sabato 26 aprile 2008

Prima si pesano i voti, poi, casomai le persone

LATERZA - Il "buono" se ne va, il "cattivo" resta, il potente è disobbedito. Ciò che è accaduto nell’ultimo Consiglio comunale di Laterza è il segno dei tempi.
Lorenzo Caldaralo, sindacalista Cgil "reo confesso", ha deciso di lasciare il suo posto da consigliere comunale: "Non ha più senso, per me, restare in questo Consiglio". È la resa di chi forse ha creduto troppo nella politica e nei partiti, soprattutto nella loro capacità rigeneratrice, e da essi si è sentito espulso, quasi fosse un corpo estraneo. Se ne tornerà nella Camera del Lavoro ad ascoltare lavoratori e pensionati, a offrire consigli gratuiti e "a fare i 730". Comunque la si pensi, è lo scendere da una giostra in cui si sta scomodi: per delusione oppure perchè, semplicemente, si è chiusa una fase. E magari se ne apre un'altra.
Sta agli antipodi, invece, la sortita con la quale il consigliere Michele Leone, coinvolto in una storiaccia di droga, ha confessato che "sì ho sbagliato, ho semplicemente e consapevolmente danneggiato me stesso". "Mica ho ammazzato qualcuno o ho rubato" ha aggiunto per rinforzare la sicumera del suo "non mi dimetto".
Una pantomima surreale, insomma, ha fatto da sfondo alla richiesta in tal senso (e fissata su un documento) della maggioranza, maturata dopo chissà quale travaglio interno: «Leone non c'entra con la maggioranza, con la politica, con il paese» ha detto stentoreo il sindaco Cristella invitando il suo consigliere a lasciare lo scranno. Deve dimettersi - hanno attaccato dalla maggioranza - per non «concedere alcuna indebita rendita di sciacallaggio politico». Come se il problema fosse questo. Non il fatto in sè, ma la sua rappresentazione; non l'eventuale "notitia criminis", ma la circostanza che sia nota ai più.
Ma adesso, davanti a questo incrocio dove un sindacalista lascia e un "discusso" collega di seggiola resta al suo posto, si gioca la credibilità non di un paese, Laterza, ma di chi lo rappresenta. Di una classe dirigente che, a sinistra, si è troppo spesso chiusa a riccio nel cantuccio esclusivo dei pochi che decidono per tutti; mentre, a destra, ci si è "aperti" sin oltre i limiti del politicamente corretto. Giungendo all'idea estrema che i voti si pesano prima e le persone, casomai, dopo.
Eppure questo doppio episodio, per Laterza, vuol dir molto. Il paese dei forni e dei fornelli ha probabilmente perso la sua innocenza di centro agricolo, dove in cima a tutto c’è sempre "a Madonn" e il senso della tradizione, ben radicata sul ceppo cattolico, ha sempre avuto un significato identitario fortissimo. Forse la modernità, se vogliamo chiamarla così, ha fatto il suo ingresso in società in modo eclatante e, per certi versi, disarmante. Per capirsi: un Suv, di questi tempi, è un simbolo più forte di qualsiasi riferimento ai «valori», ormai monetizzati pure questi.
Del resto in un Paese, l’Italia, in cui un mafioso condannato può diventare eroe sul filo delle parole in libertà e c’è chi vuol fare il "tagliando" ai libri di Storia, c’è poco di cui meravigliarsi ancora. Lo scivolamento in basso, sul piano inclinato della morale personalizzata, diventa un fatto normale, scontato. Per gravità o inerzia si precipita e la risalita è difficoltosa. Ma c’è qualcosa di peggio del relativismo della morale, che poi vuol dire averne almeno due: è il rovesciamento di essa. Un evento plasticamente rappresentato dai fatti del Consiglio comunale in cui, per un beffardo gioco di specchi, a dimettersi è il consigliere sbagliato. O forse no. Il dubbio, in questo pastrocchio, rischia di assalire chiunque, perchè il bene e il male diventano opinioni piuttosto che categorie consolidate.
Al sindaco, che si è mostrato turbato dalla convivenza forzata con il già delegato alle Politiche giovanili (ma chi gliel'aveva affidate?), si può dare un consiglio: se non si dimette la sua "pecora zoppa" come si diceva nella pastorale Laterza, potrebbe sempre farlo lui. Perchè non si inveri di nuovo la legge di Gresham, secondo la quale la moneta cattiva scaccia la buona. Sarebbe un gesto coraggioso e concreto, sferzante e ammaestrante come un pensiero di Andrè Malraux per il quale «non si fa politica con la morale, ma nemmeno senza».

Massimo D'Onofrio
Corriere del Giorno

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Giustamente il sindaco ha chiesto le dimissioni a Leone, bisogna essere intransigenti con gli altri ma anche con se stessi

Anonimo ha detto...

Ma perchè ciò che vale per michele leone non vale per gli altri consiglieri del centro destra, o per tutti o per nessuno

akerfeldt ha detto...

Io non c’entro.

«La politica non c'entra e l’amministrazione comunale neanche. Ora gli organi competenti facciano il loro lavoro, ma ci dispiace, e tanto, per l’uomo e per i suoi affetti».» Dichiarazione del sindaco Cristella resa alla Gazzetta del Mezzogiorno subito dopo l’arresto di Leone.

«Leone non c'entra con la maggioranza, con la politica, con il paese: gli chiediamo di lasciare il Consiglio comunale». Dichiarazione del sindaco Cristella durante il Consiglio Comunale di lunedì scorso

Anonimo ha detto...

purtroppo i laertini nn colgono queste cose, non gliene frega niente. si può dire e fare tutto e il contrario di tutto, sono contenti cmq, e se vengono messi di fronte a delle evidenti contraddizioni, si rifugiano dietro un provvidenziale "sono tutti uguali", quindi meglio tutti ai pesci che interrogarsi se esista o meno un modo per cambiare le cose.
tutto questo impegno di informazione del blog servirà? secondo me no. i laertini sono un popolo pigro e ignavo, vivono tranquilli mitizzando persone e situazioni, salvo decidere di cambiare sponda in caso intravedano la possibilità di guadagnarci qualcosa, altrimenti pazienza.
il guadagno ovviamente deve essere rigorosamente personale, del bene della comunità non gliene frega niente, quindi meglio lasciar perdere.