procura per ritrattare: “Mi sono sbagliato, l’incontro non ci fu per il protrarsi del consiglio dei ministri”. I suoi due segretari, Marinella Brambilla e Niccolò Querci, confermano. Ma il verbale ufficiale indica che il Cdm finì alle 21: Berruti ebbe tutto il tempo di vedere il premier, ottenere l’ok al depistaggio e metterlo in atto. Il mese scorso Brambilla e Querci sono stati ricondannati in appello a 16 mesi per falsa testimonianza (21 righe sul Corriere, non una parola sugli altri giornali e in tv). Berruti, condannato a 8 mesi per favoreggiamento, è deputato dal 1996. Ora, a Montecitorio, lo raggiunge Sciascia, condannato a 2 anni e 6 mesi per corruzione.
Strano: Berlusconi è contrario alle mazzette e poi promuove chi le paga e chi le copre? E come poteva Berruti favoreggiare un innocente? E perché mai i due segretari avrebbero mentito per proteggere un innocente?
Strano: Berlusconi è contrario alle mazzette e poi promuove chi le paga e chi le copre? E come poteva Berruti favoreggiare un innocente? E perché mai i due segretari avrebbero mentito per proteggere un innocente?
Se Vittorio Mangano, per la sua omertà a tenuta stagna, è un “eroe”, questi sono perlomeno martiri. Santi subito.
1 commento:
SIMULA IL MITRA, ATTACCA LA RAI, SVILISCE LE DONNE
Cronaca di un paese anormale
di Bice Biagi
Che questo sia un Paese normale non c’era davvero passato per la testa. Sarà normale, infatti, un paese che a distanza di due anni ribalta completamente il senso del voto, che fa prendere a Vergato, provincia di Bologna, il 7 per cento alla Lega, che ha un Presidente del Consiglio che ci aveva abituato a vedere le sue mani piegate a fare le corna ma non a simulare gli spari di una mitraglietta verso una giornalista, che si permette di definire la donna ‘domina’, nel senso che è meglio che stia a casa a tener caldo il risotto e magari il letto in attesa del suo padrone? No, francamente non è normale. Ma c’è qualcosa che rende l’Italia ancora diversa, per esempio, dalle altre democrazie occidentali continuamente richiamate a modello durante l’ultima campagna elettorale. Ed è la Rai.
Sissignore: siamo in un mare di guai, un terzo dei cittadini si sveglia la notte con l’incubo della rata del mutuo da pagare, al mercato i pensionati non vanno più di buon mattino, ma scrutano tra i banchi verso l’una, quando gli scarti costano meno e c’è sempre un carciofo buono dimenticato sul marciapiede e un paio di mele che basta tagliarne un pezzo e poi, cotte, arricchiscono la cena. Parliamo poi dei nostri figli che, quando sono fortunati, cioè si sono conquistati una laurea e magari un master, hanno fatto il loro bel corso di inglese e maneggiano il computer come Bill Gates si ritrovano, a trent’anni, con l’angoscia che a giugno finisca il contrattino da 800 euro al mese e chissà a settembre, con la recessione, se qualcuno gliene darà un altro. A proposito, chi ha ragazzi in età scolare si prepari a spendere per i libri di testo perché l’onorevole Dell’Utri vuole cambiare quelli di storia: via la Resistenza, ridimensioniamo il 25 aprile e finiamola con le storie dei partigiani. Non è finita, perché nonostante le cordate del Cavaliere & C., la scure del fallimento Alitalia penzola sulla testa di migliaia di famiglie, il petrolio aumenta ogni giorno, mafia, camorra e ‘ndrangheta proseguono indisturbate le loro attività, scuola e sanità necessitano di riforme urgenti, eppure il grande problema della politica italiana è la Rai. Ma è possibile che, nemmeno ancora insediato, il nuovo governo si preoccupi e occupi dell’assetto di viale Mazzini, di chi dirigerà una rete, un telegiornale o un notiziario radiofonico? Non si era detto che la politica doveva scollarsi dall’azienda di stato e lasciare che facesse la sua corsa, magari cercando di battere lealmente, voglio dire con uomini capaci (indipendentemente dalle tessere o dalle cravatte verdi) e programmi intelligenti? Perché neanche messo un piede a Palazzo Chigi, il premier ricorda con un brutto aggettivo di triste memoria, ‘criminoso’, l’uso che a parer suo fa della tv Michele Santoro insieme con Marco Travaglio? Ma lo sa il Presidente Berlusconi che a molti italiani Santoro e Travaglio piacciono, anzi, li consolano? E poi, con tutto il daffare che ha, compreso organizzare i divertimenti da villaggio vacanze per i suoi amici statisti, che voglia ha, l’onorevole Berlusconi, di mettere subito le mani sulla Rai? Con tre reti di famiglia, abbia pazienza, non ci costringa a spendere per la parabola, per sintonizzarci sulla BBC o sulla CBS, che poi capiamo un decimo di quello che dicono, per sapere cosa succede davvero nel mondo e a casa nostra. Si ricorda, Presidente, Radio Londra? E’ ancora una sigla di triste memoria.
Franco R.
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