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La struttura dell'esecutivo è in larga parte pronta, ma non mancano incomprensioni e diktat. Ieri è stato Umberto Bossi a farsi sentire. A reclamare quel che "spetta" al Carroccio. Il Senatur non ha usato mezzi termini con il "premier in pectore". Lo schema predisposto a Via del Plebiscito, infatti, non gli è piaciuto affatto: "Così non va". E lo ha detto apertamente, tanto che dopo l'incontro ha risposto con un "magari" carico di significato a chi gli chiedeva se Roberto Maroni farà il ministro dell'Interno. Agli alleati, poi, ha ricordato quanti voti hanno conquistato i Lumbard e quali sono le loro aspettative. Perché quella principale è la presidenza della Regione Lombardia da riservare a Roberto Castelli. Una carica al momento occupata da Roberto Formigoni. L'impasse sui ministeri in questa fase dipende tutto da quella casella. Il Governatore, infatti, è disposto a lasciare il Pirellone solo in cambio della presidenza del Senato o di un dicastero di peso (Interni o Esteri): "Altrimenti resto là". E il leader del Pdl non ha dubbi: "E meglio se resta là". Non vuole che l'ex capo del Movimento popolare si trasferisca a Roma. Un'indicazione che, appunto, ha fatto infuriare Bossi. "Se non si libera la Lombardia, allora a noi spettano quattro ministri". Una tensione che anche Fini ha provato a stemperare ricordando a tutti che "la competenza di scegliere i ministri è del premier". Il Cavaliere ad ogni modo ha tranquillizzato "l'amico Umberto" assicurando che i lumbard non verranno mortificati. L'orientamento di Berlusconi potrebbe portare ad una delegazione leghista composta da Bossi come vicepremier, Calderoli alla Riforme, e poi Maroni e Roberto Castelli. Pure su questi ultimi due non manca una certa tensione. Il Senatur vorrebbe gli Interni per Maroni, ma il leader del Pdl ha già fatto sapere di voler riservare il Viminale a Forza Italia: a Claudio Scajola oppure a Gianni Letta (in pole position pure per la seconda vicepresidenza). L'esponente leghista deve contendere a Gianni Alemanno le Attività produttive o il Welfare. Lo stesso Cavaliere, poi, vorrebbe far tornare Castelli alla Giustizia. E anche su questo tassello si è creato un attrito, ma con Fini che punta tutto su Giulia Bongiorno. Persino contro il parere dei suoi "colonnelli". Confermati Giulio Tremonti all'Economia e Franco Frattini agli Esteri, Ignazio La Russa potrebbe essere dirottato alla Difesa con Altero Matteoli alle Infrastrutture. Un piccolo derby è incorso pure per le Politiche Agricole: il nome più gettonato è quello di Adriana Poli Bortone ma la delega è messa da tempo sotto osservazione dal Carroccio. Ai Beni culturali ci punta Paolo Bonaiuti. Sandro Bondi potrebbe ottenere la Pubblica istruzione. Maurizio Lupi la Sanità e Elio Vito i Rapporti con il Parlamento. Altre due le donne della "squadra": Stefania Prestigiacomo (Politiche Ue) e Mara Carfagna (Famiglia). Infine il nodo del sottosegretario alla presidenza del consiglio. Se Letta davvero assumerà un incarico ministeriale, il Cavaliere è orientato a far cadere la sua scelta su un "tecnico". Più definite le cariche parlamentari. Gianfranco Fini è al momento il candidato unico per la presidenza della Camera. Per il Senato è in corsa Renato Schifani e, con qualche probabilità in meno, Beppe Pisanu.
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